2. Aura ad Arachova

350 60 170
                                    

Le mura di pietra di Arachova si alternano ad archi a tutto sesto all'ingresso del paese. Sono maestose, almeno quello che ne rimane. La pietra è antica e logora, racconta la sua storia, muta.

È mattina e la vita che si dipana nelle viuzze è allegra. Mi inerpico sempre più su, senza mostrare segni di stanchezza. Gli allenamenti con la squadra di ginnastica artistica mi danno sempre una mano quando si tratta di faticare.

La mia attrazione per l'avventura è sempre stata il motore che muoveva le mie giornate fin da piccola. Questo era il mio gioco preferito, prendere qualcosa e partire per cercare una strada, qualunque essa fosse. In fin dei conti è tutto ciò che sognavo: la libertà di lasciare tutto indietro, forse. Ma cosa poteva saperne una bambina, quando il suo unico scopo di vita era non rimanere mai con le mani in mano? Ero già cosciente che occupare la mia mente con nuove immagini, nuove esperienze, nuovi colori, mi teneva viva. Ed è ciò che è successo oggi. Partire senza meta deve tenermi occupata, deve liberarmi, darmi quella scintilla di vita che ho perso. È stato un attimo, una presa di coscienza caduta dal cielo che mi ha fatto credere nella reale logicità del mio desiderio inconscio di essere in un luogo diverso quando ne ho voglia.

Ed eccomi qui adesso, la curiosità mi spinge a guardare intorno e soffermarmi su qualsiasi particolare attiri la mia attenzione. Non sono mai stata così lontano da casa, non ho mai visto paesi tanto antichi ma così vivi e mi chiedo che cosa mi sia successo poco fa per scegliere di scendere proprio qui. Attraverso una strada affollata di macchine che si affaccia sulla valle a sud, e il panorama che si estende davanti a me è una visione che mi riempie gli occhi. Anche se ho ancora tante domande che mi serpeggiano in testa, per una strana ragione ho la consapevolezza che un motivo c'è perché io sia qui, devo solo scoprirlo.

Ben presto un solo pensiero mi distrae: mangiare. Cerco attenta un locale dove fare colazione e mentre passeggio guardandomi intorno intravedo all'angolo una vecchia taverna costruita in pietra, con i finestroni rossi a vista su tutto il perimetro. Sembra una di quelle antiche taverne viste nei film storici ed è ciò che mi colpisce, è il motivo per cui mi dirigo a passo svelto verso l'ingresso, senza cercare altro.

Intravedo un ragazzo uscire a testa alta, lo sguardo deciso. Lo lascio passare dandogli spazio e, aspettando con la porta aperta che attraversi l'uscio, vado verso il bar guidata dal profumo inconfondibile di caffè. Le sedute del bancone sono di fronte alla porta, in fondo alla grande sala.

L'arredamento, come l'intero edificio, è in legno e pietra. Sembra essere stato costruito centinaia di anni fa, senza essere mai stato modificato. Ha il gusto invitante di storia antica e cibo rustico. Due caratteristiche che mi fanno sentire avvolta da una calma penetrante, che non provo da mesi. Tempi frenetici, graffianti, pesanti che mi è faticoso anche solo ricordare.

Una ragazza che sembra avere la mia età si avvicina con un asciugamano tra le mani e mi chiede se può portarmi qualcosa. Sembra un tipetto determinato, dal modo in cui si pone.

"Buongiorno, vorrei un caffè. Li servite da litro?" Ridacchio. Ho un debole per questa bevanda. Più una dipendenza in realtà.

Il suo modo appassionato di servirmi mi trasmette gioia. È scrupolosa, sembra quasi volermi coccolare. Ho proprio bisogno di questo, oggi. Mi mostro serena, curiosa, con un sorriso espanso in viso ma il mio cuore custodisce tutt'altro al suo interno, chiuso in un involucro di titanio. Negli anni ha imparato a tenere ogni emozione sepolta al suo interno, come qualcosa di cui essere geloso e non mostrare ad anima viva, qualcosa da tenere nascosto agli occhi dell'intero mondo perché labile e fragile.

La frattura che si è aperta dentro ha dato vita a ciò che sto vivendo, in un modo o nell'altro.

Persa in queste osservazioni attendo il ritorno della cameriera. Mentre la ragazza è in cucina, combatto l'attesa guardandomi attorno e noto il ragazzo che ho incrociato prima di entrare parlare con gli amici. È seduto su uno sgabello in fondo con un cappuccio tirato su, i jeans strappati, i gomiti sulla mensola e un bicchiere a portata di mano. Non capisco cosa stia attirando la mia attenzione, i lineamenti del viso sono in ombra. E non ha proprio l'aspetto di un tipo convenzionale, anzi: sembra la tipologia di ragazzi da cui di solito mi tengo lontana, di quelli che da piccola piuttosto mi prendevano in giro. Ma all'improvviso vengo interrotta dal rumore del piatto poggiato davanti a me.

Nella mia natura Donde viven las historias. Descúbrelo ahora