Capitolo 3

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"Diana non distrarti!"

Non ebbi modo di elaborare quella frase che mi ritrovai per terra, Chris che torreggiava su di me.

"Se fossi là fuori saresti già morta" mi ammonì
"Scusa se quelle due mi distraggono" indicai Victoria e Emily, sedute poco lontano che guardavano il nostro allenamento e ogni tanto parlottavano.
Non c'era un vero motivo per giustificare la loro presenza; 'non avevano niente di meglio da fare', parole loro.

"Be', io non posso fare molto per que..."
Non ebbe modo di finire la frase: mi mossi velocemente, colpendogli la caviglia; cadde e io gli andai alle spalle, bloccandolo per terra.
Fece per liberarsi, ma alla fine si arrese
"Ok, hai vinto" disse dopo un po', battendo una mano per terra.
Rimasi ferma qualche istante, poi lo lasciai andare alzandomi.

"Sei stata fantastica" esclamò Emily, venendomi incontro; battei il cinque che mi tendeva, mentre Chris si rialzava guardando male la sorella
"Ma tu da che parte stai" borbottò

"Ti brucia la sconfitta, eh" ridacchiò lei, mettendomi un braccio intorno alle spalle e beccandosi un'occhiataccia dal biondo

"Piantala" poi si rivolse a me "Ti ho lasciato vincere, mettiamo in chiaro le cose"

"Certo" roteai gli occhi

"Non dargli retta" mi disse Victoria nell'orecchio, non proprio silenziosamente, mentre Emily faceva una linguaccia al fratello

"Voi tre" ci indicò Chris "Siete pericolose"

Ridacchiai, così come le due ragazze accanto a me.

Poi la terra iniziò a tremare

Spalancai gli occhi, cercando di mantenere l'equilibrio

"Che succede?" chiesi in preda al panico "È un terremoto?"

Vidi i tre guardarsi per un attimo
"Mi sa proprio di no" disse Victoria, per poi precipitarsi fuori dalla palestra, seguita da Emily e Chris, con me alle spalle.

Regnava il panico più totale: ragazzi che correvano da una parte, bambini che andavano dall'altra, gente che urlava e spingeva.

In qualche modo riuscii a non perdere di vista la chioma bionda di Emily, che seguii finché non si fermò; mi trovai davanti il gruppo al completo
"Che sta succedendo?" urlai per sovrastare il rumore
"Diana segui gli altri" disse Victoria, decisamente più calma di me, indicando la direzione in cui cui stava andando gran parte della massa

"Ditemi che sta succedendo?" gridai
"Diana..."
"Siamo sotto attacco, ok?" sbottò Logan, mentre una decina di ragazzi, della nostra età, si raccoglievano intorno a noi
"Cosa?" spalancai gli occhi
"Non c'è tempo" mi interruppe lui "Vai"
Mi fischiavano le orecchie
"Ora" gridò, per poi allontanarsi, seguito dagli altri.

Per un attimo rimasi ferma; il caos si era finalmente calmato, il pavimento aveva smesso di tremare.

Poi mi avviai lentamente nella direzione che avevano preso i ragazzi; mi fermai di fronte all'enorme porta di legno e mi accostai alla grande finestra accanto.

Violenza.
Violenza pura.
Ecco a cosa stavo assistendo.

I ragazzi stavo combattendo contro . . . delle creature; erano velocissime e, anche se dalla distanza a cui mi trovavo non potevo dirlo con certezza, piuttosto grosse.
Ora capivo il perché di tutti quegli addestramenti e allenamenti: non doveva essere il primo attacco.
E, a giudicare dalle armi che stavano usando, i ragazzi erano già preparati ad un nuovo possibile scontro con quelle creature: impugnavano spade, pugnali e altre oggetti non identificati, ma piuttosto appuntiti e affilati

Un grido acuto mi distolse dai miei pensieri; feci scorrere lo sguardo sulla scena davanti a me, cercando di capire da dove venisse.
Alla fine individuai una bambina, di massimo sette anni, per terra con uno di quei mostri che incombeva su di lei.
Che diavolo ci faceva una bambina là fuori?
Nessuno le prestava attenzione, come se non ci fosse, nonostante le urla.
Non ebbi tempo neanche di pensare che le mie gambe si mossero da sole; mi ritrovai all'aperto, i rumori della battaglia mille volte amplificati.

Iniziai a correre, il cervello sconnesso e quando arrivai a pochi passi dalla bambina allungai la mano per tirarla su, ma appena la toccai lei sparì; sbarrai gli occhi, sorpresa e confusa, ma mi resi conto del guaio in cui mi trovavo quando sentii un ringhio alle mie spalle.

Mi voltai lentamente, trovandomi davanti quella creatura: era alta almeno il doppio di me, completamente nera e gli occhi bianchi, senza pupilla.
E poi c'erano i denti e gli artigli.
Già, meglio evitarli quelli.

In meno di un secondo mi ritrovai per terra, dopo aver fatto un volo di dieci metri; inutile dire che la mia schiena non apprezzò molto.
Mi rimisi in piedi tossendo e vidi gli altri impegnati nel combattimento.

Nessuno mi avrebbe aiutato.

E il mostro sembrava averlo capito, dato che non mi stava mangiando, ma più che altro mi stava pestando.

Stava giocando con la preda.

Prima che potessi anche solo fare una mossa, mi trovai spiaccicata per terra con quel mostro addosso, che, diciamolo, non era esattamente una piuma; voltai la testa di lato, il viso troppo vicino ai denti di quella cosa, cercando di trattenere conati di vomito per il suo alito: aveva un urgente bisogno di una mentina.

Sentii le mie costole protestare per quel peso e iniziai a fare fatica a respirare.
Mi guardai intorno, cercando qualsiasi cosa potesse aiutarmi e alla fine il mio sguardo individuò una pietra piuttosto appuntita.

Chissà perché, quando qualcuno sta per lasciarci la pelle, improvvisamente si nota un sasso che puntualmente gli salva la vita.
Non che me ne lamenti, sia chiaro, ma riflettendoci è sempre così.
In ogni caso, per una volta, avevo avuto fortuna.

Allungai il braccio in quella direzione, quando il mostro mi artigliò la spalla, facendomi urlare come non avevo mai fatto.
La vista mi si appannò e l'occhio destro iniziò a pizzicare.

Sentii il fiato della creatura farsi più vicino, il suo respiro caldo mi spostava i capelli sparsi sul suolo; quando il suo muso si fece decisamente troppo vicino gli premetti una mano in fronte, se così si poteva definire, cercando di allontanarlo.

Intanto, nonostante il dolore assurdo alla spalla, cercavo di allungare il più possibile il braccio per afferrare quel sasso.

Alla fine le mie dita si chiusero intorno alla pietra, tagliente e appuntita e, gridando per il dolore, colpì la testa del mostro con tutta la forza che mi restava.

Riuscii nel mio intento, visto che finalmente mi liberai del peso della creatura, che fece qualche passo indietro.

Non so come, ma riuscii ad alzarmi, le gambe che tremavano e un dolore diffuso in tutto corpo.

Il mostro intanto si era rimesso in piedi e sembrava molto, ma molto incazzato.
In fronte, dove lo avevo colpito, aveva una grossa ferita che sanguinava copiosamente; il suo sangue, però non era rosso, ma grigio.

A quella vista una strana sensazione si impadronì di me.

Mi guardai le mani sporche di sangue, sia scarlatto che scuro.
Le orecchie iniziarono a fischiarmi e l'occhio destro a bruciare.
Sentii qualcuno urlare, ma i suoni mi arrivavano ovattati.
Intorno a me tutto si muoveva a rallentatore.
Sentivo il mio respiro, mille volte amplificato, e il battito cardiaco mi rimbombava nelle orecchie, decelerando leggermente.
Improvvisamente il dolore era svanito, non sentivo più niente; era come se non fossi più nel mio corpo, non lo sentivo più.

Sollevai lo sguardo, il mostro che si avvicinava a grandi falcate, ma i suoi movimenti mi risultavano lenti, prevedibili.

Strinsi la presa sulla pietra, ancora nella mia mano e, armata solo di quella di buttai sulla creatura.

Non sapevo cosa stessi facendo, il mio corpo agiva da solo e non riuscivo a pensare, la mento occupata da una sola cosa: il desiderio di veder scorrere altro sangue.

La Rosa dell'Inferno Where stories live. Discover now