Benvenuta

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Mi svegliai di soprassalto in preda ad un attacco di panico. Da quando avevo dieci anni, ogni notte, facevo incubi ricorrenti che, al mio risveglio, mi lasciavano il sapore della bile in bocca e un mal di testa coi fiocchi.
Mi misi seduta sul letto cercando di controllare il mio respiro ansante ma il dolore della morsa che mi stringeva il petto era veramente forte e distruttivo.

- Calma Samantha - Iniziai a camminare per la piccola stanza mentre mi auto confortavo. - Respira piano -

Erano le cinque del mattino e mancavano ancora tre ore all'inizio delle lezioni ma iniziai a prepararmi ugualmente siccome non sarei più riuscita ad addormentarmi.
Presi i vestiti e andai in bagno, decisa a farmi una lunga doccia per lavare via i residui dell'incubo. Strisciai forte con una spugna ruvida e insaponata sulla pelle, segnata da mille cicatrici, fino a scorticarmi. Mi guardai non sentendomi soddisfatta così continuai, con più ferocia, fino a farmi sanguinare la pancia.
Il dolore aveva affondato i suoi artigli nell'anima squarciando ogni cosa bella, sporcando ogni brandello di felicità che mi rimaneva. Questo parassita aveva creato radici così profonde da impedirmi di vivere e inducendomi a sopravvivere.
Mi accasciai a terra rannicchiandomi in posizione fetale, come se bastasse a scacciare i ricordi che mi stavano lentamente logorando.
Rimasi così, sotto l'acqua corrente per circa un'ora e quando mi alzai avevo i segni delle piccole mattonelle stampati su un fianco.
Segno in più o segno in meno non fa differenza.
Mi asciugai stando attenta ai graffi freschi che bruciavano da morire e avvolsi i capelli in un turbante. Provai a guardarmi allo specchio ma non ci riuscii, odiavo il mio corpo e odiavo ciò che gli avevano fatto.
Una volta pronta presi lo zaino e mi avviai a piedi verso la scuola sapendo bene che al termine delle lezioni sarei tornata a casa distrutta.
La Saint John School era stupenda, elegantissima e raffinatissima con i suoi soffitti decorati e le colonne di marmo rosa che accompagnavano ogni corridoio. Gli spazi erano ben organizzati tanto da riuscire a raggiungere le classi in autonomia, senza passare dalla segreteria a richiedere la mappa della scuola.
Odiavo mia nonna per il semplice fatto che credeva fermamente di starmi vicino mandandomi nelle scuole più prestigiose di Manhattan.
La prima lezione a cui partecipai fu fisica e il professor Sheridan era uno dei migliori che io avessi mai incontrato. Spiegava perfettamente coinvolgendo la maggior parte degli alunni presenti in aula, rendendo la sua materia più leggera e divertente.
Fortunatamente nessuno si curò del mio arrivo e ne fui felice, volevo passare inosservata e pensare di presentarmi davanti ad una classe intera mi creava un leggero panico.
Leggero?
Segnai in un foglio bianco i vari appunti e quando la campanella suonò aspettai che l'aula si svuotasse prima di alzarmi.
Eravamo rimasti solo io e il professore che mi sorrise cordialmente appena mi notò.

- Scusami, non avevo notato di avere una nuova alunna. Non faccio mai l'appello, lo ritengo una grossa perdita di tempo. - Disse mentre cercava di chiudere la zip della sua borsa stracolma di libri.

Arrossii subito ma cercai di darmi un contegno.

- Mi scuso per non essermi presentata prima, non volevo disturbare la lezione. Mi chiamo Samantha Hooper - Risposi tendendo una mano che si rifiutò di stringere. L'abbassai imbarazzata non sapendo cosa dire.

- Sono germofobico signorina Hooper, spero non si sia offesa - Asserì guardandomi dispiaciuto.
Mi sentii sollevata per un'attimo e abbozzai un sorriso timido, sperando di sciogliere la tensione.

- Si figuri professor Sheridan, capisco - In realtà non capivo come una persona germofobica potesse lavorare a contatto con tutte queste persone, doveva amare parecchio il suo mestiere.
Salutai cordialmente e tirai fuori il foglietto con le lezioni che avrei dovuto frequentare e alla seconda ora mi aspettava matematica.
Sbuffai rumorosamente e mi incamminai attraverso il corridoio ammirandone i dettagli.
Quadri di ogni tipo erano appesi alle pareti bianche e lampadari di cristallo illuminavano l'ambiente dando l'impressione di essere in un castello più che in una scuola.
Arrivai davanti alla classe leggermente in ritardo, la campanella era suonata da cinque minuti ma la porta era ancora aperta così mi affrettai ad entrare.
Mi bloccai immediatamente quando notai una marea di occhi puntati su di me, erano già tutti seduti e pronti per iniziare la lezione.
Mi sentii morire dentro e per divincolarmi da quella situazione cercai di fare qualche passo in avanti ma il mio cervello aveva deciso di non far arrivare l'informazione alle mie gambe.
Che figuraccia cara Sammy.
Una risatina e poi un'altra crearono un chiasso allucinante che mi spinse ad abbassare il viso sulle mie vans logore.
Ridono di te.

- Silenzio ragazzi o darò un compito extra da consegnare per mercoledì - La professoressa urlò alla classe e un coro di insulti si elevò tra i banchi. - Prego entra pure - Mi fece cenno con la mano così mi feci forza approfittando del momento ed entrai nell'aula, cercando un posto libero. Alzai di poco lo sguardo mortificata dalle occhiate incuriosite che mi lanciavano.
Sono occhiate schifate.
Ne trovai uno accanto ad una ragazza che sembrava appena uscita da una gara di videogame.
Aveva due space buns viola davvero graziosi e un paio di cuffie enormi che gli coprivano le orecchie. Era vestita con una tuta larga coloratissima e due polsini neri con delle scritte che non riuscii a leggere. La guardai stringendo la stringa della borsa, in attesa del consenso per sedermi ma non alzò lo sguardo e siccome era l'unico posto libero mi misi seduta.
Tirai fuori una penna e un foglio per iniziare a prendere appunti e mi concentrai cercando di scacciare dalla mente i suoni delle risate che ancora risuonavano nitidi.
Stavo risolvendo un problema di statistica quando un piccolo fogliettino bianco mi si parò davanti. Alzai lo sguardo incuriosita verso la mia compagna di banco che mi stava ignorando palesemente. Continuava solamemte a muovere la testa avanti e indietro seguendo il ritmo della musica.

Non ascoltare nessuno, io indosso le cuffie apposta. Mi chiamo Maya e sono una sociopatica.

Cercai di non ridere mentre giravo il foglietto e rispondevo al messaggio.

Dovresti prestarmele.
Samantha Hooper e sono una barista.

Le ripassai il biglietto che lesse subito. Annuì lanciandomi finalmente un'occhiata, alla quale risposi accennando un sorriso che lei ricambiò. Almeno avevo trovato qualcuno con cui parlare.
Scapperà anche lei lo sai?
La lezione finì prima del previsto e la classe si svuotò in un secondo facendomi tirare un sospiro di sollievo; eravamo rimaste solo io e Maya che ora non indossava più le cuffie.
Stava sistemando i fogli sui quali aveva scarabocchiato per tutta la durata della lezione. Mi chiesi come avrebbe fatto a studiare senza appunti.

- Le persone sono cattive per questo io le evito come la peste - Mi stupì iniziando la conversazione.

- Fortunatamente non mangio ancora carne umana, con me puoi stare tranquilla- Le risposi cercando di rompere definitivamente il ghiaccio. Rimase seria e si bloccò fissandomi in maniera inquietante.

- Lo faresti ? - Chiese avvicinando il suo viso serio al mio, guardandomi con gli occhi sgranati.

Andai nel panico non sapendo cosa rispondere.

- No io... cioè sì, no assolutamente no. Che schifo- Balbettai imbarazzata. Si avvicinò ancora fino a fermarsi ad un palmo dal mio naso. Smisi di respirare per un istante che sembrò infinito fin quando lei non scoppiò a ridere di gusto.

- Santo cielo dovresti vedere la tua faccia, stavo scherzando Samantha- Disse ridendo fino a farsi scendere le lacrime. - Benvenuta alla Saint John biondina - Mi prese per mano e uscimmo finalmente da quell'aula.

Già, benvenuta cara.

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