Come si gioca a nascondino ?

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Ieri sera, dopo il lavoro, tornai a casa distrutta, consapevole che la mia routine sarebbe diventata quella.
La scuola non era male fin'ora e la compagnia di Maya mi aveva fatta sentire meno sola.
Bugiarda.
Stamattina invece fu uno strazio alzarmi dal letto, la sera prima avevo lavorato fino alle due e avevo dormito poche ore. Non avevo mai visto il Joyce così pieno da quando lavoravo lì ma fu un bene perché riuscii a distrami e a non pensare.
Ogni notte avevo paura ad addormentarmi, consapevole che mi sarei risvegliata madida di sudore e con un attacco di panico in corso per colpa dei maledetti incubi che non riuscivo a scacciare. Erano la mia maledizione.
Dovrai farci i conti a vita cara Sammy.
Entrai alla Saint John in anticipo di venti minuti e mi diressi nel laboratorio di chimica. I corridoi erano vuoti così raggiunsi l'aula in fretta.
Scelsi il posto più lontano dalla cattedra e sistemai le mie cose sopra al banco.
La stanza era ampia e luminosa, parecchie provette riempivano le mensole e piccoli fornellini erano riposti dentro ad un aramadio con le ante in vetro. Cercai di aprirlo ma, come sospettavo, era chiuso a chiave così lasciai perdere e tornai a sederermi. L'aula stava iniziando a riempirsi e sperai ancora una volta di passare inosservata.
La campanella suonò e spinse tutti gli alunni a sedersi al loro posto per iniziare la lezione di chimica. Non ero mai stata brava in questa materia e nonostante non fosse ancora iniziata non vedevo l'ora che finisse.
Quando mai sei stata brava in qualcosa?

- Prego ragazzi, sedetevi.- Disse la professoressa entrando in classe. Era strana con il suo caschetto nero e gli occhiali tondi. Sorrisi collegando il suo viso a quello di Velma di Scooby-Doo.

La lezione iniziò e rimasi delusa quando il posto affianco a me rimase vuoto, come se nessuno si fosse accorto della mia prenza.
È quello che volevi no?
Sì ma faceva male sperare che qualcuno venisse a chiedermi come stessi o come avessi passato la giornata invece che ignorarmi, facendomi sentire un fantasma.
L'unica persona che avesse mai avuto a cuore la mia vita era la mia mamma e da quando se n'era andata avevo chiuso a chiave il mio cuore mal ridotto, tagliando fuori il mondo che tanto mi aveva distrutta.

- Togliti, sei nel mio posto - Abbaiò qualcuno lanciando una borsa vicino ai miei piedi.
Alzai lo sguardo di scatto trovandomi davanti una ragazza altissima semi vestita, con gambe chilometriche e un top che conteneva a stento il suo seno prosperoso. La guardai non sapendo cosa dire, ormai avevo sistemato tutta la mia roba e la lezione era iniziata già da quindici minuti. Era inverno e faceva freddo ma dal modo in cui era vestita sembrava di essere in estate.

- Scusami non ne avevo idea, puoi sederti qui accanto a me se ti va- Le indicai la sedia libera gentilmente, accennando un sorriso.

- No forse non hai capito devi sparire ora, questi posti sono già occupati - E in un attimo buttò a terra tutte le mie cose attirando lo sguardo di tutti i presenti e suscitando alcune risate.

Mi alzai di scatto e sentii gli occhi bruciare per la vergogna, mi aveva appena umiliata davanti a tutte queste persone per un misero posto e la professoressa era rimasta zitta a guardare.

- Io... - Cercai di dire qualcosa ma uscirono solo un paio di suoni sconnessi. - Scusa mi sposto subito - Mi chinai a raccogliere i libri e l'astuccio stringendomeli al petto.

Il mio respiro era veloce e il cuore sembrava uscirmi dal petto così cercai di scappare via ma andai a sbattere contro qualcuno.
Caddi a terra con un rumoroso tonfo facendomi male alla schiena e non ebbi il coraggio di alzare lo sguardo.

- Qualcuno qui ha mangiato troppo mi sa- Mi derise la tizia scoppiando a ridere.

Alcune lacrime scesero marchiandomi il viso ma le asciugai nervosamente rialzandomi.

- Attenta a dove metti i piedi - Sta volta fu un ragazzo a parlare e quando alzai il viso mi imbattei in un paio di occhi verdi che mi tolsero il fiato. Era incredibilmente bello con i capelli neri scompigliati, come se qualcuno ci avesse passato le mani insistentemente mentre l'anellina che decorava il suo labbro inferiore gli donava un'aria da cattivo ragazzo.
Distolsi immediatamente lo sguardo arrossendo e scappai via, il più lontano possibile da quell'aula.
Corsi fuori in giardino nascondendomi dietro ad un albero mentre respiravo affannosamente.
Mi accasciai a terra e piansi tutte le lacrime che avevo. Ero sempre stata abituata alle prese in giro e alle cattiverie che mi riservavano ma questa volta ci restai davvero male. Avevo sperato che questa fosse la scuola giusta e mi sbagliavo, nella mia vita ero destinata a soffrire.
Te lo meriti, è colpa tua.

The Perfect CureWhere stories live. Discover now