CAPITOLO 11

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Everybody has a chapter
They don't read out loud

Aron non aveva più tirato fuori il discorso Cassandra, con sua madre. Polly aveva dato il suo giudizio, e valeva come una sentenza. Di solito non sbagliava mai, suo figlio non aveva mai capito come facesse, parlava sempre di tarocchi e pietre ma lui non ci aveva mai dato peso. Pensava solo fosse estremamente saggia, che sapesse guardare oltre, meglio di chiunque. Vedeva cose che gli altri ignoravano, e poi finiva sempre che erano quelle più importanti. Per questo non capiva come mai si fosse fissata con la sorella minore di Klaus.
Era sempre stata con loro, Polly la conosceva da prima che nascesse, non gli aveva mai intimato di stare attento. E poi perchè credeva avessero scopato?

Quel pomeriggio non aveva nulla da fare, cosí si era messo a controllare le ultime donazioni che aveva fatto ad un'ente in Polonia che si occupava di minori senza famiglia, se l'affare con Vincent fosse andato bene come sperava, avrebbe dovuto fare molti meno casini per far arrivare correttamente il denaro. Avere una base che gli riciclasse il denaro in Europa era fondamentale.
Era seduto nello studio di sua madre, i documenti della contabilità erano tutti lí.
« Non ti fidi del mio lavoro? » Lei lo incalzò mentre stava risistemando dei fogli, Aron non avrebbe mai dubitato della precisione di sua madre.
« No, è che volevo mandare qualcuno sul posto per verificare, voglio capire se tutto quello che gli mando lo usino davvero per migliorare le strutture, e i servizi. »
« Perchè ci tieni tanto a questa cosa? »
« Lo sai perchè ci tengo. »
« Non guarirai le ferite del passato... »
« Senti mamma, lasciami stare, lo farò finchè avrò voglia. »

Rimise in ordine alcuni fascicoli, poi controllò il cellulare, un messaggio di Klaus. Roteò lo sguardo, se scriveva aveva sempre qualcosa di negativo da raccontargli. Qualche piano da architettare. Almeno avrebbe trovato da fare.

Mi serve che mi trovi un lavoro per una persona, tua madre al maneggio ha bisogno di qualcuno?

Aron aggrottò le sopracciglia, perchè non poteva prendere quella persona a lavorare direttamente con lui? Poi pensò che volesse trovarle qualcosa di legale, Klaus si occupava principalmente dei lavori sporchi. Comunque, non era un problema.

« Mama, riesci a trovarmi un lavoro al maneggio per una persona? »
Lei assottigliò lo sguardo. « E chi sarebbe questa persona? » Vero, Aron non si era posto neppure quella domanda. « Che sa fare? Io un lavoro glie lo trovo, ma devo sapere dove metterla. »
Lui alzò le spalle. « È per Klaus, mi ha chiesto un lavoro, se non ha detto altro significa che puoi metterla anche a pulire le stalle. »
« Mah, lo capisci solo tu. » Si portò una mano su un fianco. Non le piaceva quando non poteva fare a modo suo.
« Allora? »

« Comincia domani alle sei, ci parlo io. » Aron roteò lo sguardo, ancora. Era molto più facile comprendere Klaus che quella matta di sua madre.
« Dziękuję. »
*Grazie.
« Guarda che lo faccio per te, quel tuo amico, Alopex come lo chiami, non mi fido, non lo capisco. »
Aron sospirò, allungò le mani sulla scrivania. « Tu non ti fidi di nessuno. » E poi sapeva volesse bene a Klaus, l'aveva in qualche modo cresciuto anche lei.
Era solo diffidente, e le piaceva stare sulle sue.
Polina si accigliò, lo fulminò con lo sguardo.
« E faccio bene. » Poi battè con il palmo della mano sul tavolo. « E alza il culo dalla mia scrivania. »
Lui alzò le braccia e allargò gli occhi, si alzò immediatamente. « Agli ordini. »
« Comunque vedi di non fare casini, con quella storia dell'associazione. » Serrò i denti, si mise dall'altra parte della srivania. Al suo posto.
« Non pensarci troppo, Polly. » Polina aveva cercato in tutti i modi di farlo staccare da quel posto, da un passato che nessuno di loro voleva ricordare. Eppure Aron sembrava non aver trovato pace ai suoi tormenti, e questo distruggeva sua madre, prima di tutto. E poi a che se stesso. Non capiva cosa sperasse di ottenere, quali colpe espiare.

REBORNWhere stories live. Discover now