capitolo 3🔥

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Matteo's pov:

In lontananza, Christian parlava al telefono con qualcuno, ma presumo sia Alessia, mentre teneva Lorenzo per il colletto della maglia, con lui che continuava a urlargli contro.

"Smettila puffo! Non ci torno mica da quel pazzo!" Disse riferendosi a me probabilmente.

Christian lo ignorava allegramente camminando avanti e indietro con passi rapidi.
Era di fretta?
Man mano che si avvicinavano riuscivo a sentire Christian che parlava.

"Si tesoro mi manchi anche tu, ma sai com'è, Lorenzo mi ha fatto correre per almeno un kilometro per prenderlo! È un capriccioso di merda!" Iniziò a strillare al telefono.

Il suo viso angelico era imbronciato, e i suoi occhi volevano scappare.
Ridacchiai andando verso di loro e in un batter d'occhio presi Lorenzo a sacco di patate e dissi "Chris, stai tranquillo che ci penso io a lui."

Annuì e si voltò per cambiare strada.
Lorenzo iniziava a dimenarsi.

"Lasciami pazzoide!" Urlò.

Più si dimenava e più avvicinava il suo meraviglioso fondoschiena alla mia faccia, e volendo trattenere dal prenderlo sulla prima superficie che trovavo, gli diedi uno semplice schiaffo suo sedere, e a quel mio gesto un piccolo fremito lo scosse ed un piccolo gemito gli uscì dalla sua piccola bocca.
Feci un respiro profondo e mi incamminai cercando di ignorare quel dannato verso, ma nella mia mente si ripeteva all'infinito.
Immaginavo di farlo urlare dal piacere, talmente tanto da fargli perdere la voce, immaginavo di stringergli i fianchi e affermare che lui, dio così fragile che avevo anche paura di toccarlo, era solo ed esclusivamente mio.
Il tragitto fino a camera mia fu silenzioso ma potevo percepire Lorenzo che ansimava sulla mia schiena ricominciando a cercare di scendere e di liberarsi dalla mia presa.

"Cucciolo fai il bravo, altrimenti niente sorpresa." Ridacchiai, continuando a prenderlo in giro, non ottenendo una risposta da lui finché non aprii la porta della mia stanza e avanzai fino al mio letto dove lo poggiai delicatamente.

In quel momento sembrava finalmente sentirsi libero.
Quel maledetto broncio non gli stava abbandonando la sua faccia.

"Dai cucciolo cos'è questo broncio? Non sei felice di stare con me?" Chiesi, anche se la risposta me la potevo già immaginare.

Portai una mano sulla sua guancia, mentre lui replicò.

"Non toccarmi! Dopo avermi rapito non voglio sentire più nulla da te, non sono la tua proprietà." Disse.

Ma io lo conoscevo.
Non rinnegava il mio contatto, anzi, sembrava appoggiare la sua guancia verso la mia mano, quasi per dirmi 'non lasciarmi andare'.
Lo vidi con un'espressione corrucciata, indecisa se parlare o meno, ma alla fine parlò.

"Matteo" iniziò, e come l'ultima volta che aveva pronunciato il mio nome, impazzii ancora di più, portando la mia altra mano sul suo fianco.

"Che vuoi da me?" Continuò ed io lo guardai.

Lo ammirai nelle iridi color nocciola, che avevano una potenza tale da farmi diventare matto.
Quelle iridi.
Quelle iridi maledette, dalla potenza di penetrare il mio cuore e di riuscire a calpestarlo, rovinarlo o anche torturarlo con la sua bellezza ed eleganza unica.

"Non voglio niente da te cucciolo, io voglio te." Dissi con aria seducente.

Tolsi la mano dalla sua guancia e portai anche quella sul suo fianco paradisiaco, e mi resi conto che sotto quei vestiti terribilmente grandi e larghi, c'era la sua strettissima vita, che mi fece sospirare sulle sue labbra.
Lorenzo non fece nulla tranne che guardarmi con sguardo di fuoco, ma questa volta non riuscii a capire cosa intendesse.

"Matteo" iniziò prima che io possa fare qualsiasi altra mossa.

Con una forza che non so da dove abbia tirato fuori, ribaltò le posizioni e io mi ritrovai seduto con il suo bacino sulle mie gambe.
Respiro ansante, le fronti che si toccavano, i nasi che si sfiorano e le labbra a qualche centimetro di distanza.

"Io lo so cosa tu vuoi da me, ma non ci sarà più un noi. Saremo solo Lorenzo e Matteo" sussurrò con la voce tremante.

E se fa così lui non lo pensa davvero, sennò perché dovrebbe tremare?
Aveva paura della misera e dolorosa verità.
La verità è che io gli ero mancato tutti questo tempo, che sono stato nella sua testa tutti questi anni nonostante l'abbia abbandonato, lui mi voleva, ne ero sicuro.
Quello era lo stesso effetto che la sua esistenza aveva fatto a me.
Lui disse così solo per colpa di qualsiasi cosa i suoi genitori abbiano blaterato sul mio conto, per colpa di coloro che me l'avevano strappato dalle mani, come se per lui a quei tempi non avesse alcuna importanza.
Ma io lo sapevo che ci è rimasto male, ero certo di tutte quelle notti che è stato a piangere.

"Non mi mentire cucciolo." Risposi sporgendomi verso le sue labbra, ma esse si allontanarono da me, portandosi via il loro calore.

"Ho detto che non c'è un noi, Matteo." concluse prima di uscire dalla porta.

Guardai essa chiudersi e pensai.
Cosa mi aspettavo che succedesse?
Era normale che non avrebbe voluto stare con un mostro come me.
Merda.
Non riuscii a togliermi questa sensazione miserabile da me stesso, sentivo come se il mondo stia per crollare, nonostante sappia che il mio è già crollato da un pezzo.
Decisi di fare qualcosa senza starmene impalato come un deficiente a pensare al posto di agire.
Sfilai il pacchetto di sigarette che tenevo sempre in una delle mie tasche e ne accesi una per scaricare lo stress.
Uscii anch'io dalla porta della mia stanza buia e mi incamminai verso quella di Christian.
Entrai dopo aver bussato e gli comandai

"Devi fare un cosa, Adesso." dissi con tono serio.

Lui scattò e venne verso di me.

"Tutto ciò di cui ha bisogno." mi rispose.

"Esci di qui e segui Lorenzo. Non lasciarlo nemmeno un secondo, ma non farti vedere, devi solo essere la sua ombra, e se qualcuno osa toccarlo o importunarlo..." Mi fermai passandogli la pistola in mano e lui la prese annuendo.

"Non lascerò traccia" concluse uscendo dalla stanza.

Ero rimasto solo, ma non senza lavoro ovviamente.
Lo seguii dalla stanza e pian piano avanzai verso il salotto, dove accanto tenevo il mio studio.
Entrai dentro la camera arredata da una cattedra di stile moderno al centro, con sopra svariati fogli.
Verso sinistra c'era un divanetto dove ero solito riposarmi dopo una lunga serata di lavoro.
Prima che io mettessi mano su uno dei documenti il mio telefono iniziò a vibrare.
Sullo schermo c'era scritto 'Viktor' ovvero il mio adorato Russo di fiducia.

"Pronto, Viktor." dissi rispondendo alla chiamata.

"Capo, abbiamo chi ti serve." Rispose.

"È cosciente?" Gli chiesi.

"Non ancora, fra mezz'ora si sveglia di sicuro, giusto il tempo che ti serve per arrivare qui!" Esclamò.

"Ci penso io a lui, vuoi non fate niente. Ci vediamo." dissi chiudendo la chiamata senza neanche dargli la possibilità di rispondere.

Quel tipetto era molto fastidioso quando voleva esserlo, ma niente da dire su come svolgeva il suo lavoro, era uno dei miei uomini migliori.
Presi una pistola dal cassetto della cattedra, la caricai e mi incamminai verso l'uscita mentre mi stavo mettendo un palton di pelle nero.
Sarà una lunga serata di tortura quella.

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Per chi volesse vedere com'è fatto Viktor:

--------------------------------------------------------------Per chi volesse vedere com'è fatto Viktor:

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Dalixdesix

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