Capitolo 2 - La voce di una fata

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Chloe sollevò gli occhi, dimentica di ogni cosa che non fossero le piccole dita di Irene che pizzicavano le corde. Non conosceva quel ritmo gentile né quei versi dunier dalla pronuncia pulita, priva dell'accento di Roumberg, ma ogni nota suonava in sincronia con la sua anima.

«Per il Lucente, è brava davvero. Ha la voce di un Angelo» sospirò Mindy, ma Chloe non era d'accordo.

Se pensava agli angeli lucisti, le veniva in mente il suono deciso di una campana, una perfezione artefatta di acuti tintinnanti o grevi rimbombi metallici. Ma la voce di Irene era dolce vento primaverile che soffiava tra i fiori di campo, era il battito d'ali di una farfalla in una giornata di sole, era lo scrosciare di un limpido ruscello che bagnava rocce levigate; era soave come la natura stessa, che aveva concretizzato il suo spirito in forma umana per concedere loro il suo canto.

«Una fata» la corresse Chloe, e quel nome suonava così dolce che sembrava fosse stato creato per lei. «Ha la voce di una fata.»

Chloe la contemplò in silenzio per la durata dell'esibizione, come vittima di un incantesimo. Sentì distrattamente Mindy che ridacchiava al suo fianco; l'amica le disse qualcosa che non fu in grado di comprendere, ma non riuscì a preoccuparsene. Le era impossibile distogliere l'attenzione da quel canto così dolce, e fu solo quanto Irene pizzicò l'ultima nota che Chloe si risvegliò da quel rilassante torpore a cui si era abbandonata. La sala esplose in un applauso, ma lei sentiva solo il martellare del suo cuore che si agitava nel petto. Irene sorrise al pubblico e il mondo sembrò capovolgersi e scuoterla in ogni dove, e quando i suoi occhi azzurri si spostarono nella sua direzione a Chloe mancò il fiato.

Sapeva che non stava guardando lei, che era soltanto un volto sconosciuto nella folla adorante, eppure si ritrovò a sospirare all'idea che quel bacio stampato sul palmo e soffiato via fosse dedicato a lei.

Irene scese dal palco per lasciare il posto all'esordiente successivo, ma l'animo di Chloe era in subbuglio e la sua mente incapace di abbandonare il suo pensiero. Tutto il resto sembrava banale, come la trama di un libro già letto più e più volte.

Il barista accettò l'invito di Louis, ovviamente.

Mindy ordinò una seconda birra che fu sufficiente a farla ridere di ubriachezza, ovviamente.

Irene fu richiesta a gran voce per un'altra canzone, ovviamente, e Chloe restò a sgranocchiare ghiaccio mentre la guardava festeggiare con gli amici dopo aver incantato la sala una seconda volta.

Louis non ebbe bisogno di parlare: appoggiò il mento sulla spalla di Chloe e restò a fissarla con insistenza, fin quando lei non scoppiò a ridere.

«Potrei andare a congratularmi con lei...» gli disse, e Louis si allontanò in un mugolio soddisfatto.

«Io vengo a congletarmi con il suo amico, quello moro» biascicò Mindy, alzandosi in piedi. Portò il bicchiere alle labbra, ma lo fissò con una smorfia delusa quando si rese conto che non era rimasto nulla da bere nonostante i suoi tentativi di inclinarlo sempre più in alto, come sperando che la birra si fosse solo incagliata sul fondo.

«Tu resti buona buona al tavolo, invece.» Louis la avvolse per le spalle, spingendola dolcemente a sedere. «Ci ordiniamo qualcos'altro da mangiare?»

«Ma io voglio mangiare il moro» si lamentò lei in uno sbuffo offeso. «Non è giusto che voi rimorchiate e io no.»

«A voler essere pignoli, io non ho ancora fatto nulla» puntualizzò Chloe, e l'amica schioccò la lingua contro il palato.

«Tanto hai un culo sfondato come sempre. Guarda, sta venendo lei da te.»

Mindy sollevò il bicchiere vuoto verso Irene, che stava davvero avanzando verso di loro. Non stava guardando Chloe, però: gli occhi azzurri miravano oltre le loro teste, e il rapido ticchettio dei suoi tacchi non era quello di qualcuno che si avvicinava per rimorchiare. Il suo abito a fiori sfrecciò di fronte al loro tavolo e si accostò al bancone, richiamando l'attenzione del barista. Lui sgranò gli occhi e scosse il capo, poi entrambi cominciarono a guardarsi attorno, cercando qualcosa; doveva essere importante, perché Irene era pallida in volto e continuava ad affondare le mani tra i capelli per sistemare i corti ciuffi dietro le orecchie.

AirinessWhere stories live. Discover now