Capitolo 9 - L'amore non basta

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Le dita di Chloe sfiorarono il filo di lana rosso della rilegatura con cautela, seguendo la linea si intrecciava in piccoli cuori lungo il dorso. Scivolò sul cartoncino rosa che proteggeva le pagine scritte a mano, non tramite la macchina da scrivere con cui ricopiava i suoi romanzi nella loro versione definitiva.

A Dunya dicono che se vuoi davvero bene a qualcuno devi regalare qualcosa che hai fatto con le tue mani, aveva detto Irene, così è come se lasciassi una parte di te.

Un singhiozzo le sfuggì dalle labbra e ritirò la mano, stringendola al petto. Quel manoscritto sarebbe dovuto essere una sorpresa, un modo per scusarsi della sua presenza altalenante e rassicurare Irene riguardo i suoi sentimenti per lei; avrebbe dovuto consegnarle quello, subito dopo il concerto, invece cosa le aveva offerto?

Scuse inaccettabili. Accuse infondate. Rabbia ingiustificata.

Bugie, solo bugie.

Il trillo del campanello la trascinò fuori dai suoi pensieri. Chloe si precipitò alla porta, ma la speranza di vedere Irene si infranse quando si trovò davanti a una chioma biondo miele.

«Mi spiace, forse speravi che fosse qualcun altro.»

Avvolto in una pelliccia leopardata, Ianteh le offrì un sorriso comprensivo. In una mano reggeva un incarto della sua pasticceria preferita, nell'altra una bottiglia di vino rosso. Non poteva risolvere la sua situazione, ma di certo conosceva il modo perfetto per migliorarla.

Chloe gli raccontò ciò che poteva tra un sorso di vino e un morso della torta ai frutti di bosco che le aveva portato. Poi si lasciò cadere seduta sul letto, le ginocchia rannicchiate al petto e la schiena contro il muro, facendo oscillare il calice quasi vuoto tra le sue dita. Ianteh si sedette al suo fianco e allora lei inclinò il capo, sfruttando la sua spalla come appoggio. Le era mancato; lo vedeva meno di frequente, da quando si era trasferito a Sirio.

«Odio come ci siamo lasciate» disse Chloe, fissando il liquido rosso che ondeggiava lentamente, riflettendo la luce delle lampade al Sihir. «Non so neanche perché le ho parlato così. Lei non c'entra nulla; ero solo frustrata e stanca e...»

«Fa parte del nostro istinto, temo» disse Ianteh, arricciando le labbra in una breve smorfia. «Quanto più siamo in torto, tanto più siamo determinati ad ottenere la ragione, almeno ad occhi esterni. Il senso di colpa ci sembra una punizione sufficiente e cerchiamo di trascinare con noi chiunque abbia da dire il contrario, così da non essere i soli a soffrire.»

Chloe chiuse gli occhi, serrando le labbra. Aveva ragione, ovviamente: quel concetto le era chiaro, limpido come il giorno in cui Chen-Yi gliel'aveva spiegato. I meccanismi della mente e delle emozioni non avevano segreti per lei, a livello teorico, ma perché non riusciva a mettere in pratica quegli insegnamenti quando ne aveva più bisogno? Perché riusciva a riconoscere ciò che stava accadendo ma non a fermarsi?

"Perché neanche tu sei esente da questi processi", le suggerì una voce. Somigliava a quella di Yu-Zhay: non aveva mai usato quelle parole, ma Chloe ricordava di avergli sentito dire qualcosa di simile. Voleva essere una consolazione, per ricordarle che pur essendo una Tessitrice era comunque umana: gli Dei pretendevano controllo, ma non cercavano involucri senz'anima. Era quella la lezione più difficile da apprendere - non le tecniche di spionaggio, non il combattimento, non la manipolazione; era la più importante, ma anche l'unica in cui Chloe avesse mai fallito.

Prima le sue emozioni erano inaccessibili; ora straripavano senza controllo. Riusciva a vagare dall'uno all'altro estremo, ma mai nel mezzo. A volte dubitava che sarebbe mai riuscita a trovare un equilibrio.

«Non ha più importanza, ormai. È finita. Devo solo farmene una ragione.»

Chloe sospirò, portando il bicchiere alle labbra per far scorrere le ultime gocce di vino lungo la gola. Il sapore era dolce, non molto corposo, lievemente fruttato; Ianteh aveva scelto l'accostamento perfetto per quel dolce morbido, dal retrogusto burroso. Sceglieva perfettamente qualsiasi cosa, in realtà: le parole, le espressioni, i gesti. Con delicatezza le sfilò il calice ormai vuoto dalle dita, allungandosi per poggiarlo sul bordo della finestra. Non aveva speso una parola per compatirla - in effetti, aveva dichiarato che fosse nel torto - ma neanche per giudicarla. Ed era lì, al suo fianco, ad accarezzarle i capelli e offrirle il suo sorriso, e tutto sembrava più sopportabile.

AirinessWhere stories live. Discover now