Capitolo 34

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Stringo mia sorella tra le braccia, le sue lacrime hanno inzuppato la mia maglietta. Percepisco la sua paura e la sua tristezza, che mi stanno bruciando lentamente come un pezzo di carne dimenticato sulla brace. Le spiego con parole dolci e delicate che il mio viaggio è dovuto ad una questione di sicurezza, sopratutto la sua. La rassicuro che sarò di ritorno non appena sarò in grado di manovrare appieno il mio potere, quando non sarò più un pericolo per lei e per il Ritrovo, anche se non so quando capiterà. La stringo più forte, un macigno invisibile pesa sullo stomaco, il timore di non rivederla più mi fa tremare le gambe come gelatina, scaccio via dalla mente il pensiero con un rapido movimento del capo. Mi ripeto a intervalli regolari che Jeremy ha promesso di tenerla al sicuro, ma questo non basta a tranquillizzarmi.

«Ho paura» singhiozza, le sue braccia sono attorcigliate alla mia vita, le accarezzo i lunghi capelli biondi e ricaccio indietro le lacrime, mi brucia la gola dallo sforzo.
«Lo so» sussurro

Dormiamo insieme nel suo lettino, i suoi piedi sono incollati alle mie gambe e il mio braccio le cinge le spalle, il sole inizia a rischiarare il cielo ed io ancora non ho chiuso occhio. Scosto piano la coperta per non svegliarla e mi dirigo in bagno, apro l'acqua calda della doccia e lascio che il calore porti via tutti i pensieri che questa notte mi hanno tenuta sveglia.

È ancora molto presto quando busso alla porta a pochi metri dal mio appartamento, giocherello con la treccia ancora umida e attendo. Nessuna risposta, busso di nuovo, più forte questa volta. Lo sento armeggiare con la serratura e quando apre la porta i suoi occhi mi trapassano come una lancia infuocata.

«Hai idea di che ore siano?» La voce di Asher è roca, si strofina gli occhi che fatica a tenere aperti. Mi mordo l'interno della guancia, non saprei dire perché sono venuta qui.
«Che succede?» domanda guardandosi in torno allarmato, indugio sulla porta.
«Posso entrare?» il suo sopracciglio si alza impercettibilmente, si scosta di lato per farmi passare.

Il suo appartamento è leggermente più grande del mio o di quello di Liam, intravedo una portafinestra che da su piccolo balcone con vista sulla vallata, il salotto è separato dalla cucina, che si trova nella stanza adiacente.
«Carino, qui» mormoro, sento i suoi passi dietro di me.
«Che cosa succede, Nora?» ripete, nella sua voce c'è una nota di preoccupazione
«Niente» borbotto «volevo parlare del nostro viaggio» mi volto verso di lui, il sole fa capolino dalla finestra ed illumina il suo viso, i suoi capelli rasati riflettono la luce del sole.
«E non potevi aspettare il nostro allenamento?» ribatte irritato con un sospiro, aggrotta le sopracciglia e mi studia per qualche secondo, chiude gli occhi e sento la sua energia vibrarmi nelle vene, schiocca la lingua.
«Perché credi di poter venire qui e pensare che io possa aiutarti con i tuoi problemi amorosi?» incrocia la braccia attorno al petto, una fiamma gli balena negli occhi scuri.

«Non leggermi nel pensiero» borbotto incapace di sentenziare altro. Non so perché sono qui, avevo solo bisogno di ... parlare con un amico.
«Nora, per favore va a dormire. Ci vediamo più tardi» si passa una mano sul viso espirando a lungo. La canotta aderente che indossa evidenzia il suo fisico asciutto e ben bilanciato. Lo scruto velocemente, in tutta la sua altezza, le sue mani grandi, le spalle larghe e la vita stretta, il viso leggermente squadrato, la bocca piena. Incrocio il suo sguardo ed avvampo all'instante, il cuore batte forte. Non sarei dovuta venire qui.
«Sì, a dopo» farfuglio avviandomi frettolosamente verso la porta.
«Nora» afferra il mio braccio, un brivido mi percorre fino al gomito, mi volto di scatto verso di lui ed osservo la sua mano che regge il mio bicipite, lui lascia andare la presa di colpo, come se fosse stato fulminato da un teaser.
«Si?» sussurro, lui deglutisce e un cipiglio gli si forma in volto.

«Non siamo amici, non so cosa te lo abbia fatto credere, ma gradirei che non tornassi più qui, se non per questioni speciali» le sue parole sono dure, mi colgono così alla sprovvista che non so cosa replicare. Rimango per qualche secondo sgomenta, Asher mi passa accanto impassibile e apre la porta, trattengo il respiro ed esco mantenendo la testa bassa, un tonfo mi fa sussultare.

Vago per il corridoio avanti e indietro, ripenso ad Asher e ai suoi continui e repentini sbalzi di umore, sono cosciente che lui sia solo il mio istruttore, ma dopo tutto quello che ci siamo raccontanti, o meglio che io gli ho raccontato su di me, pensavo che fossimo entrati in sintonia, credevo che mi ritenesse almeno una buona conoscente, ma evidentemente mi sbagliavo. È stato molto chiaro a riguardo. Penso a come saranno le mie prossime settimane con lui e vorrei sotterrarmi, come farò a sopravvivere al nostro imminente viaggio, se so che a malapena prova simpatia per me?

Mi fermo davanti alla porta di Liam ed osservo il numero in ottone impresso sopra, un'altra persona con cui credevo di essere in sintonia. Rimango impalata qui per diversi minuti e non trovo il coraggio di bussare.
Nella mia mente formulo frasi e cerco parole adatte, ma più ci provo e meno ci riesco. Le parole di Jeremy rimbombano nella mia mente come martellate su una parete, Non è giusto giudicare le azioni degli altri senza conoscere le motivazioni.

Che cosa avrei fatto io, se fossi stata al suo posto? Lo avrei giustiziato? Gli avrei mentito, per mantenere la mia reputazione pulita? Non saprei, un rantolo di frustrazione mi sfugge dalla gola, e riecheggia lungo le pareti del corridoio.

Sono così delusa che non riesco a pensare lucidamente, decido, per ora, di lasciar perdere e di rimandare questa conversazione ad un momento in cui avrò le idee più chiare.
Imbocco le scale con la speranza che qualche passo possa aiutarmi a stemperare il nervosismo che vibra nel mio corpo, è ancora presto ma mi dirigo lo stesso all'ultimo piano, in palestra. Un rumore di passi cattura la mia attenzione.

«Buongiorno, Nora!» Lucy spunta dalla rampa di scale sopra a quella in cui mi trovo io, indossa un vestito nero che le arriva sotto le ginocchia che ondeggia al ritmo dei suoi passi.
«Ciao» la saluto sorpresa di vedere qualcuno in giro.
«Come stai?» la sua voce cristallina riempie l'aria circostante.
«Sto bene grazie, tu?» rimango qualche scalino più in basso per non sovrastarla in altezza.
«Bene, vai agli allenamenti?" chiede spingendo in sù gli occhiali con il dito, annuisco.
«Non farmici pensare, ho odiato quel periodo!» ridacchia portandosi una mano davanti alla bocca
«Anche tu hai dovuto allenarti?» domando sorpresa
«Già, come tutti d'altronde! Ma come potrai intuire non ho passato il test fisico» ridacchia, il suo sorriso rivela dei denti perfetti «ma a me va bene così, adoro insegnare!» appoggia una mano sulla mia spalla, il suo tocco è delicato, in effetti non la vedrei come soldato.
«Da quello che ho saputo, non avrai problemi a superarli entrambi» mormora «sei una risorsa speciale per noi» mi irrigidisco e lei se ne accorge.
«Ho detto qualcosa che non va?» domanda imbarazzata, le guance le si colorano di porpora.
«No, niente che non mi ripetano tutti i giorni» sentenzio, lei annuisce mordicchiandosi il labbro «a questo punto non saprei dirti se dovrò affrontali o meno questi test» borbotto amaramente, da quando ho scoperto la mia abilità nessuno ne ha più parlato.
«Deve essere stata dura per te, affrontare tutti questi cambiamenti in così poco tempo» mormora dolcemente «se dovessi aver bisogno di parlare con qualcuno, sai dove trovarmi» aggiunge dandomi una pacca leggera sulla spalla.
«Grazie» le rivolgo un timido sorriso
«Dico sul serio, è difficile instaurare delle relazioni qui e quando si presenta l'occasione di fare due chiacchiere, bisogna coglierla al volo» strizza l'occhio, annuisco con convinzione, non posso darle torto.
«A presto, allora»
«A presto!» mormora, si avvia giù per le scale e presto il rumore dei suoi passi smette di rimbalzare sulle pareti.

DICIOTTO - Il dominio della psicheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora