Capitolo 8

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[domenica 12 marzo]

Afferrai lo skateboard da sotto il letto, infilai il telefono con il portafoglio nella tasca dei jeans che decisi di indossare quel giorno e mi avviai alla porta di casa per uscire. «Già esci?»
Annuii in risposta alla domanda di mamma e salutai sia lei che mio padre, seduti entrambi sul divano a vedere la televisione. «In teoria dovrei tornare prima di cena...» Mi sistemai in testa il berretto blu, girandolo al rovescio, e aprii la porta per uscire. «Avvisami se fai tardi, ci vediamo dopo»
«Ciao» Risposi frettolosamente e, dopo aver percorso il giardino tenendo sotto braccio lo skate uscii definitivamente chiudendo il cancello alle mie spalle. Aspettai di arrivare sulla strada asfaltata per salire sullo skateboard per poi dirigermi al punto di incontro fissato con Minho. Erano passate settimane da quando parlammo su instagram e non mi sarei mai aspettato che, dopo essere venuto qui, mi informasse della cosa. Se devo essere sincero in quel momento rischiai più volte di finire a terra per l'ansia di rivederlo, sicuramente era venuto per rinfacciarmi di nuovo il fatto di non averlo cercato!
Impiegai qualche minuto in più ad arrivare in centro città, a causa di un gatto randagio che attraversò la strada facendomi finire quasi per terra, ma quando raggiunsi finalmente la meta mi guardai intorno per cercarlo.
Tirai fuori il telefono per controllare l'orario e mi morsi l'interno guancia vedendo di essere in anticipo di quasi venti minuti, pensai subito a cosa fare per non rimanere fermo lì come uno scemo ma la mia vista divenne nera dopo pochi secondi spaventandomi. Sussultai leggermente sentendo una morsa allo stomaco e mi girai velocemente trovandomi Minho davanti.
«Buh!» Sorrise agitando le mani sia per salutare sia per spaventarmi e arrossii facendo un passo indietro. «Hey! Mi hai spaventato scemo» Sorrisi per poi imbronciarmi subito dopo facendolo ridere. «Era proprio quello il mio intento!» Nascosi un sorriso facendo il finto orgoglioso e lo osservai di sfuggita squadrandolo velocemente, notai solo in quel momento i capelli tinti di viola. «Noo! Cosa hai fatto ai capelli?!» Sgranai gli occhi non aspettandomi un colore di quel genere su di lui. «Ti stanno benissimo, sei figo così!» Mi accorsi solo dopo di quello che dissi, ma decisi di fare finta di niente. «Oh ma grazie, anche tu oggi sei molto bello!» Mi guardò dall'alto verso il basso più volte facendomi vergognare leggermente e distolsi lo sguardo da lui «Di la verità lo hai fatto per me» Lo sentii afferrare il mio berretto e appena mi girai verso di lui lo trovai intento a sistemarselo in testa. «Si certo... - borbottai sarcastico - Se volevo fare colpo su di te mi sarei messo un sacco nero addosso così non vedevi nulla» Gli feci cenno di avviarci verso una stradina e mi seguii senza obiettare. «Tranquillo, anche con il sacco mi piaceresti lo stesso» Infilò le mani nelle tasche della giacca di jeans che indossava camminando al mio fianco, ma senza far sfiorare i nostri corpi. «Ah ah, simpatico.» Seguii la sua mossa infilando però le mani dentro le tasche dei pantaloni non avendo una giacca, lo skate bloccato sotto il braccio contro il fianco. Camminammo per un bel pezzo di strada chiacchierando delle cose successe nelle ultime settimane, mi raccontò di come rischiò di dare fuoco all'appartamento per colpa del rotolo di scottex scordato vicino al gas, oppure di come lui e Hyunjin abbiano deciso di andarsi a tingere i capelli insieme, lui di viola e il cugino rosso. Io d'altro canto cercai il più possibile di non proferire parola sugli eventi accaduti nei giorni precedenti, sia per non risultare lagnoso sia per non concentrare la conversazione su di me. «Vuoi andare verso il centro della città passando per Chinatown o dove é più tranquillo e pieno di alberi in fiore?»
Mi fermai ad un incrocio indicandogli due direzioni diverse e ricevendo un alzata di spalle come risposta, reazione che mi fece avere un'espressione a tratti annoiata sul volto. «Se non scegli tu lo faccio io eh!» Appoggiai lo skateboard a terra e ci misi un piede sopra, un sorriso provocatorio in faccia mentre lo osservavo.
«Andiamo dove vuoi andare tu allora» Annuii in risposta e scappai da lui salendo sullo skateboard, mi diedi una spunta con il piede mettendomi in equilibrio e mi avviai in mezzo alla strada girandomi poi indietro per guardarlo. «Prima però devi prendermi!!» Misi le mani a coppa davanti la bocca e alzai la voce per farmi sentire da lui, scoppiai a ridere quando lo vidi lamentarsi e rincorrermi. «Dai non vale, tu hai lo skate e io sono a piedi. Poi sono vecchio io!» Mi raggiunse parlando con una nota di fatica a causa del fiatone e gli feci la linguaccia. «Sei esagerato, hai solo due anni in più di me» Mantenni il suo passo per fargli riprendere fiato. «Devi farti perdonare Jisungie, lo sai?»
«Ohh, not again!» Sospirai sconsolato e poi scoppiammo a ridere entrambi fermandoci in mezzo alla strada, fortunatamente era privata e le macchine non passavano di li. «Comunque assurdo come io debba farmi perdonare sempre qualcosa... mi chiedo ancora perché ti abbia risposto quel giorno su instagram.» Ripresi a camminare, ma questa volta per arrivare all'entrata di un parcheggio pubblico sempre vuoto a quell'ora, tendenzialmente ci arrivavo con la macchina quando avevo voglia di stare solo e impossibilitato a camminare per troppo a lungo, ma la bella giornata di oggi era perfetta per venirci a piedi.
«Sei tu che sei un bambino cattivo che si comporta sempre male» Ci fermammo davanti ad un muretto abbastanza alto che si affacciava sul fiume e, dopo aver posato lo skate contro di esso per non avere le mani occupate, mi diedi una spinta con la gamba non dolorante e mi ci sedetti sopra. «Se sei venuto ad Incheon solo per offendermi puoi tornare anche a casa tua eh» Lo osservai dall'alto, le mani poggiate dietro di me contro la superficie del cemento per sorreggere il mio peso e le gambe allargate ai lati del muretto; Minho si era appoggiato con i gomiti contro quest'ultimo e lo sguardo lo teneva rivolto verso il panorama al mio fianco. «Beh questa sera riparto quindi il tuo desiderio verrà esaudito» Mentre parlava mi ripresi il mio berretto per ripararmi dal sole e lo ascoltai in silenzio. «Sarei rimasto di più, ma domani mi arriva il commercialista in negozio quindi devo esserci»
«Quindi immagino che i tuoi giorni di chiusura settimanale siano oggi, che è domenica, e...» Lasciai la frase in sospeso ponendogli una domanda indirettamente e mi sventolai debolmente una mano davanti il volto per farmi aria sentendo il sole scottare leggermente. «Martedì, solo la domenica è fissa però perché durante la settimana potrei avere un imprevisto che richiede la chiusura e quindi cambia delle volte.» Mugolai in approvazione ascoltandolo e annuii guardandolo di sfuggita. «Tu invece lavori o studi?» Sospirai e mi sistemai il cappello in testa lasciando poi cadere le mani davanti a me, tra le gambe aperte, iniziando a giocare con le venature del marmo del muretto.
«Nessuno dei due, ho dato le dimissioni ad ottobre e ora a distanza di quasi 5 mesi ancora non riesco a trovare nulla... é così demoralizzante stare sempre dentro casa, se avessi preso almeno l'università starei facendo qualcosa ora, ma niente. » Mi strinsi nelle spalle sentendo un pizzico di tristezza prendere il sopravvento. «Hai provato a mandare curriculum anche a Seoul?» Negai subito. «Ci rimetterei tutto di benzina o mezzi di trasporto, farei prima a trasfermici e forse a questo punto converrebbe anche visto che qui non si trova nulla» Restammo in silenzio per un bel po', io rinchiuso nei miei pensieri e lui ad osservare il cielo senza proferire parola. Istintivamente portai una mano al mio ginocchio e lo massaggiai pensando a quanto io sia sfortunato ad avere a 22 anni problemi con il cibo e un malessere al ginocchio che non mi permette nemmeno di trovare un lavoro facilmente. «Ti va un gelato?» Abbassai lo sguardo su di lui e lo osservai, il sole gli illuminava parte del volto rendendogli le gote arrossate, i capelli con quella luce brillavano leggermente e gli occhi, fissi nei miei, risultavano più chiari. Deglutii non riuscendo a distogliere lo sguardo e annuii senza nemmeno aver elaborato una risposta. A me il gelato non fa impazzire con il freddo.
«Andiamo a prenderlo allora!» Sorrise chiudendo gli occhi, gesto che mi fece mancare un battito e sorridere di rimando. «Però paghi tu!» Scesi dal muretto barcollando leggermente per essere atterrato male, zoppicai per due passi sentendo dolore ma feci finta di niente afferrando subito lo skate e andando verso il bar li vicino velocemente per non dargli modo di commentare la scena di poco fa. «Ma come! Io sono venuto a trovarti e io ti devo offrire il gelato? Che storia è mai questa?»
«Hai proposto tu di mangiarlo, mica io» Sorrisi chiudendo gli occhi per un momento e sturando le labbra ed entrai nel bar-gelateria con al seguito Minho. «Allora visto che pago io scelgo i gusti per entrambi.» Mi imbronciai, ma alla fine acconsentii.
«Ciao! Possiamo avere due gelati?»
«Si certo, cono o coppetta?» Pensai subito se dire o meno della mia celiachia, ascoltando distrattamente lo scambio di battute tra Minho e il ragazzo dietro il bancone, ma preso dall'ansia ricordando i sintomi post 'contaminazione' fermai subito la conversazione posando una mano sul braccio del mio amico, proprio all'altezza del bicipite, stringendolo debolmente sentendomi in imbarazzo. «I-io.. Io vorrei un cono celiaco, i gusti sceglili alla frutta Minho per favore perché sono tutti senza glutine e senza lattosio...» Parlai frettolosamente e sentendo il fiato bloccarsi per un momento in gola per la tensione nel parlare. Il ragazzo al mio fianco inizialmente mi guardò confuso per poi portare una mano sulla mia, ancora ferma a stringere questa volta il tessuto della sua giacca, per spostarmela. Mortificato per aver invaso il suo spazio indietreggiai subito di un passo, ma appena afferrò la mia mano intrecciando le nostre dita in una presa ferrea ma allo stesso tempo confortante tornò ad ordinare il gelato come se niente fosse. Una volta pagato lo ringraziai timidamente e con le mani ancora unite ci avviammo di nuovo al muretto di prima, in quel momento coperto dall'ombra fortunatamente.
«Perché non mi hai detto subito che sei celiaco? E soprattuto che ti fa male il ginocchio?» Sospirai e presi a mangiare il gelato per riempirmi la bocca e non rispondere subito. Mi vergogno così tanto di essere così, mi hanno sempre escluso per queste mie problematiche. Andai a sedermi su una panchina allontanandomi di qualche passo da lui e quindi lasciando la presa dalla sua mano, non accorgendomi però di aver lasciato lo skate vicino il bancone del bar. «Non te l'ho voluto dire perché avevi già preparato la cena quella sera e farti cambiare piano mettendoti in difficoltà mi avrebbe fatto sentir a disagio e in colpa» Appoggiai la schiena contro lo schienale della panchina mettendomi comodo, con la coda dell'occhio notai Minho sedersi al mio fianco più vicino rispetto al solito, ma stranamente non mi diede fastidio quella vicinanza. «Ma scherzi? Sei stato uno stupido!» Per enfatizzare il suo rimprovero mi diede un leggero schiaffo sulla visiera del cappello facendolo piegare in avanti, colpendo quasi il gelato e di conseguenza sporcandosi. «E poi avrei preparato altro, non esistono solo noodles da mangiare... spero tu non sia stato tanto male» Mentre lo ascoltavo mi imbronciai sistemando il cappello e lo girai scoprendo il volto. «Non eccessivamente»
«Menomale!» Annuii d'accordo con lui e continuammo a mangiare il gelato in silenzio per qualche minuto. «Il ginocchio invece? Ho notato prima, quando sei sceso dal muretto, che ti sei fatto male» Si giro a guardarmi e gli lanciai uno sguardo tornando poi a mangiare il gelato imbarazzato. Che figuraccia. «Ho cercato anche di aiutarti quando hai barcollato, ma sei subito corso verso la gelateria e nemmeno te ne sei accorto» Nascosi un risolino e, appena finito il gelato, mi leccai le labbra sporche per poi girarmi verso di lui per rispondere. Non accorgendomi però della troppa vicinanza scontrai le mie ginocchia con le sue e mugolai preso alla sprovvista. «Scusa!» «Tutto ok tranquillo» Ridacchiò e finì di mangiare anche lui il cono. Rimanemmo qualche ora su quella panchina a parlare, il sole lentamente stava cominciando a calare essendo ancora inverno ma a Minho non sembrava importare più di tanto. Controllai di sfuggita l'orario sul telefono - 6:49pm - e mi strinsi nelle spalle sentendo l'umidità del fiume risalire, rabbrividii leggermente indossando solo un maglione e istintivamente mi avvicinai un po' di più al fianco di Minho, in quel momento seduto comodamente con un braccio dietro le mie spalle, sullo schienale della panchina, intento a raccontarmi del rapporto che aveva con i suoi gatti. Sorrisi più volte durante il racconto non immaginando che uno come lui potesse provare un affetto del genere verso dei mici. «Hai freddo?»
«Un pochino, ma tranquillo riesco a resistere.» Infilai le mani tra le cosce per riscaldarle e sussultai leggermente quando sentii un peso sulle spalle dovuto al suo braccio intento a stringermi contro di se. «Conviene andare allora, io tra un'ora dovrei anche partire per tornare a Gimpo sennò incontro traffico» Ascoltai distrattamente le sue parole troppo preso a pensare al suo braccio intorno al collo, la mano ad accarezzare debolmente la spalla sinistra e le mie orecchie bollenti vergognandomi per quella vicinanza. Mi alzai in piedi solo per seguire i suoi movimenti e ci avviammo verso l'uscita del parcheggio, ora pieno data la tarda ora della giornata. Sbadato come sono, riuscii a tornare in possesso del mio skateboard solo grazie al ragazzo della gelateria che me lo portò poco prima di avviarci verso casa, avendoci visto passare davanti il locale. Camminammo in rigoroso silenzio stretti l'uno vicino l'altro e sperai con tutto me stesso che il mio cuore e il mio imbarazzo non si percepissero perché sennò avrei scavato una fossa e mi ci sarei nascosto dentro come gli struzzi. «Allora grazie per oggi Jisungie!» Ci fermammo a qualche metro dal cancello di casa mia e sorrisi guardandolo in volto. «Grazie a te e stai attento a guidare» Mi dondolai sul posto impacciato non sapendo aggiungere altro e indietreggiai avviandomi dentro casa, lui in risposta portò due dita sulla fronte come i militari e si inchinò leggermente facendomi ridere. «Ah Jis, hai un curriculum a portata di mano per caso?» Mi fermai lasciando il cancello socchiuso per ascoltarlo. «Ce l'ho in camera, perché?»
«Potrei averne una copia? Da me a Gimpo ci sono negozi con sedi anche qui ad Incheon, potrei lasciarglielo»
Annuii insicuro e dopo averne recuperato uno glielo diedi per poi rientrare a casa. Sospirai chiudendomi la porta alle spalle e chinando il volto per nascondere un timido sorriso alla vista dei miei genitori.
«Già sei tornato? Sei stato bene con il tuo amico?» Mi tolsi le scarpe e annuii. «Si, sono stato bene!»

Limbo - Han JisungWhere stories live. Discover now