4-Dipende

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«È il Gwaa, ricordi, Tobio
Probabilmente, sentire il suo nome, non era una cosa così speciale come pensava, ma fece definitivamente rimbambire Kageyama.
«Cosa?»
«Tobio, ti ricordi?»
«Sì, Shoyo, non mi scordo di essere il tuo alzatore.»
Il sorriso di Hinata era capace di scaldare e irradiare anche il cuore più congelato. Ecco, quello era stato capace di far sorridere Kageyama. Era riuscito a far sollevare leggermente quei due angoli della bocca che restavano sempre giù. Non era un sorriso come quelli che faceva quando andava a segno un'azione particolarmente bella, ma un altro, più dolce e inesplorato che aveva fatto pochissime volte nella vita. Da quel momento iniziarono a chiamarsi per nome.

«Ora vieni, andiamo a mangiare»
Le loro mani tornarono unite e Hinata cominciò a andare veloce trascinandoselo dietro.
«Aspetta, idiota, non correre!»

Kageyama dall'esterno è imperscrutabile. Sembra il tipico antipatico e vanitoso troppo bravo a fare qualcosa, invece, non è così. Sicuramente nella pallavolo è un prodigio, ma per il resto è una persona completamente diversa, che ha solo bisogno di essere capita.
Lui non aveva assolutamente bisogno di vantarsi o di insultare gli altri, non l'ha mai voluto.
A casa e con le persone più vicine a lui si apriva e mostrava una parte di sé poco conosciuta. Con Shoyo stava provando ad aprirsi.

Kageyama alzò la palla e, in poco, Hinata già si trovava in aria, pronto per schiacciarla. La palla va perfetta, dove dovrebbe essere, con la precisione che, Tobio, metteva in tutte le sue alzate. Quando rimbalza a terra si mette un punto a quella poesia, che veniva scritta ogni volta quando giocavano.

Shoyo guardò Tobio e, con gli occhi, lo supplicava di avere un'altra alzata.
«Assolutamente no.»
Hinata incrociò le braccia e gli fece una linguaccia.
«Guastafeste.»
«Che ore sono?» Kageyama andò a recuperare la palla.
«Ventuno e dieci»
«Cosa?! Idiota, quando pensavi di tornare a casa?»
«Ehi, non me ne sono reso conto! E neanche tu.»
«Non sono io che devo andare in un posto sperduto nelle campagne!»
«Appunto, non rompere!»
«Senti, non è meglio se chiedo di farti dare un passaggio?»
«No, vado in bici. Non preoccuparti così tanto, baka di un Tobio!»
«Poi non lamentarti se vieni attaccato da un cinghiale, idiota.»
«Ancora? Ma se i cinghiali qui non ci sono!»
«Questo lo dici tu!» Kageyama si mette la borsa in spalla e comincia ad andare mentre Hinata lo segue subito dietro.

Quel tratto di strada venne percorso ancora e ancora, quello per andare alle loro case, quello che finiva troppo presto. Ormai conoscevano bene la posizione di ogni minimo dettaglio in quei pochi chilometri, sapevano perfettamente le scorciatoie e le strade più lunghe, sapevano come rendere quel tragitto leggermente più lungo per godersi, almeno per un poco in più, la compagnia reciproca.
Quella strada passava in modo diverso rispetto alle prime volte in cui tornavano a casa insieme. La fine di settembre si avvicinava sempre di più e, il tenersi per mano, che ormai era diventato di rito, cominciava ad essere veramente piacevole, riscaldava dal freddo che stava iniziando ad arrivare.
A Kageyama non piacevano né il freddo né il caldo, però non c'era niente di meglio della sensazione del calore mentre ci si riscaldava dal freddo. In fondo, stare in compagnia di Hinata, era come riscaldarsi alla luce del sole di una giornata fredda.

Mentre camminavano, Tobio ascoltava ogni cosa che Shoyo gli diceva. Ormai si conoscevano bene, nonostante si conoscessero da pochi mesi, e quello di cui parlava erano sono sciocchezze di poco conto. Nonostante tutto creavano in Kageyama uno strano tepore nel corpo, che rendeva ancora più difficile ribattergli.
Gli argomenti potevano variare dalla pallavolo a cosa avrebbe voluto mangiare quella settimana, in quel caso i ravioli di manzo al vapore. Tobio si appuntò l'informazione in mente.

Quando vedevano il cartello che segnava un incrocio, sapevano già di essere purtroppo arrivati al punto dove separarsi. Si guardarono negli occhi prima di lasciarsi le mani.
«Allora, a domani, Tobio.»
«A domani.»
Le loro mani si separarono.
Di solito, quando si allontanavano l'uno dall'altro, Shoyo restava sempre a salutare con la mano finché non vedeva più Kageyama in lontananza, poi saliva in bici e se ne andava verso le campagne.

Kageyama, quando si separarono, tiró un sospiro di sollievo, per lui era diventato davvero difficile stare in compagnia di Shoyo.
Non sapeva esattamente cosa fare per cambiare la situazione, ma non poteva restare ancora così o il suo cervello sarebbe completamente andato in fumo.
"Tutta colpa di quello Tsukishima che me l'ha fatto capire" pensò, Hinata gli piaceva proprio tanto. Doveva trovare un modo per tornare come prima o cambiare ma situazione.

Entrò in casa, aveva detto ai suoi genitori che avrebbe mangiato fuori, ma non che sarebbe tornato quasi alle ventidue.
«Tobio?» Una signora alta e mora si avvicinò a lui.
«Mamma, scusa, non ci siamo resi conto dell'ora»
Lei sospirò.
«Va bene, la prossima volta avvisa, fai una chiamata, almeno.»
Tobio posò lo zaino a terra mentre si toglieva le scarpe.
Esitò un attimo ma poi parlò.
«Ah, mamma, posso chiederti una cosa?»
Sua madre si girò e guardò il figlio.
«Si certo, dimmi.»
Lui si alzò e si mise di fronte a lei. In questi momenti Amaya si rendeva conto di quanto suo figlio fosse diventato grande. Una volta, Tobio era un piccolo bambino appassionato di pallavolo, mentre, in quel momento, era diventato così grande ed alto che lei quasi non si spiegava come il tempo fosse passato così velocemente.
«Io... c'è una persona, sento che mi piace davvero tanto, ci penso troppo spesso, ma non so cosa fare.»
Lei prese le mani del figlio e lo guardò negli occhi, era la prima volta che gli parlava di qualcosa diverso dalla pallavolo, non gli aveva mai parlato di sentimenti, si sentiva leggermente emozionata.
«Tesoro, sono felice che tu me l'abbia detto.»

Da un certo punto della sua vita, Tobio aveva smesso di parlare di cosa provasse alla sua famiglia. Aveva deciso di mettere un grosso muro tra i suoi sentimenti e le persone che gli stavano vicino. L'unica persona con cui continuò a parlare era Kazuyo, suo nonno.
Poi iniziò a reputare inutili le relazioni romantiche, perché credeva che l'avrebbero distratto dalla pallavolo. In fondo, non gli era ancora mai capitato che gli piacesse qualcuno così tanto da non riuscire a pensare ad altro.

«Beh, immagino che dovresti provare a fare un passo avanti»
Tobio guardò il pavimento e diventò rosso.
«Non so se posso farcela.»
«Mai dirlo senza provarci. Sono sicura che questa persona si accorgerà della tua bellezza, Tobio.»
Amaya baciò la guancia del figlio e lo abbracciò, lei è sempre stata una madre amorevole.
«Grazie, mamma»

Dipende [KageHina]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora