7-Dipende

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Da giorni Kageyama è avvolto da consigli di ogni genere, anche di persone da cui non pensava di ricevere consigli d'amore. Però a lui queste cose servono, vive di saperi altrui, già assodati e messi in pratica, e non riuscirebbe a farlo creando idee completamente nuove. Per un cervello così ottuso come il suo -escluso quando si trova in mezzo a un campo di pallavolo- quelle idee bastavano ed avanzavano.

Il vero problema sarebbe arrivato quando avrebbe dovuto metterli in pratica, quei consigli. Sicuramente Tobio l'avrebbe fatto, ma non sapeva esattamente in quanto.
Non che in tutto questo tempo avesse smesso di parlare con Shoyo, anzi, ogni giorno tornavano a casa insieme, ma Kageyama si bloccava sul dirgli qualcosa in più, tutto continuava ad essere invariato.

La domenica mattina era sempre il momento più tranquillo: niente scuola, niente preoccupazioni, niente Shoyo tra i piedi che faceva andare in tilt il cervello di Tobio.
Si prendeva tempo per sé, faceva un po' di stretching, finiva di studiare e puliva la sua camera. Lo faceva da quando era piccolo, prima sotto obbligo della madre, poi è diventato parte della sua routine e nulla l'avrebbe cambiato. Se non una telefonata improvvisa, non riceveva mai chiamate di domenica.
Dall'altro capo del telefono c'era una voce fin troppo familiare, che aveva in mente per tutto il giorno anche senza sentirla.
«Ciao.» era Hinata.
«Ciao.»
«Hai finito i compiti?»
«Si» Tobio sapeva che cosa avrebbe potuto chiedere Shoyo.
«Vieni con me al parco? Porta la palla, facciamo due passaggi.»
Dopo qualche secondo di silenzio e un sospiro Kageyama accettò: «Ci vediamo lì»

Già riusciva a vedere i suoi capelli rossi, immaginare di toccarli, come sarebbero stati? Si perse nei pensieri, tutti riguardavano Shoyo. Rendendosene conto si mise le mani in faccia per coprirsela, era diventato rosso come un peperone.
Stupido Shoyo e i suoi capelli, stupido lui che aveva preso una cotta - e anche notevolmente grande.

Poi lo vide, seduto su una panchina, con i capelli che si perdevano nelle foglie degli alberi, con lo stesso colore aranciato, e gli occhi marroni che guardavano in giro irrefrenabili, aspettando di incontrare qualcuno nel loro sguardo.
Si alzò in piedi e scosse la mano per farsi vedere.
«Tobio! Eccoti!»
Kageyama in realtà sarebbe arrivato prima se non si fosse dovuto fermare almeno due o tre volte per riprendersi dai punti in cui arrivava la sua mente. Sapeva solo una cosa: quel giorno non avrebbe potuto sopportarlo, più andava avanti e più la sua cotta era grande.

«Ci hai messo tanto anche se abiti qui! Ma che hai fatto?»
«Nulla, idiota, dovevo finire di sistemare.» si inventò, non poteva di certo dirgli che non poteva toglierselo dalla testa e che per colpa sua non riusciva più ad avere dei pensieri normali.
«Hai portato la palla?»
«Si, eccola» La prende dallo zaino e la porge all'altro, che inizia a farla rimbalzare sul pavimento simulando il movimento della battuta.
Sperava di distrarsi almeno un po' con la pallavolo, di riuscire a fare qualche alzata non pensando ad altro che allenarsi ed entrare in simbiosi con il gioco. Invece quel giorno era di nuovo distratto, le sue alzate precisissime andavano in posti del tutto diversi da dove avrebbero dovuto, come -per esempio- in faccia di Hinata, su cui andò più di una volta.

«Si può sapere cos'hai oggi?»
«Nulla, boke! Continuiamo.»
«Nulla? Sono più le volte che mi prendi in faccia che quello in cui riesco a schiacciare! Ce la fai o no?»
No, non ce l'avrebbe fatta, ma Tobio avrebbe preferito fare qualunque altra cosa che ammetterlo.
«Si, smettila! Non mi sono riscaldato.»
«Non riscaldarti non ti rende un completo incapace. Sembra che non hai mai toccato un pallone!»
«Idiota! Ce la faccio.»
«No. Io non mi muovo da qui finché non ni dici quello che hai. Sembra che non hai mai fatto un palleggio e tu li sapresti fare anche ad occhi chiusi!» Forse quest'ultima frase si poteva proporre anche come complimento, ma Shoyo teneva la palla stretta in mano e il viso imbronciato.
Kageyama non aveva altra scelta, grazie a Kuroo aveva capito: con Shoyo doveva andarci diretto.

Si avvicinò lui, veloce come il contatto tra le loro labbra, pochi secondi e poi un: «Contento?» da parte di Kageyama che raccolse la palla a terra e si girò verso il suo borsone, non lo guardò nemmeno, a Shoyo. In realtà non riusciva a spiegarsi dove avesse trovato il coraggio di baciarlo. Soprattutto, sapeva che se l'avesse guardato sarebbe impazzito di nuovo.
Fece per andarsene ma Hinata lo fermò.

«Ehi! Guarda che non volevo smettere di giocare!» allora Tobio si girò, Shoyo aveva il suo sguardo determinato e felice, e gli passò la palla.
Per il resto della giornata non proferirono parola di quanto successo, tutto continuava come se nulla fosse successo e le alzate di Kageyama divennero leggermente più precise - anche se non ancora al cento per cento, ma Shoyo non lo disse- era come sempre, quando provavano azioni ancora e ancora.

Solo dopo aver finito di giocare vide in mente quel breve contato di labbra, le sensazioni. Alla fine, aveva ottenuto ciò che voleva almeno in parte, un bacio era meglio di niente. Fare finta di nulla era probabilmente la cosa migliore, pensò Tobio. Si sentiva più tranquillo e leggero: Shoyo non l'aveva odiato, lo aveva trattato normalmente, per tutto quel pomeriggio in cui fecero infiniti passaggi godendosi il fresco autunnale.

Camminarono insieme al tramonto sempre su quella strada per andare alle loro case, l'atmosfera era abbastanza romantica, le loro mani si strinsero per tutto il tragitto, fino a quel bivio. Il cielo non era ancor a del tutto buio, era tinto di sfumature rosa e rosse che, per la prima volta, coloravano il cielo quasi sempre grigio. Forse Tobio aveva una considerazione un po' bassa di sé stesso in quel momento per realizzare cosa avesse effettivamente scatenato quel bacio, Shoyo gli aveva sempre dato degli indizi; infatti, rimase sorpreso quando quest'ultimo prese il suo viso tra mani e lo baciò. Non sapeva come reagire e restò tremante con gli occhi chiusi, mentre sentiva di nuovo con le labbra di Shoyo sopra le sue. Non era un bacio passionale, solo a stampo e neanche troppo lungo, ma bastava per avere una piccola conferma.
Quando si allontanarono Tobio restò con la bocca leggermente aperta e fece un leggero colpi di tosse prima di iniziare a parlare.
«A domani.»
«A domani.» Shoyo aveva il suo solito sorriso e le guance leggermente arrossate.

Kageyama era attonito e lo rimase finché non entrò nella sua stanza e chiuse la porta. Era da solo ma si coprì la faccia, che ormai era diventata dello stesso colore di un peperone. Per la prima volta si rese conto che Kuroo Tetsuro, alla fine, non aveva per nulla torto. Quello stampo da parte di Shoyo sulle sue labbra aveva creato una risposta, ma aveva anche causato tantissime domande. Forse, per la prima volta, non avere spiegazioni era meglio, lasciare tutto nel beneficio del dubbio e poi pensarci il giorno dopo, quando l'avrebbe rivisto.
Ma Kageyama non riusciva a smettere di pensarci, a quel ragazzo dai capelli rossi spettinati sempre col sorriso in faccia, Shoyo, e a quel suo carattere a tratti insopportabile ma che non riusciva a odiare. Lui era veramente il suo sole e il loro rapporto, dentro e fuori il campo, non è mai dipeso da Kageyama. Shoyo in realtà li guidava, come una stella, un sole, che non si ferma mai. Tutti dipendeva da Shoyo.

Ciao a tutti!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Volevo dire che la prossima settimana non ci saranno aggiornamenti e, se ci saranno, non nei soliti giorni di pubblicazione. Tutto questo perché ci sarà il mio compleanno (8) e andrò in gita.
Vi volevo anche annunciare che ho pubblicato una flash-fic KuroTsuki ispirata allo scorso capitolo: Il Nostro Piccolo Sistema Lunare.
Vi ricordo di lasciare un commentino e di votare.
Grazie!

-J

Dipende [KageHina]Where stories live. Discover now