14) La famiglia di Justlyn

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"Papà, sono un mostro, sono un mostro!" Continuò, piangendo e dimenandosi disperatamente, la giovane Persef.

Inizialmente, il comandante rimase spiazzato ed inorridito dalle parole che la figlia pronunciava! Rimaneva in silenzio, tentando di comprendere le ragioni della disperazione provata da Persef, mentre lei continuava ad urtare il suo volto tra il petto e l'addome di Justlyn in modo dissennato. Dopo interi minuti trascorsi tra urla e grida strazianti, Justlyn si infuriò! Non sopportava più quei piagnucolii!

"SMETTILA! Siediti sul letto e spiegami cosa è successo, altrimenti ti sbatto fuori da qui!" Esclamò Justlyn, spazientito.

In seguito al rimprovero del padre, Persef riuscì minimamente a calmarsi, prendendo dalla scrivania un fazzoletto bianco ed asciugandosi le lacrime. Si accomodò sul letto, come le ordinò il padre, con lo sguardo perso nel vuoto.

Justlyn chiese alla povera Saiyan in pena, accomodandosi alla sua sinistra: "Ho compreso cosa è successo! Hanno portato via uomini, donne e bambini, nonostante non si fossero offerti. È forse per questo che sei così disperata?"

"No..." Gli rispose freddamente Persef.

"Allora, cosa è successo per renderti così disperata, figlia mia?" Continuò Justlyn, con tono preoccupato.

Persef raccontò al padre, in maniera accurata, dei poveri anziani, della loro nipote e della loro disgraziata fine. Justlyn comprese rapidamente a cosa fosse dovuta la disperazione della figlia, ma non era minimamente arrabbiato con lei. Anzi, era orgoglioso che la figlia provasse tanta pena e compassione per una specie odiata dalla maggioranza dei propri simili. La figlia avrebbe cresciuto una fragile bambina umana, come lui aveva fatto con la Saiyan tempo prima. Ciò significava che gli insegnamenti del comandante non erano affatto risultati vani. Per Justlyn, Persef rappresentava un'evidente prova che i Saiyan potessero cambiare in meglio ed utilizzare i propri poteri a fin di bene.

Justlyn tentò di calmare la figlia, dicendole: "Mi dispiace! Ma la povera anziana avrebbe continuato a vivere in preda alla disperazione! Almeno, la sua vita non si è spenta da sola"

"No, papà!" Esclamò Persef, continuando, con voce disperata ed aggressiva: "Non cercare di difenderci!"

"Figlia mia, tu sei la ragazza più buona, altruista e dolce che abbia mai conosciuto. Nessuno ti sta accusando! Tutti, all'interno di questa base, sanno che non faresti del male ad una mosca, se innocente! Hai voluto tenere compagnia all'anziana e non sei riuscita a trattenere la tua forza, per quanto ci tenessi a lei!" Rassicurò il comandante, provando un'immensa commozione.

Justlyn tentò di appoggiare la sua mano sinistra sulla spalla della figlia per rincuorarla, ma lei la scostò quasi con rabbia e si alzò improvvisamente dal letto.

La Saiyan disse, con voce mortificata: "Papà, non ricordi, forse, cosa la mia reale famiglia ha provocato alla tua? Tu non sei il mio reale padre, io sono la figlia di dannati mostri. Non ricordi la paralisi che ti ho causato, solo per avermi detto la verità sulla mia reale famiglia? Tu cercavi solo di difenderti dalla loro furia devastatrice, ma io non ho saputo accettarlo. Sono un mostro, papà, proprio come tutti i Saiyan!"

"No... No! Smettila, per piacere, di affermare tali assurdità!" Affermò Justlyn.

Mai il comandante avrebbe desiderato udire tali parole da parte della figlia, perché tutto ciò significava un vero fallimento come padre!

Il comandante rifletté qualche attimo, ponderando le parole più sagge e rincuoranti che avrebbero determinato il rapporto con la figlia.

Justlyn disse, con tono affettuoso: "Non è una colpa amare gli altri! Non avreste mai fatto del male a quella anziana signora di vostra spontanea volontà!"

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