𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐕𝐈𝐈

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1.

L'una di notte era ormai passata, quando Rosa tornò a casa bagnata fradicia dalla testa ai piedi.

Come aveva aperto la porta, sua madre era corsa nel corridoio, con la camicia verde oliva da notte lunga fino alle caviglie, i piedi scalzi e un'espressione esausta, segno che l'avesse aspettata fino a tardi.

Non riusciva neanche a dire una parola dopo quello che aveva quasi
fatto.

Sapeva che lei lo aveva capito, perché glielo leggeva in faccia la paura che aveva avuto per colpa sua. Per colpa di una figlia ingrata, che non aveva considerato il dolore che le avrebbe arrecato.

Si era già preparata psicologicamente a tutte le ramanzine e le punizioni che le avrebbe inflitto, tuttavia Maria la abbracciò improvvisamente, stringendo la figlia così forte che per un attimo le era mancato il fiato.

«Volevi lasciarmi anche tu», singhiozzò, facendole salire i brividi per tutto il corpo «Volevi andartene anche tu da me».

Scoppiò in un pianto che trascinò anche Rosa. Le lacrime di chi aveva trascorso le ultime ore della giornata col terrore di perdere ancora una persona amata.

Un figlio che perde un genitore è doloroso, ma un genitore che perde un figlio è atroce.
E Maria ne aveva già perso uno.


«Scusa, se ho fatto tardi», provò a dirle, ma la strinse più forte. Era inutile anche solo provare a mentire.

Una madre sapeva.

«Non lasciarmi anche tu, amore mio», la sua voce era insopportabilmente addolorata e aveva sperato che finisse presto quell'abbraccio, perché sentire la sua adorata mamma piangere così per colpa sua era peggio di qualsiasi altra tortura.

«Non ti lascio, mamma», il suo viso sprofondò nell'incavo della sua spalla, assaporando il profumo di fiori e mandorle provenire da ogni centimetro della sua pelle, «Non ti lascerò mai».

2.

"Mi fa male la testa".

Doveva averla sbattuta parecchio forte. Non capiva dove si trovasse o quanto tempo fosse trascorso.

Aprì lentamente gli occhi, sentendo un leggero dolore alle tempie. Tutto era offuscato, come se avesse dormito a lungo.

Ricompose i pezzi della sua memoria ad uno a uno, mentre si portava una mano alla fronte. L'ultima cosa che ricordava era di aver preso la rincorsa per impedire che quel ragazzo cadesse. Era arrivata appena in tempo prendendolo di peso, ma era caduta all'indietro a terra. La velocità con cui aveva compiuto quel gesto le aveva fatto sbattere la testa sul pavimento bagnato del terrazzo della scuola.

A tal proposito, il suo corpo si mosse in avanti, dopo aver percepito una superficie strana sotto la schiena.

La vista si mise a fuoco e riconobbe la stanza dove gli insegnanti portavano gli studenti che si erano infortunati.

Una sorta d'infermeria se proprio la si voleva definire, ma in realtà era una semplice classe vuota. Capì di essere distesa a terra, su un tappeto di spugna fatto apposta per impedire un contatto con il suolo.

Rosa indelebile (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora