16. Un tipo geloso?

472 57 94
                                    

«Quindi tuo nonno lavora a maglia?»

Luca continuava ad accarezzarsi lo scaldacollo, mentre tornavano a piedi verso il locale. L'aveva anche visto intascarsi il fiocco, poco prima di buttare il resto del pacchetto, ma non aveva fatto commenti per non metterlo in imbarazzo.

«Sì, l'uncinetto, per esattezza. Ha imparato dopo che a mia nonna è venuta l'artrite. Prima passavano le serate seduti davanti alla tv, lei lavorava all'uncinetto e lui le faceva compagnia. Adesso che lei ha difficoltà con le dita lui ha imparato per darle una mano. A volte mia nonna si addormenta e lui continua il suo lavoro, sono una bella squadra. Però mia nonna è pessima a insegnare, non ha pazienza. E così ho preso lezioni dal nonno, ha sempre voluto insegnarmi qualcosa, tipo giocare a calcio o riparare un lavandino che perde o far ripartire la macchina con i cavi se la batteria è a terra e guarda un po' cosa gli è toccato fare!»

«Hai imparato per me?»

«Praticamente sì.»

Luca non lo guardò più, concentrato sull'incrocio che stavano per attraversare, ma Elia, nonostante la luce del giorno stesse praticamente lasciando il posto a quella artificiale dei lampioni, giurò di averlo visto arrossire. Per quella volta, decise di non stuzzicarlo ulteriormente. Aveva ottenuto da lui già abbastanza soddisfazioni nella breve ma molto proficua chiacchierata che avevano fatto. Era iniziata con Luca che lo pregava di lasciar perdere ed era finita con un vero appuntamento, cosa voleva di più? Portarselo a casa, ecco cosa. Da quando gli aveva confessato di essere vergine, ma di essere pronto a recuperare con la pratica, Elia faticava a pensare ad altro. Voleva dare a Luca un vero appuntamento, però desiderava anche passare già alla fase successiva. Era combattuto, soprattutto perché sapeva che dipendeva completamente da lui: qualsiasi cosa avesse proposto, l'altro avrebbe accettato; quindi, non voleva approfittarne, affrettare le cose, forzando gli eventi e forzando lui. 

Giunsero all'ingresso del locale scambiando chiacchiere generiche sui nonni, mentre Luca, poco a poco, si rilassava al suo fianco. Entrando notò che il gruppetto composto da Rebecca e le sue amiche era cresciuto e che avevano preso tutti posto in vari tavolini, pur continuando a scambiarsi commenti da un tavolo all'altro. Chissà perché aveva immaginato una grande e lunga tavolata, tipo ristorante.

«Sicuro che non ti dispiace restare ancora un po'? Mi dispiace andare via subito, le ho promesso che avrei fatto almeno il primo giro di consumazioni.»

«Certo, non c'è problema, e poi mi va qualcosa da bere. Dove ti vuoi sedere?»

Luca indicò un angolo della stanza, il meno illuminato, ed Elia si chiese se fosse un sacrificio, per lui, restare lì insieme davanti a tutti.

«Possiamo anche sederci con loro o puoi sederti da solo con i tuoi amici se vuoi, io so integrarmi, troverò un altro posto.» Magari non con quel genere di persone, ma ci avrebbe provato.

«No, preferisco così. E poi non so mai cosa dire in mezzo gente con cui ho poca confidenza.»

«Non sono tuoi amici? Qualcuno è della nostra scuola, li riconosco.»

E loro riconoscono me? Luca sta già rischiando di farsi beccare?

«Sì, qualcuno sì. Non sono miei amici, comunque. Andiamo a sederci, ok? È la prima parte del mio appuntamento, non voglio contaminarlo con la presenza di altri oltre a noi.»

Peccato che non fossero tutti della stessa idea, perché furono intercettati prima ancora di ordinare. Ken si stava avvicinando a passo spedito, dopo averli guardati più di una volta, con una certa curiosità. L'aveva mandato Rebecca per conoscere lui?

«Oh, ciao Luca, posso sedermi?»

E a me non chiedi?

«Ciao Tommy, certo, siediti pure.»

E tu chi sei?Where stories live. Discover now