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la luna è bella, vero?


Camminare sotto la pioggia non mi è mai piaciuto, e per giunta stamattina ho dimenticato l'ombrello in macchina. Sono fradicia, i capelli sono crespi a causa dell'umidità e come se non bastasse è pieno di pozzanghere e, ovviamente, le auto non rallentano... appena torno a casa mi faccio una rilassante doccia calda. Per fortuna la tempesta è finita ed ora pioviggina solamente.

<< Smith, vuoi un passaggio? >> sento una voce chiamarmi, la sua voce. Me lo ritrovo affianco in una splendida moto nera, non ne sono appassionata, ma non posso dire lo stesso di mio padre e mio fratello.

<<No grazie>> lo ignoro continuando a camminare per la mia strada. <<Ti accompagno>> afferma convinto fermandosi <<Walker, non saliró in quel aggeggio>> ripeto sorridendo falsamente. << Ti ammalerai >> insiste puntando i suoi magnetici occhi azzurri su i miei << Che carino, ti preoccupi per me Dr. House? >>.

<< Hai due opzioni Maree, o sali di tua spontanea volontà>> lentamente scende dalla moto mettendo il cavalletto <<O ti faccio salire io>> un ghigno malefico gli compare sul volto. Nego con la testa, ma quando si avvicina allungando le braccia intuisco le sue intenzioni. Se non salgo di mia spontanea volontà sicuramente mi prenderà in braccio, meglio fare come dice. Mi avvicino alla moto e bisbiglio un flebile "stronzo" sperando di non farmi sentire, ma lui deve aver capito eccome perché lo sento ridere dietro di me.

<<Non posso salire... Mi serve il casco>> trovo la prima scusa che mi passa per la testa, quando cerco di alzarmi per scendere, però, una mano ricoperta di anelli si appoggia alla mia coscia destra. Mi si ferma il respiro e lui deve averlo notato perché dallo specchietto lo vedo sorridere.
<<Tieni il mio>> si toglie il casco nero e me lo passa.
<<Tu stai senza? >> chiedo a bassa voce <<Per oggi si, da domani mi ricorderò di portarne due>>. Sorrido.

Dopo un istante di silenzio, le ruote stridono sull'asfalto e la forza d'accelerazione mi obbliga ad attaccarmi a lui per non cadere. Poso le mani ai lati della giacca grigio scuro in flanella di Louis Vuitton, la settima scorsa ricordo mia madre sorseggiare il suo solito cappuccino pomeridiano, seduta nella poltrona in terrazza intenta a sfogliare l'ultima rivista di LV.

Il vento ci colpisce da ogni direzione e il paesaggio scorre in una macchia indistinta. La strada verso casa si avvicina sempre di più. Ad un tratto, come per magia, scorgo il cartello in legno che indica il viale che porta nella mia nuova casa, con su scritto: Sweet Valley, e circondato da vasi di rose bianche affiancate da una piccola fontanella e da una panchina anch'essa in legno.

<<Svolta a destra! >> lo esorto indicandogli la strada. Quando svolta come gli ho indicato di fare rallenta sempre di più ed infine si ferma ai pressi dell'abitazione. Andrews spegne il motore nei pressi del vialetto, mette il cavalletto e, poggiando un piede per terra,
mi aiuta a scendere, e dato che sono talmente impacciata persino per togliermi il casco egli corre in mio soccorso, insieme ci mettiamo a ridere come due idioti di fronte alla mia goffaggine. Non sembra una risata finta la sua, anzi sembra sincera e non il ghigno che indossa di solito.
Mi perdo nei suoi occhi. Sono azzurri e pallidi, a tratti grigi, sembrano seta. Sbatto le mie lunghe ciglia ricoperte di mascara per mettere fine a questo interminabile contatto visivo.

Non l'avrei mai detto ma in questo momento non lo riconosco, Andrews Thomas Walker... gentile? Wow, chi l'avrebbe mai detto.

<<Grazie Walker>> gli sorrido grata per il passaggio.

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