Capitolo 43. Ryss

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La prima tappa del tour non è lontana da casa nostra, forse a un'ora e mezza di macchina, ed è il due settembre. Il che dovrebbe essere rassicurante, ma invece porta la maggior parte dei problemi.

Il primo grosso problema è stato Seth, che si è ammalato una settimana prima, ma fortunatamente Bodie e Maxine hanno avuto dei genitori eccelsi che hanno insegnato loro metodi incredibili per contrastare la febbre e l'influenza.

Il secondo problema è stata la decorazione del palco; ne abbiamo dovuto ridisegnare un pezzo all'ultimo momento, ma fortunatamente si trattava solo di qualcosa di facile da sostituire e ce la siamo cavata con poco.

L'ultimo problema, ancora irrisolto ora che stiamo arrivando sul posto, è Bodie. Ha parlato ininterrottamente per tutto il viaggio e so benissimo che questo significa che ha l'ansia. Ce l'ho anch'io, ovviamente: le duemilacinquecento persone che ci saranno stasera sono un bel colpo, se si considera che all'Old Rock il pubblico era composto di non più di duecento persone. Però Bodie sembra veramente nervoso, forse perché la maggior parte della pressione sarà su di lui.

Arriviamo al teatro verso le sei di sera, che è relativamente presto contando che non inizieremo prima delle undici, ma una volta che siamo entrati ci sono talmente cose da fare che non sono neanche più sicuro che avremo tutto il tempo.

A quel punto, a Bodie viene chiusa la bocca a forza da Philipe Star, il nostro manager. Dubito che sia il suo vero nome, ma lui continua a spacciarlo come tale. Preston ce l'ha presentato, un po' di tempo fa, ma in realtà è uno un po' sulle sue.

«Non voglio sentirti dire una parola prima del riscaldamento vocale» gli ordina Philipe con una tale prepotenza che ci mettiamo zitti anche noi. È un tipo non molto alto e di solito non sembra particolarmente minaccioso, ma oggi è diverso. Il suo abbigliamento, come al solito nero con eleganti ritocchi brillanti, e i suoi capelli ossigenati gli danno l'aria del tipico abitante di Los Angeles che si vede nei film, ma dal suo accento è piuttosto chiaro che è texano e dal suo carattere che non è uno smorfioso abituato alla bella vita. Bodie dice che sembra sua nonna.

«Il cosa?» balbetta Bodie e noi ci sporgiamo tutti per sentire.

Philipe sospira, come a chiedersi perché ha a che fare con noi, e risponde:«Riscaldamento vocale. Vieni, ti spiego». Afferra Bodie per un braccio e se lo porta via, lasciando noi alle cure di tre tizi mastodontici che dovrebbero essere le nostre guardie del corpo. Loro ci conducono ai camerini, dove ci guidano passo per passo.

Prima ci fanno mangiare, poi cominciano i preparativi e ci raggiunge anche Bodie, un po' più sereno, seguito da Philipe e quattro confezioni da dieci bottigliette d'acqua. Sarà un concerto più lungo e molto più impegnativo di quelli all'Old Rock, gli serviranno.

Mangiamo quasi completamente in silenzio e, anche se nessuno ha davvero fame, Philipe ci costringe a finire tutto. Saggia decisione, in realtà, perché immagino che avere fame sul palco non sia molto divertente.

Poi passiamo ai costumi e ognuno si veste con quello che Colette e gli altri stilisti hanno preparato per noi. A me va abbastanza bene: pantaloni aderenti svasati in fondo, neri, camicia bianca, gilet rosso decorato con le lettere dorate e un orologio ben saldo nel mio taschino, con la catenella che pende fuori oscillando davanti a me. Un ragazzo di cui non ricordo troppo bene il nome mi illustra il trucco, però io mi impunto per farmelo da solo. Lui sembra titubante, ma in qualche modo lo convinco e comincio ad applicare uno strato leggero di eye-liner intorno agli occhi, giusto perché risalti appena il contorno. Metto un po' di ombretto rosso, solo sulla palpebra, e con una matita dello stesso colore comincio a disegnare due linee che mi si allungano su una guancia, arricciandosi in fondo, ripassandole da un lato con un eye-liner oro brillante. Lo faccio solo sotto un occhio, e mi viene buono al primo colpo. Anche il ragazzo dei trucchi si stupisce.

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