XI

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Il cielo era torbido di smog e inquinato dallo spettacolo artificioso degli edifici di Bicocca.
Alberto lo fissava, lasciando ciondolare ciò che rimaneva della sigaretta tra le labbra, il filtro bruciato, amaro e dal sapore plasticoso, nonostante la bustina ne enunciasse con enfasi l'assenza.
Diana era seduta vicino a lui, al tavolino di legno traballante, teneva la fronte sui palmi aperti delle mani.
Due fette di pane con burro chiarificato e marmellata riposavano su un piattino di ceramica, e le stavano accanto, come di supporto.
Con le mani nelle tasche dei pantaloni stretti, Alberto si riportò in piedi dalla ringhiera, con un piccolo slancio.
Poggiò una mano sulla testa di Diana, con affetto, e distrattamente gettò il filtro sul piatto col cibo, anziché sul poco distante posacenere.
Diana alzò lo sguardo verso di lui, poi al piatto, e vide quel cadavere tossico accanto alle sue fette di pane.
Lei non disse nulla, il ragazzo stava entrando in casa passandosi una mano sul viso accartocciato dalla stanchezza. Non si era accorto di nulla.
In quel momento, il disgusto per Milano, e lo sporco tra le nuvole, fecero l'atmosfera pesante. Diana si sentiva come se nella grossa pentola della sua vita, qualcuno avesse incastrato ai bordi un coperchio, e lei fosse rimasta intrappolata tra barre di pioggia e muffa recidiva.

Quella notte, Alberto le sfiorò un fianco, ma lei non si voltò neanche a guardarlo con fastidio. Chiuse gli occhi e rallentò il respiro, fingendo di essersi assopita già da lungo tempo. Con le dita magre teneva un lembo delle lenzuola sovrapposte, l'altra mano sotto il cuscino. Ad Alberto fece tenerezza la guancia schiacciata contro le labbra dalla pressione.
Mentre si era sporto a controllare se la ragazza stesse dormendo dietro la massa di capelli biondi, le lasciò un bacio sulla guancia, per poi tornare ad occupare il suo spazio nel letto, sorridente di dolcezza.
La notte passò lenta ed inesorabile, Diana sentiva una tristezza che le appesantiva tutti i muscoli e non la lasciava dormire.

Il mattino dopo, Diana prese qualche respiro.
— Me ne vado a Macerata, annunciò nel vuoto della cucina.
— Quando?
Alberto aveva ancora la bocca piena, si era premurato di comprare diversi dolci da una pasticceria vegana per la colazione. Si era svegliato prima di Diana, che con stanchezza, aveva posticipato le sue ore di sonno, cominciate alle sei del mattino e finite verso le undici e un quarto.
Il ragazzo aveva un'espressione sorpresa, ma il suo tono di voce non era agitato, gli angoli delle labbra e le punte delle dita sporche di zucchero a velo.
Diana provò una tenerezza indescrivibile a guardarlo, e dovette premere le labbra insieme per non dedicargli un accenno di sorriso.
I suoi occhi contaminati d'oro dalla luce del sole, si abbassarono e poi andarono in un punto oltre Alberto.
— Oggi.
Lui alzò le spalle in uno scatto sorpreso, afferrando velocemente uno di quei fazzoletti forniti dalla pasticceria per evitare di toccare l'unto dei dolci, cercando di pulirsi dallo zucchero con quello, chiaramente riuscendoci poco.
— Ti accompagno all'aeroporto? Alla stazione? Non so. Vuoi che venga con te?
Si mise a sedere ed incrociò le braccia, il suo viso si ricamò di un'aria apprensiva.
Diana giocò per poco con la tazzina del caffè vuota tra le mani, aveva dei decori floreali naïf, e dentro c'era una frase sbiadita, segnata dall'alone dei tanti caffè versati dentro, che ormai era illeggibile.
Ricordava che in origine vi era scritto "un buongiorno dolcissimo".
Chissà se col tempo se lo era bevuto quel buongiorno dolcissimo, ed ora non ne avrebbe mai più avuto uno.
— Se vuoi, potresti accompagnarmi a prendere il treno.
Scompigliò i capelli biondi con una mano, che cadde stanca al tavolo subito dopo.
Guardando il viso del ragazzo, la macchia grigiastra su tutte le guance e attorno alla bocca dove stava per crescere la barba, il restante zucchero che lo sporcava, ma soprattutto gli occhi pestati di sonno ed affetto, pensò solo che non era più arrabbiata.
In quel momento pensava che avrebbe potuto lasciarsi passare il treno davanti alla stazione mentre lo abbracciava, oppure salire i gradini per poi scenderli di nuovo di corsa, ed incastrarsi tra le sue braccia.

— Certo che voglio.

•••

Torno a caso dopo mesi, ma l'uni mi uccide! Sono in pieno studio per settembre. Spero vadano bene gli ultimi esami.
Ho scritto questo capitolo al volo.
Xoxo Cynda <3

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⏰ Last updated: Aug 25, 2023 ⏰

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