6.

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Dylan.

Il suono della palla che rimbombava tra le mura della palestra mi colpiva in modo regolare alle tempie, girai su me stesso e feci rovesciare il pallone tra le gambe, le dita saldarono la sua superficie facendolo palleggiare forte contro il legno del pavimento.

Puntai i piedi verso l'obiettivo e allineai i fianchi di conseguenza, afferrai la palla con entrambe le mani e seguì la linea del canestro, piegai il gomito passando il peso della palla sulla mano dominante fino a sorreggerla con i polpastrelli. Molleggiai sulle ginocchia, la palla girò in modo circolare su se stessa ed io mi slanciai per aria lasciandola andare.

Canestro.

«Ed é canestro signori, il playmaker Dylan Reed segna il canestro definitivo per la vittoria dei Lakers.» La voce di Michael rimbombò tra le pareti della palestra vuota, creando un eco.

Presi al volo la palla che cadde proprio davanti a me, e mi voltai verso di lui, che continuava a sventolare le mani per aria ed imitare la telecronaca con una voce da idiota.

Gli tirai forte la palla e lui l'afferrò, fece un giro su se stesso, facendola palleggiare un paio di volte e poi si slanciò in avanti.

«Canestro da fuori campo anche per la guardia tiratrice, non c'é male per il numero due del campo.» Batté le mani esultando.

Scossi il capo divertito e guardai per un attimo la palla rimbalzare, fino a quando non si fermò completamente in mezzo al campo da basket.

Michael mi affiancò.

«Che ci fai qui?» Gli chiesi, anche se sapevo già la risposta.

«Katrin mi ha chiamato per sapere dove fosse il suo figlioletto preferito, e gli ho rifilato che eri con me, ma che non volevi parlare con nessuno e bla bla bla, solite cose.» Mi spiegò la solita storiella.

Scrollai le spalle e andai verso la gradinata, sedendomi in un posto a caso in prima fila, e lui mi seguì.

«Allora?»

«Cosa?» Gli chiesi non capendo. «Vuoi che ti ringrazi?»

Michael alzò gli occhi al cielo, si passò una mano sul ciuffo biondo e poi si calò in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.

«Non prendermi per il culo amico. So cosa sta succedendo.»

Lo guardai confuso.

«Ho visto come la guardi.» Continuò. «E ti ho visto guardare solo una cosa nella vita con quello sguardo perso, e quella cosa...» Puntò dritto un dito verso il centro della palestra. «É proprio quella palla lì al centro.»

«Non sai quello che dici.» Scossi il capo e mi tirai indietro, tirando il cappuccio della felpa sulla testa.

Lui scoccò la lingua contro il palato, e aspettò per un tempo indefinito, sapendo che ad un certo punto sarei esploso. Era sempre così,
Michael aspettava in silenzio, fin quando non ero pronto a sfogarmi. Delle volte passavano per fino ore.

«É innamorata di un altro.» Sbottai, incazzato. «É innamorata di un avanzo di galera che l'ha mollata di punto in bianco ed è sparito senza spiegazioni, uno stronzo che nemmeno la merita.»

Lei era speciale, lei aveva dentro qualcosa che nessun'altra aveva, e lui non si merita nemmeno un briciolo del suo amore.

Michael sbatté un colpo le mani tra di loro, e si alzò parandosi di fronte a me.

«E allora?» Puntò i suoi occhi azzurri sulla mia figura. «Qual'é il problema? Se vuoi qualcosa, te la prendi e basta, come hai sempre fatto. Da quando Dylan Reed pensa di non poter ottenere qualcosa?» Aggrottò le sopracciglia. «Scusa amico, ma sono confuso.»

Fino ai tuoi occhi - Secondo volumeWhere stories live. Discover now