49.

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Devon.

La vidi uscire dalla porta, impotente come non mai, inchiodato al pavimento. La situazione mi era ormai sfuggita di mano, sentivo un malessere così profondo che l'aria stessa sembrava rifiutarsi di entrare nei miei polmoni. Lo sapevo che sarebbe successo, ma non era in quel modo che l'avevo immaginato.

Il tonfo blindato fece sobbalzare tutto intorno, tanto forte da far tremare i vetri e spezzarmi qualcosa dentro che a fatica avrei rimesso insieme. Ingoiai il groppo in gola, sentendo la disperazione e il dolore così intensi che, per la prima volta, avrei desiderato lasciarmi andare alle lacrime e piangere a singhiozzi come un bambino.

Il dolore raggiunse un picco mai provato prima nel vedere i suoi occhi guardarmi come se ormai non contassi più nulla. Nonostante tutto quello che avevamo passato insieme, quella sguardo mi aveva trasmesso una forza devastante che non avevo mai sperimentato prima.

Non c'era più niente dentro di lei.

Io l'avevo distrutta, di nuovo.

Sembrava avesse strappato via la propria anima dal petto, posandola in un angolo e ordinandole di restare immobile, cercando di evitare il dolore a ogni costo.

Io ero il suo dolore, e per quanto impossibile sia stare lontani, proteggersi da me era la sua priorità in quel momento.

«Ti avevo avvertito, Devon.» Grace si avvicinò, soffiandomi quelle parole sulla guancia.

Ero paralizzato, le sue mani toccavano le mie spalle, le sue dita mi accarezzavano in modo perfido, invadendo il mio respiro con il suo profumo nauseante.

Per la prima volta in vita mia non avevo il controllo di niente, mi stavo facendo sopraffare dalla paura di non riuscire a riprendermi ciò che mi apparteneva. Perché di sbagli era sempre stata la mia vita, e di cose giuste ne avevo fatte così poche da potersi contare sulle dita di una mano.

«Ti strapperò via ciò che più ami.» Mi ricordò ancora, girandomi intorno, mormorandomi sulla bocca. «Occhio per occhio, dente per dente.»

Aggrottai le sopracciglia.

Il cuore mi sprofondò nello stomaco, la bile mi bruciò le pareti tanto da risalirmi in gola.

«Non lascerò che tu le faccia del male.» Ringhiai, scostandomela di 'dosso.

Lei ridacchiò, portandosi una mano davanti alla bocca, sempre in modo grazio e raffinato. Il suo aspetto e la sua anima, erano due cose così differenti che non sembravano nemmeno appartenere nemmeno alla stessa persona.

«No?» Incalzò. «Eppure lo sto già facendo.»

Sbarrai gli occhi, il fiato mi squarciò la gola, la paura divampò nella mia testa, sprigionando tutto ciò che ero riuscito a rinchiudere nel buio della mia mente.

«Che cazzo vuoi dire?» Strinsi una mano intorno al suo braccio, sperando che si spezzasse, e la sovrastai respirandole addosso la mia rabbia.

«Sento profumo di morte nell'aria.» Si afferrò il labbro inferiore tra i denti, gli occhi neri e lucenti mi penetrarono dentro come un serpente velenoso e affamato di dolore.

Il respirò si mozzò, affogandomi.

«Ma che stai dicendo?» La voce mi graffiò la gola, la mollai spingendola via e lasciando che barcollasse.

«Tic, toc, amore mio.»

Gli scagliai gli occhi addosso, la tagliai con lo sguardo affilato, come una lama appuntita che sentivo dentro in quel momento.

«La prima volta che mi hai parlato mi hai detto che tu non eri come tuo padre.» Le ricordai, maledicendo me stesso, per non essermi alzato da quel letto quel giorno stesso ed essere ritornato al mio posto per lottare per ciò che mi apparteneva. «Invece sei esattamente la sua fotocopia, maledetta e stronza, saresti stata un'alleata perfetta accanto al viscido figlio di puttana.»

Fino ai tuoi occhi - Secondo volumeOù les histoires vivent. Découvrez maintenant