Patteggiamento

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Venerdì.

Devo darmi una svegliata.

Non volevo accettarlo ma i miei amici hanno ragione. Sono stata la brutta copia di uno zombie incazzato negli ultimi 15 giorni e non credo sia giusto nei confronti di chi mi sta accanto e a questo punto nemmeno nei miei.

Il telefono squilla e mi precipito a rispondere. E' Alex.

"Ciao Falco Pecchiaiolo!". Esordisce come al suo solito chiamandomi nei modi più strani.

"Posso farti notare che mi chiami sempre con dei nomi di uccelli?". Rispondo io, con un finto tono offeso.

"Ci sei arrivata finalmente! Volevo vedere quanto ci avresti messo a capirlo". Afferma lui ridendo come un pazzo. "Sono sotto casa tua, scendi dai". Aggiunge.

Può chiamarmi in tutti i modi che vuole se l'effetto che mi fa quando lo sento, è pura gioia.

"Ok, arrivo. Il tempo di mettermi le scarpe". Dico e chiudo la chiamata.

Scendo di corsa e lo vedo dal vetro del portone. E' veramente molto bello. Il suo aspetto fisico non è una cosa a cui faccio caso di solito. Il nostro rapporto è talmente cresciuto in questi anni che quando lo vedo riesco ad immaginare solo qualcosa di molto simile ad un fratello. Ma devo ammettere che è alto. I capelli sono di un biondo cenere con un taglio corto, sempre curato, la pelle perennemente abbronzata. Il mio migliore amico è un fico.

Corro verso di lui e gli salto letteralmente in braccio.

"Ah vedo che abbiamo superato la fase Zombie irascibile!". Mi dice all'orecchio afferrandomi e tenendomi stretta.

"Scusa! Sono stata una stronza questi giorni. Ho quasi fatto pace con me stessa, lo giuro. Diciamo che stiamo patteggiando". Rispondo sorridendo.

"Benissimo, è proprio quello che mi volevo sentir dire. Anche perchè non puoi essere uno Zombie nel posto in cui sto per portarti". Aggiunge illuminandosi.

Mi illumino anche io di rimando perchè sa quanto adori le sorprese.

"Dove? Dove? Dove?!". Inizio a chiedere, saltellando sul posto.

"Lo scoprirai quando ci arriveremo". Dichiara fingendosi serio.

Metto il broncio e lo seguo impersonando una bambina che fa i capricci.

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Alex sta guidando da almeno 45 minuti e non ho idea di dove stiamo andando.

"Dai me lo dici? Per favore!". Lo supplico.

"Siamo arrivati, devi pazientare solo qualche altro minuto". Risponde lui godendosi la mia faccia sconfitta.

Come promesso, pochi minuti dopo parcheggiamo e scendiamo dall'auto. Il posto è affollato di persone e se non sbaglio ci troviamo al parco dell'Appia Antica. Ma che cosa ci facciamo qui?

Improvvisamente ho un'illuminazione.

"Non siamo mica al concerto di Einaudi con le candele?!". Urlo, spaventando tre o quattro persone intorno a me.

"Bravissima!". Risponde lui ancora più entusiasta di me.

Mi faccio improvvisamente seria perchè l'emozione che mi ha provocato questa sorpresa è immensa.

"Grazie Alex". Gli dico guardandolo con gli occhi leggermente lucidi.

"Non c'è di che, Albanella".

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