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La sua grande figura era dietro di me, mi sentivo protetta sotto la sua ombra.

X: Un altro piccolo sforzo.

Mi disse l'uomo incoraggiandomi a premere più forte.
Ero stanca, non volevo più continuare questa tortura, non pensavo fosse così complicato e doloroso.

X: Dai piccolina, ci sei quasi.

Continuò l'uomo ma io ero veramente esausta.

Io: Non ce la faccio più, mi arrendo.

Dissi mollando la presa portandomi le mani sugl'occhi.
Le mie lascime sgorgavano sul viso accompagnate da qualche singhiozzo, l'uomo si avvicinò a me e si chinò per arrivare alla mia altezza.

X: Amore, arrendersi è da codardi.

Mi disse asciugando le mie lacrime.
Il suo sorriso gentile mi faceva sentire veramente amata, mi guardava come se in me vedesse del tenero, una tenerezza tale da fargli brillare quei occhi verdi, verdi come i miei.

Io: Ma papà, mi fa male...

Piagnucolai toccandomi le punte delle dita segnate dalle corde della chitarra.

Papà: Lo so tesoro, ma è proprio questo quello che rende la chitarra uno dei strumenti più fighi al mondo.

Affermò cercando di convincermi.
Le mie povere dita chiedevano pietà, tranciate da quelle corde in nailon che sembravano quasi lame contro la mia pelle. Guardai mio padre con gli occhi ancora annebbiati dalle lascrime.

Io: Ma papà non ci riesco, mi fanno male le dita.

Replicai.

Papà: Amore mio la vita è fatta così, devi soffrire per raggiungere i tuoi obbiettivi, ma una volta arrivata in cima ne sarai veramente orgogliosa.

Disse togliendomi la chitarra di dosso.
Mi prese in braccio e iniziò a darmi dei dolci baci sulla guancia, il sorriso ricomparve sul mio dolce viso....

Le lacrime iniziarono ad uscire dai miei occhi, la testa china e lo sguardo perso sul pavimento, avevo ancora le dita schiacciate sulle corde, quel dolore lancinante di cui tanto ero impaurita da bambina mi portò a rivivere tutto questo. Tom si accorse che qualcosa in me non andava così iniziò a chiamare il mio nome senza mai trovare risposta, fece il giro della sedia su cui ero seduta venendo di fronte a me. I miei occhi non si scollarono dal pavimento, Tom per attirare la mia attenzione si abbassò al mio livello inginocchiandosi sulle sue gambe così da poter finalmente guardare i miei occhi spenti, ancora offuscati dalle lacrime che irrigavano, poco alla volta, irrigavano il mio viso. Riuscì ad intravedere un'espressione preoccupata sul suo volto, incuriosito da ciò che stava accadendo all'interno della mia mente, mi mise le mani sul volto e, come fece mio padre molti anni fa, mi asciugò il viso.

Tom: Che succede?

Chiese preoccupato.
Non gli avrei mai raccontato il rapporto tra me e mio padre, non avrei mai potuto, o meglio, non avrei mai voluto che qualcuno mi trattasse in modo diverso dopo aver saputo chi era veramente mio padre, onestamente non sapevo che rispondere alla sua domanda. In me trovai un compromesso, avevo bisogno di raccontare a qualcuno la mia storia, avevo bisogno di sfogare tutto quello che portavo dentro di me ormai da tanti anni, omettendo dei dattagli.
La porta si spalancò improvvisamente, sia io che Tom ci voltammo di scatto verso l'entrata, Bill si trovava sulla soglia della porta con un'espressione preoccupata sul viso.

Bill: Ho sentito Tom urlare, che succede?

Chiese Bill dopo aver osservato il mio viso ricolmo di lacrime.
Corse subito verso di me e si voltò verso il fratello.

Bill: Che hai combinato?

Gli chiese nervoso.

Io: Non è colpa sua.

Dissi attirando l'attenzione dei due che si girarono verso di me.

Bill: Ti va di parlarne davanti ad una buona colazione?

Mi chiese con un sorriso.
Annuì solamente e ci dirigemmo tutti verso la cucina. Appena Bill finì di preparare la colazione per tutti e tre inziai a raccontare.

Io: Non ce tanto da dire. Mio padre era un chitarrista, amava suonare e dedicò la sua intera vita a questo. Incontrò mia madre nel 1989 e dopo poco lei rimase incinta di me, si sposarono ed ebbero una vita felice...

Le mie gambe tremavano.
Ero agitata, non ero abituata a raccontare queste vicende, odiavo essere guardata con il solito sguardo di chi pensava 'oh poverina suo padre è morto quando lei aveva appena 16 anni'. Mi girai verso Tom catturando il suo sguardo con il mio.

Io: Fin da quando ero piccola lui provò in tutti i modi a trasmettermi la sua passione per la musica e in parte ci riuscì, ma io non sono mai stata in grado di suonare la chitarra...

Dissi con un sorriso malinconico mentre sulla pelle delle mie braccia apparivano dei piccoli brividi.
Bill appoggiò la sua mano sulla mia coscia.

Io: Qualche anno fa gli fu diagnosticato un tumore che lo portò a perdere la vita l'anno scorso... Pochi giorni dopo iniziai a conservare tutte le mie cose fino a quando non mi trasferì qui...

Un'espressione sconvolta si imprimeva sul viso di Tom. Rimasero in silenzio mentre io abbassavo il capo.

Io: Comfortably Numb era la sua canzone preferita, l'avrò sentita suonare da lui un miliardo di volte... sentirtela suonare mi ha riportato alla mente lui.

Tom si avvicinò verso di me e mi abbracciò.
Un abbracciò così non mel'aveva mai dato nessuno, mi teneva stretta a se, riuscivo a sentire il suo profumo stuzzicarmi le narici proprio come la sera prima. Mi sentivo accolta, con la testa nell'incavo del suo collo facendo così appoggiare la sua guancia alla mia per poi lasciargli un bacio. Una lascima scese sul mio viso ma la asciugai velocemente, riuscendo a trattere tutte le altre che avrebbero tanto voluto imitare la prima. Bill si unì all'abbraccio appoggiando la fronte sulla mia schiena. Ero grata di tutto l'affetto che mi stavano dando, affetto che non avevo mai ricevuto se non per brevi istanti della mia vita.

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Ragazzuoli, come state? Spero che la storia vi stia intrigando sempre di più...
Tengo tantissimo a questo capitolo perchè quando lo scrissi piansi davvero cercando di immedesimarmi il più possibile a Nina.
Un bacio❤️

•69_DirtyMind_69

Tired Heart || Tom Kaulitz Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora