29 - L'ARMADIO DEI RICORDI (1)

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Rabbia, frustrazione, disperazione. Dentro a Ismel era rimasto solo un calderone di sensazioni brutte, le sensazioni spiacevoli che fanno vedere tutto nero, a prescindere. La speranza di successo, l'esaltazione per ciò che aveva fatto, la serenità e la rilassatezza che provava mentre assorbiva l'energia... Tutto svanito. O almeno, lui non le sentiva più. La distruzione della sentinella era stata per lui, un colpo durissimo. E non solo morale, ma anche fisico. Aveva percepito il dolore, l'impotenza e qualcosa di suo che veniva strappato via, irrimediabilmente. Stava per sconfiggere l'omone e ci aveva creduto sul serio. Non sembrava poi questa gran minaccia; aveva provato a fare chissà che con le mani, ma non era successo nulla, nemmeno quando si era arrabbiato e il potere dentro di lui era cresciuto d'intensità. Ismel l'aveva sentito vibrare, come aveva vibrato il suo di risposta. Dopotutto quel potere era sua sorella o, meglio, una parte di essa; un potere enorme, a cui lui era in qualche modo legato. Ma aveva appurato che quelle persone, nonostante l'immensa forza che gli era stata donata, erano pur sempre uomini (e una ragazzina), mortali, deboli contro le sue sentinelle, molto più forti sotto ogni aspetto. I suoi soldati non riuscivano ad avvicinarsi a loro, usando l'energia, ma senza, sì. Alla "vecchia maniera", come aveva detto l'omone, e potevano essere schiacciati come insetti. E stava accadendo, anzi, poteva già essere accaduto se la sentinella avesse colpito l'omone nel modo giusto, al primo tentativo; una botta in testa, data da una delle mani dei suoi soldati, sarebbe bastata. Ma non era accaduto! Era intervenuto l'altro, il suo compare e, chissà come, aveva sprigionato l'energia, e lui aveva solo potuto assistere inerme alla sconfitta del suo soldato. Il risultato era stato che aveva perso uno dei suoi e la quantità d'energia che lo formava si era dissolta nell'aria, mentre quei due erano ancora vivi, così come la ragazzina, che, in quel momento, aveva perso di vista. Del ragazzo grasso non aveva più saputo nulla, assolutamente niente. L'unica volta che l'aveva visto era stato nella strada adiacente a quel capannone, e il fatto che l'omone e il suo compare fossero proprio lì, era un forte indizio che forse si erano incontrati. Cominciava a temere che potessero essercene degli altri e aveva il fortissimo presentimento che loro lo sapessero. Li stavano cercando? Si trovavano lì per questo? Quasi sicuramente sì, altrimenti perché separarsi dalla ragazzina? Perché scindere l'energia? Perché indebolirsi? Insieme erano molto, molto più forti. Aveva commesso un errore, ora lo capiva. Si era lasciato sopraffare dall'ingordigia, come la chiamavano su quel patetico pianeta. Aveva estratto quasi tutta l'energia dalle persone, si era rafforzato oltre le sue più rosee aspettative, eppure era ancora lì che succhiava, mentre lasciava scorrazzare serenamente gli unici individui che potevano seriamente sconfiggerlo. Aveva dato ascolto alla parte sbagliata di sé. Un'idea agghiacciante s'insinuò in lui come una lama, un'idea talmente terribile che ne sentiva il peso e gli procurava dolore: stava diventando uno di loro! Aveva subito assunto le loro sembianze, appena arrivato; era stato necessario e, fondamentalmente, non aveva avuto scelta; poi, lentamente, assorbendo l'energia, stava cominciando a pensare come loro, a provare le loro paure, a gioire come gioivano, a sbagliare, cadendo negli stessi errori che commettevano. In pratica, più si rafforzava, più s'indeboliva! Scacciò subito questa fastidiosa mosca dalla sua testa. Come poteva pensare questo? Lui non era come loro e mai lo sarebbe stato! Era più forte, li aveva svuotati del tutto, quasi tutti, e poteva prendersi l'intero mondo. Aveva fatto un errore, ma poteva rimediare. Nulla era compromesso! "E ho fatto bene a rimanere! Se me ne fossi già andato, il potere di mia sorella sarebbe rimasto libero, incontrollato. Sarebbero venuti a cercarmi un giorno, chissà. E poi?"

Intanto aveva concluso l'estrazione anche la sentinella nella bolla più grande di tutte (in Cina); aveva quindi ordinato a tutte le altre, precedentemente sguinzagliate alla ricerca di eventuali fuggiaschi, di rientrare. Era inutile perdere altro tempo; ormai disponeva del potere sufficiente per eseguire i progetti che aveva in mente. Si ripromise che, a vittoria conquistata, avrebbe valutato se andare a prendersi anche gli ultimi barlumi rimasti, nei pochi (ne era sicuro), eventuali sopravvissuti. Ora era il momento di agire in prima persona.

VuEffe (parte 3) - I tormentiWhere stories live. Discover now