Capitolo 1: Incontro inaspettato

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La mattina del 9 novembre del 2012 c'era un tempo da cani e non sembrava proprio il caso di andare a scuola. 

Purtroppo mia madre pensava che fosse una giornata come un'altra.

«Mirco, sveglia! Rischi di arrivare tardi!» urlò lei dal piano inferiore.

Controvoglia mi trascinai fuori dal letto. Giocare alla playstation fino alle due del mattino aveva lasciato il segno, ma non potevo dirlo ai miei.

Mio padre, il grande avvocato Leonardo Tremi, cercava sempre una scusa per criticare l'istituto che avevo scelto. Mia madre a causa di ciò finiva sempre per litigare con lui.

Finito di lavarmi, applicai un po' di gel sui miei capelli neri, quindi mi vestii con un paio di jeans  blu chiaro strappati in qualche punto e un maglione blu scuro.

Dopo aver sceso le scale con il mio fidato zaino, salutai mia madre e mio padre. Quest'ultimo, già vestito in maniera impeccabile, non badò a me, forse perché troppo impegnato a leggere il suo giornale mattutino.

Il contatto con l'aria fredda di novembre mi colpì con prepotenza, ma non mi fece fermare.

L'istituto che frequentavo si trovava a soli venti minuti a piedi da dove vivevo. Il primo quadrimestre al liceo artistico statale Caravaggio stava trascorrendo, giorno dopo giorno, senza che succedesse mai niente di emozionante.

Una volta varcato il cancello di ferro nero mi diressi come un razzo dentro all'enorme edificio,  verniciato in marrone chiaro con le tapparelle di color terracotta. 

Avevo perso tempo lungo il cammino per fare degli schizzi delle vie. Sebbene alla prima ora avessi la gentile professoressa Bianchi, non volevo rischiare di arrivare in ritardo. 

«Ragazzi, oggi è una giornata molto speciale: avremo con noi una nuova studentessa. Si è iscritta qui dopo essersi trasferita nelle vicinanze. Date un caloroso benvenuto ad Asha Haile» annunciò con voce squillante e allegra la professoressa Bianchi, arrivata pochi secondi dopo essermi seduto al mio posto.

Fu un colpo tremendo. Mai mi sarei aspettato di rivederla al mio primo anno di superiori.

Erano passati quasi quattro anni, oramai, eppure ero sicuro che lei non avesse dimenticato quello che era successo. Io non lo avevo fatto di certo.

Non appena entrò, l'attenzione di tutti fu proiettata su di lei. O meglio sul mezzo su cui si stava muovendo.

«Spero che siate abbastanza maturi da non fare sentire a disagio la vostra nuova compagna» continuò la professoressa, volgendo lo sguardo dalla classe alla ragazza. 

«Che bel mezzo» sussurrò Alessio con tono di scherno dalla fila di banchi vicina alla mia. 

Lo sentii in modo chiaro, ma per sua fortuna fui l'unico. 

«Vuoi dire qualcosa, prima di prendere posto?» chiese la professoressa con tono dolce.

«La sedia non può andare oltre i dieci chilometri orari e non potete provarla» asserì lei con voce annoiata.

Un'esplosione di risate si sprigionò nell'aria. Aveva fatto colpo, almeno così speravo per lei.  

La professoressa, in visibile imbarazzo, rimase con la bocca semiaperta e mentre cercava le parole appropriate, Asha si diresse da sola verso l'unico banco non del tutto occupato, il mio. 

«Spero non ti offenda, se non faccio battutine, visti i nostri trascorsi» le dissi con un fil di voce e gli occhi fissi sul suo viso. 

«Cosa? Io non... no. Tu!» affermò con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta.

Filo rosso d'inchiostro [Prima stesura]Where stories live. Discover now