Capitolo 15: Il dolore dei vivi

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Durante il tragitto, per arrivare alla casa dove viveva Giulia, mio padre tentò invano di consolarmi attraverso discorsi filosofici e religiosi, mentre io guardavo le gocce di pioggia sul finestrino. 

Arrivati in prossimità della meta, domandai atono:

«Se lei è morta per qualcosa di più grande di lei, vuol dire che non è mai stata libera di vivere sul serio?»

Mio padre con un sopracciglio inarcato e bocca semiaperta, tentennò qualche secondo, prima di rispondere.

«Certo che era libera, anzi fin troppo. Se mio fratello fosse stato più... »

«Continua» lo esortai dopo aver notato il pentimento nel suo sguardo.

«Oggi non è il caso. Siamo arrivati, scendiamo.»

Scesi dall'auto parcheggiata, ci dirigemmo al cancelletto grigio, che fungeva da ingresso per una piccola villa bianca a due piani e citofonammo.

Quasi subito, sentimmo il trillo del cancello che ci permise di entrare.

All'ingresso trovammo ad accoglierci Marco, il padre di Giulia, un uomo sui trent'anni con capelli neri scompigliati, occhi color nocciola, una barbetta nera e vestito con un maglione grigio, pantaloni neri e in ciabatte. 

Prima ancora che potessi dire qualsiasi cosa, lui mi abbracciò e iniziò a piangere.

«Marco, co-»

«Sta zitto!» interruppi mio padre, per poi ricambiare l'abbraccio e versare lacrime insieme allo zio.

Dopo qualche minuto, l'uomo si staccò da me e affermò:

«Lei aveva iniziato di nuovo a parlare di te negli ultimi giorni.»

«La frequentavi?» domandò mio padre  accigliato con una punta di irritazione nella voce. 

«L'ho rivista dopo anni diversi giorni fa, mentre faceva... lei faceva dei graffiti. Sembrava felice.» 

Mio padre con sguardo furente e con la mascella contratta trattenne a fatica ciò che avrebbe voluto dire, mentre suo fratello con espressione mesta mi chiese:

«Ti ha parlato di un suo ex?»

Pochi istanti dopo risposi con un secco: «No. Non mi ha detto neppure che si drogava.»

«Era pulita. Non è stato facile ma...»

«Non è il caso di pensarci ora. Purtroppo tutto quello che puoi fare e vivere» disse mio padre, mentre si passava una mano sulla fronte.

«Parli facile» rispose Marco con un sorrisetto, scaturito dall'irritazione per la freddezza di suo fratello.

«Marco, io... ti prego di non fraintendere... Non ho detto che sarà facile.»

A quel punto, mio zio scoppiò in una risata isterica, per poi sferrare un pugno allo stomaco di mio padre. 

«Sei un freddo pezzo di merda!» lo insultò mio zio per poi darci le spalle e andare nel salotto.

Rimasi così allibito che mi ripresi a muovere solo dopo che mio padre agonizzante mi scosse un braccio.

«Io vi lascio, resto qui fuori» disse con lentezza, senza guardarmi e piegato in due.

Dopo che lui uscì, camminai adagio verso il salotto mentre con lo sguardo studiavo i piccoli quadri appesi alle pareti del bianco corridoio.

Notai che nulla era cambiato rispetto all'ultima volta che ero stato lì, mentre mi accingevo a varcare l'ingresso del salotto vidi mia madre chiedere scusa a mio zio.

Filo rosso d'inchiostro [Prima stesura]Where stories live. Discover now