Capitolo 16: Il giorno dopo

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La prima notte a casa dei nonni mi sembrò eterna.

Non avevo nulla che potesse farmi stancare e addormentare su quello scomodo letto nella camera per gli ospiti, così diversa rispetto a quella in cui ero abituato a dormire.

Non mi ero mai reso conto di quanto la notte potesse essere lunga e tediosa.

Quando non riuscivo a dormire avevo sempre trovato dei passatempi come giocare alla play oppure disegnare. Lì non avevo nulla, nemmeno un libro.

All'inizio avevo provato a contare le pecore per cadere nel sonno, ma l'agitazione per quello che avevo passato quel giorno era troppo forte.

Le lacrime non volevano smettere di bagnarmi il viso, mentre i miei pensieri spaziavano in maniera morbosa dall'ultima conversazione fatta con Giulia al gesto di mio padre.

Pensai che avessi sopportato troppo in un giorno. Come era possibile che mio padre non se ne fosse reso conto? Sua nipote era morta e lui aveva lo stesso trovato il coraggio di comportarsi da squilibrato!

A una certa ora, per calmarmi, lo immaginai più volte senza soldi e vestito da barbone mentre implorava il perdono di mamma. 

Mi dava soddisfazione vederlo in quello stato miserabile e privo di dignita.

A un certo punto di quella orribile notte, realizzai che non ero io quello che stava soffrendo di più.

La mamma aveva pianto per ore, dopo essere entrati in casa dei suoi genitori, mentre io ero stato troppo occupato ad augarare il cancro alla bestia che ci aveva sbattuto fuori dall' auto. 

Grazie a non so quale divinità, i nonni erano riusciti a calmarla e a darle abbastanza serenità affinchè si addormentasse sul divano verde scuro, nel loro soggiorno, con le pareti piene di foto di loro tre e anche qualcuna dove c'ero io da piccolo.

Prima delle undici di quella maledetta notte, la nonna era venuta più volte da me per assicurarsi che stessi dormendo, solo per poi andarsene a capo chino e con un espressione abbattuta. 

Alle sette del mattino, la noia prese il soppravvento sulla mia voglia inconcludente di dormire e mi fece alzare con l'intento di farmi fare una doccia.

Il bagno era più piccolo e con qualche crepa in più rispetto a quello di casa mia ma era pulito.

Dopo che mi tolsi i vestiti, mi infilai nella doccia e passai diversi minuti a imprecare perché non riuscivo a evitare di scottarmi o congelare.

Mia madre accortasi della mia situazione, da dietro la porta del bagno mi chiese di portare pazienza e che non aveva ricambi puliti per me.

Per un momento mi sentii sprofondare nella vergogna. Come avevo fatto a non pensarci?

Per fortuna, non ebbi il tempo di trovare una soluzione poiché mia madre entrò con un accappatoio blu.

«Il nonno mi ha detto che puoi usarlo senza problemi. Più tardi andremo a fare un po' di compere.»

Dopo qualche istante di confusione, causato dalle parole della mamma, presi l'indumento e lo indossai per poi chiedere:

«Non possiamo tornare a casa?»

Mia madre con le labbra increspate e gli occhi aperti in due piccole fessure, tentennò qualche secondo prima di rispondere.

«Cercherò di risolvere in qualche modo. Se serve andrò... dalla polizia.»

Fui sollevato da quelle parole. Non mi importava di mio padre e nemmeno mi importava di dover rimanere a casa dei nonni per un po' di tempo. Mi bastava sapere che quel individuo non sarebbe più apparso nelle nostre vite.

Filo rosso d'inchiostro [Prima stesura]Where stories live. Discover now