Capitolo 14: Perdita improvvisa

64 18 60
                                    

Il mattino successivo, prima che potessi uscire per andare a scuola, fui bloccato in salotto dai miei genitori.

Avevano da poco finito di parlare al telefono con qualcuno. Non li sentii con attenzione, ma era chiaro fosse capitato qualcosa di terribile.

Mia madre era mesta in volto mentre mio padre sembrava nervoso.

Trascorsi una manciata di secondi, dopo aver chiesto con calma spiegazioni, senza successo, sbottai.

«Ditemi cosa è successo!»

«Ieri pomeriggio, è successo qualcosa di terribile» asserì mia madre con un fil di voce per poi abbassare la testa e mettersi una mano su entrambi gli occhi.

«Cosa?» chiesi mentre il mio sguardo saettava in continuazione da mia madre a mio padre.

Dopo pochi secondi di silenzio, scanditi dal martellare del mio cuore, mio padre, serio e pacato, aprì bocca.

«Tua cugina Giulia è... morta.»

Per pochi secondi mi sembrò di non sentire e percepire più nulla.

Mia madre accortasi della situazione si fiondò ad abbracciarmi, per poi sprofondare in un pianto sommesso.

Il profumo dello shampoo che aveva usato quella mattina entrò con prepotenza nelle mie narici, ma non fu quello a farmi ridestare e a spingerla via da me.

«Non può essere!» urlai più volte, mentre scuotevo la testa con gli occhi chiusi.

Pochi istanti dopo la freddezza e la rabbia di mio padre mi fecero zittire

«Smettila! È così! Vuoi vedere il cadavere? Al funerale potrai farlo! È and-»

Un ceffone di mia madre lo interruppe e fece calare di nuovo un silenzio carico di tensione nella sala.

«Non ci credo... è... è sol-»

«È morta» mi interruppe mio padre con lo sguardo rivolto verso mia madre.

Con gli occhi spalancati e lo sguardo colmo di collera, mia madre gli chiese:

«Qual è il tuo problema?»

Mio padre con la bocca semiaperta e gli occhi sbarrati le rispose urlando:

«Ho detto solo la verità!»

Subito dopo, corsi via a perdifiato da quella casa con il volto rigato dalle lacrime e con il freddo che mi colpiva la faccia. 

Non avevo idea di cosa stessi facendo e nemmeno di dove andare.

Arrivato a una fermata deserta dei pulman, mi accasciai sulla panchina per riprendere fiato.

Riposatomi abbastanza, con mano tremante presi il mio cellulare per chiamare Giulia. Mentre cercavo il suo contatto, vidi che i miei avevano provato a telefonarmi diverse volte, senza esito.

Dopo averlo trovato con un groppo in gola e con qualche attimo di esitazione, telefonai.

Rispose solo la segreteria telefonica. 

In preda allo sconforto e al panico mi alzai per andarmene con una mano sullo stomaco e con l'altra che teneva il cellulare, ma dopo pochi passi un conato di vomito mi fece piegare in due.

Visto da un estraneo sarei sembrato un malato terminale o un ubriacone, ma in quel momento non aveva importanza, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era Giulia.

Lo squillo improvviso del mio cellulare mi fece sussultare e sperare in un miracolo. Senza neanche guardare sullo schermo, premetti il tasto verde e accostai il cellulare al mio orecchio.

Filo rosso d'inchiostro [Prima stesura]Where stories live. Discover now