Capitolo 877: ...ogni dì ci pareva vederveli drento.

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Machiavelli era partito da poche ore, giusto quella mattina, lasciandosi alle spalle una Firenze fredda e coperta da una coltre che prometteva neve, quando un messaggero lo raggiunse al galoppo, per porgergli una lettera a suo dire molto urgente scritta dai Dieci di Balia.

L'uomo ringraziò, e, senza chiedere alla sua piccola scorta di fermarsi, domandò se ci fosse bisogno di dare una risposta immediata. Quando il messo scosse il capo, Niccolò fece imperiosamente cenno ai suoi sparuti accompagnatori – giusto un paio di servi che gli sarebbero serviti anche una volta giunto a Roma – di ritornare al passo svelto di poco prima.

Ondeggiando all'andatura cadenzata del suo cavallo, Machiavelli si tolse un momento la berretta, passandosi una mano tra i capelli tagliati di fresco. Gli dava sempre una strana impressione trovarsi senza il suo consueto ciuffo di ricci ribelli, ma aveva valutato che una bella spuntatina fosse indispensabile, per apparire serio e composto davanti ai grandi prelati dell'Urbe. Sua moglie Marietta gli aveva fatto notare che, conciato a quel modo, si vedeva che stava cominciando a perdere un po' i capelli, ma lui vi aveva dato poco peso. La Corsini era vicina al parto – non poteva mancare più di un mese – ed essendo già la seconda gravidanza, Niccolò sapeva che la moglie tendeva a farsi estremamente critica nei suoi confronti in quei frangenti, anche quando non ve ne era reale motivo.

Mettendo da parte le preoccupazioni verso la calvizie incipiente, l'uomo si rimise in testa la berretta e, tenendo le redini con una mano sola, aprì la missiva dei Dieci e cominciò a leggere, sicuro che sarebbero bastati gli occhi del cavallo, per non perdere la via.

Dopo i convenevoli, la lettera riportava scritto: 'Questa mattina, immediate dopo la partita tua, ci furono nuove lettere da Roma, et intendiamo per esse il reverendissimo cardinale di San Giorgio dolersi gravemente di noi che disfavoriamo e nipoti suoi al ritornare in Furlì, ricettando et aiutando lo Ordelaffo; di che abbiamo avuto dispiacere grandissimo per la qualità dell'uomo, ad chi abbiamo sempre fatto volentieri piacere, et per notarci tacitamente di ingratitudine, da che sempre questa città fu aliena quanto verun'altra'.

Machiavelli fece un lungo sospiro e passò a leggere la parte che più lo interessava. I Dieci gli spiegavano come fosse importante che lui sottolineasse, con il Cardinale Sansoni Riario, come il rischio di far cadere la Romagna in mano ai veneziani fosse tangibile, tanto che 'ogni dì ci pareva vederveli drento'. Doveva poi ricordare come i figli della Tigre non fossero molto apprezzati, in Romagna, Firenze non se l'era sentita di far pressioni per far tornare uno di loro al comando. Di fatto, anzi, la Repubblica non aveva favorito né l'uno né l'altro, lasciando che le cose andassero come dovevano, come da volontà degli stessi romagnoli.

I Dieci consigliavano anche di far presente come l'Ordelaffi, per i Riario, fosse il male minore: sarebbe infatti stato molto più facile un domani prendere le terre a lui, infermo e senza figli, che non a Venezia. In questo caso, Firenze sarebbe stata a disposizione.

'Et ogni volta che si possi sperare di rimettervi questi suoi nipoti, noi vogliamo essere i primi ad favorirli, perché con lo Ordelaffo non si ha obbligo alcuno, et con i suoi nipoti se ne ha infiniti' si arrivava a leggere nella missiva.

I Dieci si raccomandavano di fare un discorso accorato, convincente, animoso se necessario, pieno di ipocrisia, secondo Machiavelli, ma che non lasciasse dubbi al Cardinale Raffaele Sansoni Riario sull'appoggio sicuro di Firenze.

La lettera, poi, si concludeva rinverdendo l'invito a esporre l'offerta fiorentina per l'elezione del nuovo pontefice, e Niccolò comprese che tutto il panegirico letto appena prima non avrebbe avuto alcuna ragione d'essere, se la Repubblica non fosse stata letteralmente terrorizzata all'idea che venisse eletto Giuliano Della Rovere e, di conseguenza, che il nuovo papa ritenesse i fiorentini dei mezzi traditori per colpa di quanto accaduto in Romagna, ai danni delle terre che sarebbero spettate, nell'ottica dei Riario, a Caterina Sforza o, al massimo, a uno dei di lei figli.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (parte VI)Où les histoires vivent. Découvrez maintenant