Capitolo 885: Dipoi si accorderebbe co' Viniziani, e con il Diavolo...

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Machiavelli trovava che quel 18 novembre fosse particolarmente freddo, a Roma. Non riusciva, però a capire se i brividi che lo stavano prendendo fossero dovuti solo alla pioggerella fitta e gelida che cadeva sulla città o anche alla contrarierà che non riusciva a soffocare verso le decisioni di Firenze.

Dopo una prima lunga parte di colloquio con il papa in cui si era parlato di tutt'altro, infatti, Niccolò era arrivato a dover notificare a Giulio II la decisione – apparentemente irrevocabile – della Signoria circa il voler negare il salvacondotto al Valentino.

Quasi gli sembrava di sentire la voce di un altro elencare meccanicamente tutti i motivi che Firenze aveva trovato per evitare di concedere quel beneficio al Borja e dunque avvertì uno straniamento ancora più fastidioso quando udì la voce del pontefice dire: "Mi va bene così. Sono d'accordo in pieno."

Machiavelli tacque, quasi felice di non dover proseguire nello sciorinare il perché e il per come secondo la Signoria Cesare non fosse degno di un salvacondotto, mentre il papa pareva entuasiasta di aver trovato una simile opposizione nei toscani.

Il Della Rovere alzò la testa e fece un profondo respiro e poi disse: "Mi sembrano mille anni che possa togliermelo da dinnanzi... E, badate bene, non posso lamentarmene, non posso dolermi dell'osservanza della fede... E posso comunque potermene avvalere nelle cose di Romagna a qualche mio proposito.... Non mi chiudo la via al poterlo usare..."

Machiavelli, che trovava quel discorso un po' nebuloso, perché da un lato il pontefice aveva espresso più volte il desiderio di liberarsi una volta per tutte dal Valentino, mentre ora parlava di usarlo per i suoi scopi, si schiarì la voce e provò a parlare, ma Giulio II l'anticipò.

Sistemandosi sul suo scranno, spostando il peso da una natica all'altra per alleviare il fastidio dovuto alla posizione fissa che manteneva ormai da ore, precisò: "Di quello che voi fiorentini o altre persone farete contro il Duca di Valentinois non me ne curo."

Il tono che usò fu sufficiente per il fiorentino per capire che il piano ultimo del Santo Padre fosse quello di tornare personalmente in possesso di tutte le terre romagnole, a prescindere da Cesare Borja. Se avesse potuto usarlo in qualche modo a suo vantaggio, ne sarebbe stato lieto, ma se proprio ne fosse stato privato per qualche vendetta di terzi o chissà che altro, non ne avrebbe fatto un dramma.

Il papa continuò il suo discorso per mezzo di frasi lasciate in sospeso e nebulosi panegirici che, forse, avrebbero dovuto confondere Machiavelli, che, invece, aveva colto appieno il progetto ultimo del Della Rovere.

Giulio II aveva come unico obiettivo quello di entrare in possesso delle terre di Romagna che erano o erano state del Valentino e aveva intenzione di appropriarsene o con le buone o con le armi. La sua idea, al momento, era quella di sfruttare le mire veneziane raggirando il Doge e facendo in modo che alla fine i condottieri della Serenissima cedessero al papato le terre, ma, se questo fosse stato impossibile, avrebbe fatto in modo di isolare Cesare Borja ancora di più, ponendolo poi dinnanzi a un semplice quesito: salvare la propria vita o quelle poche terre che ancora erano formalmente in suo possesso.

Quando Giuliano non ebbe altre frasi sibilline da sciorinare a Niccolò, questi chiese permesso e si ritirò nei suoi alloggi. Si mise subito alla scrivania, cercando di riassumere, rielaborandole, le parole del pontefice in modo che la Signoria comprendesse il vero scopo di tutti i maneggi papali.

Attanagliato ancora dal freddo, lasciò a un certo punto la lettera a metà e, per vedere se riusciva a scaldarsi, prese addirittura il suo mantello da viaggio imbottito di pelliccia e se lo mise sulle spalle.

Le fiamme del camino erano accese da ore, ma chi lo ospitava – forse per via della scarsa provvigione offerta da Firenze – sembrava voler risparmiare molto sulla legna da ardere e dunque il calore che scaturiva dal focolare era sufficiente per intiepidire appena la stanza.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (parte VI)Where stories live. Discover now