2

16 1 2
                                    

Perth, Australia, 21 Dicembre 2089

Stephen spense il vecchio computer rimanendo a fissare il monitor per qualche secondo ancora.
Ancora qualche secondo.
Ancora uno.
Uno in più.
Basta.
Basta.
Aveva salutato chi doveva salutare.

Si voltò verso la piccola, sudicia stanzetta. Sulle sedie, intorno al tavolo di plastica opaca, c'erano Amy, sua moglie da più di trent'anni, Joe, Charlene e Rob, il vecchio Rob, quello che correva ancora dietro alle belle ventenni di fuori e le faceva ridere col suo essere essere un arguto sporcaccione ultranovantenne dalla battuta pronta.
Joe e Charlene erano suoi amici da una vita. Eterni fidanzati. Non si erano mai sposati ma convivevano da quasi sedici anni. Avevano trovato il loro buco nei nuovi comprensori edilizi nel deserto, quando ancora non c'era penuria d'acqua, e non si erano più separati. Come lui e Amy, che avevano rinnovato il contratto matrimoniale anno dopo anno. Lei aveva sempre voluto rimanere la signora Gould, nonostante l'opinione di parenti, amici e vicini. Si era chiacchierato così tanto di loro, nel circondario, che dopo qualche tempo si erano tutti stufati ed erano passati ad altri argomenti.
Certo, non era del tutto normale che una coppia restasse unita così a lungo, ma si erano sposati tardi, verso i sessanta, e non avevano proprio voglia di restare soli, di lasciarsi. Si erano trovati. Stavano bene.
Stephen si alzò e andò a sedersi con loro.
«Ho portato i vostri saluti a George, Lucy, Ann e tutti quelli di Sidney. Dicono che faranno tutto stasera, verso le tre ora della Rete. Pensano all'oceano.»
Ci fu una pausa di spento silenzio.
«Mi chiedo sempre se è tutto necessario, Steve, » disse sua moglie, «davvero non possono esserci altre soluzioni? Davvero dobbiamo...»
«Beh, sicuramente dovremmo. Se vuoi puoi non farlo, lo sai. È una scelta. Siamo liberi. Ti amo, Amy. E ti conosco, anche. Non posso costringerti a fare qualcosa che non vuoi, non mi è mai passato neppure per la testa.»
Amy intrecciò le dita sul tavolo in quel modo così caratteristico, tutto suo.
Joe e Charlene si guardarono imbarazzati, si scambiarono un piccolo segno di intesa e lei prese la parola.
«I dati che abbiamo parlano chiaro. Io mi sento di farlo. Credo che glielo dobbiamo. In fondo è prevalentemente colpa nostra. E dei nostri genitori.»
«Non sto provando a ricattarti con l'amore, tesoro,» riprese Stephen, «ma io lo farò. Che Dio mi perdoni, lo farò. Ho studiato il problema per anni. Devo. Anche per Linda.»
«Giusto,» intervenne Rob, scuotendo il bastone, «diavolo, ormai quella ragazzina ha l'età per farsi una famiglia!»
«E io voglio darle questa possibilità. È la nostra nipotina.»
Amy guardò il marito con le lacrime agli occhi. Si torse le mani. Sapeva che era giusto.
«Faccio un caffè,» annunciò. «Chi ne vuole? Non è vero caffè, ma non è male.»
Tutti dissero di sì e lei si alzò per andare allo scalcinato fornello elettrico sistemato in un angolo, vicino alla piccola credenza grigia. La aprì e la vide quasi vuota. Quella mattina, con gli ultimi soldi, Stephen aveva impacchettato tutto il cibo rimanente e lo aveva mandato per posta a Frank ed Elena, sua moglie. Neppure loro se la passavano molto bene, come d'altronde tutti in quegli ultimi anni, e quelle poche provviste in più gli avrebbero fatto comodo.
Si fa qualsiasi cosa per i figli.
Per i nipoti.
Quello che restava dopo la spedizione erano sei pacchetti di razioni governative, tre bustine di caffè solubile, una bottiglia d'acqua e mezzo barattolo di aringhe sottolio. Rarissime, quelle. Non le avevano spedite perché stavano andando a male e quindi a Frank, Elena e Linda non sarebbero servite.
Poca roba.
Ma non avevano bisogno d'altro.
Tirò fuori il bricco e cominciò a scaldare un po' d'acqua. In fondo erano fortunati.
Si diceva che a Melbourne ci fossero un sacco di omicidi per l'acqua. Chi ne aveva la nascondeva bene perché era inestimabile. La situazione non era così male ovunque, sia in Australia che fuori, almeno a sentire i notiziari della Rete.
In Europa, per esempio, si stava meglio. C'erano ancora abbastanza riserve per far funzionare il sistema idrico, anche se solo per qualche ora al giorno.
In America, dopo tutti gli sprechi del primo duemila, solo lo stato di Washington D.C. era ancora approvvigionato. Si diceva che il presidente si lavasse tutti i giorni, cosa che suscitava non poco scontento popolare. Ma l'America era un paese di pazzi.
Non è che ci fosse poca acqua in assoluto. Semplicemente non ce n'era abbastanza per tutti.
Nonostante questo praticamente chiunque aveva un minipad in casa, o almeno un vecchio PC, tranne che nei paesi più poveri e disastrati. Lì la popolazione era rimasta al televisore, a volte neppure quello. Le sembrava una condizione irreale. La Rete era stata una presenza costante nella sua vita, come in quella di suo marito e tutti quelli della loro generazione. Ci erano nati dentro. Rob, che era il più anziano, ricordava ancora i giornali stampati, ma nessuno di loro ne aveva mai visto uno se non in qualche museo del modernariato. Suo padre, quando Amy era piccola, se ne lamentava sempre, perché lui era abituato al vecchio supporto.
Lei trovava che la Rete fosse molto più comoda, anche per quello scopo, e in più non si tagliavano alberi. Erano quasi tutti spariti, tranne che in alcune zone molto ridotte, gelosamente conservate. Stampare su carta, per quel che ricordava, era diventato un crimine contro l'umanità già nel 2042.
Persa sull'onda di questi pensieri si accorse di aver rovesciato un po' di caffè sul ripiano. Istintivamente lo raccolse in una mano, con grande cura, togliendo i granelli residui con l'indice, uno per uno.
Che sciocca.
Si fermò e si scrollò le mani nel secchio per l'immondizia.
Capì che non aveva più bisogno di stare così attenta a certe stupidaggini e in quel momento si rese conto che, nel profondo del cuore, aveva già deciso cosa avrebbe fatto.

L'ultimo dono possibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora