7

7 1 0
                                    

Nella notte della Rete - 21/ 22 dicembre 2089

Le coste del Brasile furono invase di anziani dal passo lento. Nessuno si domandò seriamente cosa stesse succedendo se non quando fu troppo tardi. Novanta milioni di persone si riversarono nel mare limpido e si lasciarono annegare come lemmings. Nell'entroterra, altri milioni posero fine alle loro vite con metodi più convenzionali, per quanto deboli o impediti fossero, da soli o meno che fossero.

Scene simili si videro in Europa, nel paese che un tempo era stata la Norvegia, dove i fiordi si riempirono di corpi ammassati in un'orrenda, folle, blasfema comunione. Le volocamere della Rete arrivarono sul posto solo molto dopo.

A Roma il Circo Massimo e la spianata dove un tempo svettava il Colosseo divennero enormi cimiteri a cielo aperto in meno di mezz'ora, fra gli schiocchi secchi dei colpi di pistola. Tutto l'evento fu ripreso. Qualcuno tentò di fermare i suicidi, senza peraltro incontrare resistenza. "Sì hanno provato a fermarci," disse un anziano sopravvissuto in un'intervista di qualche ora dopo, "ma perché opporsi? Non avremmo mai potuto far loro del male. Non vogliamo farvi del male. Facciamo questo proprio per non farvi più male". Poi, fissando in terra con le lacrime agli occhi, sfilò una Beretta da chissà dove, se la puntò alla testa e fece fuoco.

In molti luoghi gli anziani scelsero modi meno clamorosi di andarsene. La maggior parte morì nella propria casa, o in qualche luogo di riunione, senza far rumore. Alcuni non ressero e ci ripensarono.

Quando il sole ebbe percorso l'intera estensione del pianeta, quattro miliardi e novecentoquaranta milioni di persone, corrispondenti all'incirca ai nove decimi di popolazione mondiale sopra i settant'anni, si erano tolti la vita con ogni mezzo, molti senza lasciare nessuna lettera, nessuna spiegazione.

Quella sarebbe venuta dopo, una soltanto, per tutti.

Venne fuori che nella cassetta di sicurezza lasciata all'umanità c'erano alcuni SSD contenenti progetti, analisi costi/benefici e di fattibilità, suggerimenti economici, persino alcune nuove tecnologie: un patrimonio unico di pensiero utile. Diverse proposte tecniche per lo smaltimento dei corpi, anche, fra cui quella di trasformare di tutta quella biomassa in combustibile o concime per nuove coltivazioni. Il mondo urlò e si contorse.

Poi c'erano i dati.
Rapporti raccolti fin dal 1960 riguardanti il ritmo di crescita della popolazione, il tasso di mortalità infantile, i nuovi ed inaspettati effetti collaterali della globalizzazione su modello americano, previsioni per lo sviluppo sostenibile puntualmente disattese. Tutto.
L'invecchiamento progressivo della popolazione mondiale, unito alla forte natalità dei paesi del terzo mondo, aveva saturato il pianeta nel giro di circa cinquant'anni.
Già nel 2030 più di otto miliardi di persone si uccidevano fra loro per il proprio spazio vitale, dalle enormi arcologie nel deserto australiano agli sterminati complessi sotterranei europei.
L'aspettativa di vita, già per i nati nel 1970, si era elevata fino a più di cent'anni... almeno per gli abitanti dei cosiddetti "paesi occidentali".
Pur non arrivando a tali vette, anche nei paesi più poveri e disastrati tale cifra si aggirava intorno agli ottanta, là dove la media non fosse compensata dalla mortalità infantile.
La produzione mondiale di cibo era calata drasticamente dopo la Grande Guerra Americana tra sud e nord del continente, anche a causa dell'uso di armi all'uranio impoverito che avevano contaminato il terreno.
Scaramucce su larga scala ebbero lo stesso effetto in diverse zone del mondo.
L'acqua, mal ripartita, spesso inquinata e troppo sprecata, non bastava per tutti.
L'alterazione della biosfera dovuta al crescente inquinamento, che pure era molto diminuito nel 2058 per l'improvvisa carenza delle fonti energetiche fossili, era ormai irreversibile. Il deserto si espandeva in ogni punto del globo, accompagnato da inondazioni sempre più devastanti dovute al massiccio scioglimento del ghiaccio polare. Tutto questo non faceva altro che togliere altro terreno alle abitazioni e alla produzione di cibo, fino al punto in cui non fu più possibile rimediare per la semplice mancanza di risorse.
Molte zone equatoriali erano divenute assolutamente inabitabili.
I metalli più facilmente raggiungibili si stavano esaurendo, le miniere erano decimate e producevano pochissimo. Il legno era così raro che produrre carta era considerato un crimine su tutto il pianeta.
La Rete stessa sopravviveva grazie a se stessa e nulla più. Era stata per anni una enorme, tentacolare ameba che era andata inglobando energia, materiali, personale, risorse di ogni tipo, finché non aveva cominciato a crollare sotto il suo peso. Un'infrastruttura ancora in piedi ma in disarmo, quasi vuota tranne che per gli squatters dell'informazione. Anche se per la maggior parte della gente rimaneva l'Oracolo del pianeta, era solo l'ombra di ciò che era stata, non certo un contesto di partecipazione e discussione.

Su questo enorme, rovinoso palcoscenico, l'umanità eseguiva meccanicamente il suo canto del cigno, inconsapevolmente rassegnata al suo termine.
I dati erano noti, ma che soluzioni c'erano?
O meglio: si pensava che, in un modo o nell'altro, le soluzioni sarebbero arrivate.

E la soluzione era, effettivamente, arrivata.
Grazie a cinque miliardi di persone che avevano smesso di produrre decenni prima ma che pure dovevano consumare, mangiare.
E mangiare il cibo dei loro figli, dei loro nipoti.
Cinque miliardi di persone che avevano ridotto il mondo in quel modo, per consegnarlo ai sempre più scarsi bambini, ai rarefatti neonati che vedevano la luce, diafana, su quel pianeta in declino.

Cinque miliardi di persone.
Eroi.
Folli.
Anziani.
Vite.

L'ultimo dono possibileWhere stories live. Discover now