Capitolo 9

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Noah

Quando il display del telefono si illuminò con il numero di Elizabeth, Noah sentì subito che qualcosa non andava. Non si vedevano da prima che lei partisse, quando avevano avuto quel momento che lo aveva tormentato per giorni interi e che era al centro delle sue masturbazioni da una settimana.

Lei non l'avrebbe mai richiamato se non fosse stato urgente, non dopo tutto quel silenzio, così prese il cellulare e rispose.

«Noah?».

«Elizabeth che succede?».

«Noah, penso di aver fatto un casino ieri, mi fa male l'anca. Non posson venire oggi, non riesco a posare il piede a terra. Per caso fate delle domiciliari?».

«Sì, certo, vengo subito».

«No, davvero con calma, fai ciò che devi».

«Liz, sono libero per tre ore, sono in pausa pranzo».

«Va bene, ti ricordi dove abito?».

«Sì».

«Citofona, è il sesto piano. Non c'è ascensore».

Noah recuperò la sua borsa da lavoro, avvertì Kevin, e salì in macchina in pochi minuti. Elizabeth stava male, e il pensiero lo stava uccidendo. Arrivò e parcheggiò l'auto, citofonò al cognome «Evans» e salì di corsa i sei piani di scale. Quando arrivò in cima, con il fiato corto, si trovò di fronte la figura esile della ragazza con indosso solo una maglia gialla ed il braccio teso in equilibrio su una stampella.

«Non dovevi correre».

«Liz, fammi entrare», Noah aspettò che lei si scansasse, ed entrò nella casa. Era un open space con divano rosso, un tavolo per quattro in legno ed una piccola cucina. Su una delle pareti c'erano delle scale che portavano ad un soppalco, erano piccole e ripide. Non adatte alla situazione di Liz.

«Vieni, vuoi dell'acqua?».

«Sì grazie, ma siediti e spiegami che è successo».

Noah prese posto su una delle sedie ed appoggiò i gomiti alle ginocchia, mentre la ragazza si sedeva sul divano, lasciando da parte la stampella.

«Sono tornata dal viaggio due giorni fa e ieri ho aiutato Lily a fare un piccolo lavoro in casa. Lei stava facendo delle cose per il matrimonio, io dovevo mettere delle scatole su un armadio».

«Penso che Kevin ti abbia già detto diverse volte che non devi fare sforzi del genere»

«Lo so, ma è Lily, e ho insistito io, pensavo di stare bene. Sono anche tornata a piedi a casa perché la metro non funzionava. Pensavo fosse tutto okay, ma no».

«Va bene, allora adesso vediamo il problema e poi la chiami. Non puoi stare qui da sola, non mi fido».

«No! Assolutamente no! Le ho detto che ho la febbre, anche a lavoro. No, si sentirebbe troppo in colpa e tra poco si sposa. Non esiste».

«E cosa pensi di fare?».

«Dormire e farmi fare qualche domiciliare?», il modo in cui la ragazza gli sorrise, arrivò dritto al cuore di Noah, il quale si alzò per prendere la sua borsa da lavoro. La mise a tracolla e poi si avvicinò a Lizzie.

«Non posso farlo sul divano, hai un letto?».

«Sì, di sopra, prendo la stampella e ti seguo».

«Elizabeth sei impazzita?», Noah si chinò piano, all'altezza della ragazza e  le mise un braccio sotto le ginocchia e sulla schiena, sollevandola dal divano.

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