Capitolo 13

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Noah

Quando Noah aprì la porta di casa sua quel giovedì pomeriggio, vide Lizzie addormentata sul divano, con il computer in grembo e le braccia intrecciate sopra la testa. Era passata quasi una settimana da quando aveva portato la ragazza a casa con sé, e ritrovarla ogni giorno che tornava dopo il lavoro, che preparava la cena o era china al computer, gli riempiva il cuore. Cercò di non svegliarla, mentre le toglieva il computer dall'addome e leggeva quello a cui stava lavorando. Erano appunti su coreografie, con qualche frase scritta in rosso ed un centinaio di punti interrogativi. Noah sorrise, pensando a quanto fosse perfezionista, e poi abbassò lo schermo del computer posandolo sul tavolino lì di fronte.

«Noah?», Lizzie aprì piano gli occhi e lo guardò sorridendo assonnata.

«Ciao piccolina», Noah si chinò sul divano e le lasciò un leggero bacio sul naso, « da quanto dormi?».

«Non ne ho idea, Nat ci ha distrutto e io avevo degli appunti da sistemare»

«Ti ucciderai così».

Lizzie si alzò sistemandosi l'enorme maglia che indossava in casa e cercando del caffè in cucina per svegliarsi. Noah la seguì, posando il suo borsone da lavoro sul pavimento, e prendendo un po' di acqua.

«Tu come mai sei già a casa?».

A casa. Quell'espressione gli scaldò il cuore e si avvicinò alla ragazza baciandola profondamente. Dio, se era innamorato perso.

«Scusami», le sorrise sulle labbra prendendo tra i palmi il suo volto e dandole un altro bacio, «ho totalmente scordato di dirti che è il compleanno di mio padre»

«Ma dai! Auguri».

«Siamo invitati a cena dai miei».

«Aspetta... cosa? Siamo?», Lizzie fece due passi indietro e lo guardò a bocca aperta.

«Vieni anche tu,  pensavi che ti avrei lasciata qui da sola?».

«Ma non ho nulla da mettere!».

«Ma dai, mio padre ti conosce da quando hai otto anni e anche mia madre», Noah si incamminò verso il bagno, spogliandosi e infilandosi in doccia, «mi fai compagnia Liz?».

«No, non esiste, devo capire cosa mettere!».

Noah scoppiò a ridere, mentre vide la ragazza correre nella camera da letto continuando a maledirlo per il poco preavviso. Dopo la doccia e diverse prove di abito, Noah riuscì a convincere la ragazza a vestirsi con dei semplici pantaloni a palazzo neri che le avvolgevano i fianchi perfettamente e una camicia rossa. Lui aveva indossato dei semplici pantaloni neri e stava abbottonando i polsini della camicia grigio perla, mentre guardava la ragazza intrecciare i capelli senza nemmeno guardarsi allo specchio. Circa quaranta minuti dopo, Noah aprì la portiera della macchina alla ragazza, avviandosi lungo le strade di New York. La zona dove erano cresciuti i due ragazzi si trovava nel Queens: un insieme di isolati di villette indipendenti dove tutti si conoscevano e si fidavano dei vicini. Per arrivare a casa del ragazzo passarono davanti al loro vecchio liceo e Noah non poté fare a meno di pensare a quante cose fossero cambiate in quegli anni. Adesso viveva da solo, aveva un lavoro stabile che gli consentiva di guadagnare bene, ed accanto a lui c'era la stessa ragazza che aveva osservato per tutta la sua vita in quelle stesse strade.

«Certo che è strano».

«Cosa Liz?».

«Essere qui».

«Non torni spesso a trovare i tuoi?».

«No, le cose dopo l'incidente sono state un po'... Lascia perdere, tanto ora sono a Santa Barbara».

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