CAPITOLO 3

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Il mio pianto si fa sempre più forte. Non riesco più a respirare. Singhiozzo e tremo travolta da brividi.
Anche nonno piange nonostante, si vede, sta cercando di controllare le emozioni per farsi forte per me.
Restiamo così per interminabili momenti finché non ci tranquillizziamo entrambi e ci separiamo.
I nostri occhi, però, si guardano in continuazione come per chiedere e dare reciprocamente appoggio e sostegno.

Saliamo su, anche per stare con la nonna.
Lei è a pezzi! È seduta su una sedia in cucina, pallidissima, e non riesce a smettere di tremare.
Mi avvicino a lei e l'abbraccio.
Una delle sue lacrime calde mi percorre il viso e nuovamente i miei occhi ricominciano a riempirsi di lacrime salate fino a non riuscire a vedere più nulla.
Nonostante ciò cerco di trattenermi perché il dolore di nonna è già abbastanza! Anche il mio le farebbe troppo male...
Aspetto che si calmi e che sia lei a lasciarmi.

Purtroppo per noi, però, i guai non finivano lì.
Il suono del citofono ci distrae dal nostro dolore.
Nonno va ad aprire e poco dopo torna in casa seguito da due carabinieri.
Che sta succedendo ora?
"Giorno. Scusate il disturbo ma siamo venuti per accertarci della situazione allarmati dai nostri colleghi del pronto soccorso" inizia uno dei due con assoluta discretezza.
"Innanzitutto ci dispiace per la nostra perdita" disse con empatia.
Il medico gli lascia la copia di alcune carte da lui precedentemente compilate.
"Per quanto riguarda il motivo del decesso, tutti i sintomi ricordano un infarto fulminante. Tuttavia, se lo desiderate per capire meglio la causa di questa morte improvvisa, possiamo portare il feretro all'ospedale per un'autospia"
"Va bene" rispose quasi senza esitare mio nonno.
Penso che lo faccia soprattutto per non averlo qui a casa. Sarebbe troppo per tutti ma soprattutto per me, Matteo e nonna.
"Perfetto allora. Può fare una firma qui?"
Nonno firma e subito dopo i soccorritori vanno via portando con loro papà.
Nonno li segue assicurandosi che non ci siano ulteriori problemi.
Io e nonna non abbiamo il coraggio e la forza di avvicinarci perciò rimaniamo in cucina con i carabinieri.
Poco dopo nonno torna in cucina e si accomoda nell'ultima sedia rimasta vuota.
"Cosa stavamo dicendo noi?" chiede rivolto ai carabinieri.
"Sì, allora, come stavo dicendo prima, siamo stati avvisati dai nostri colleghi del pronto soccorso preoccupati riguardo due minori a casa da soli con un morto. Perciò siamo venuti ad assicurarci della situazione. Sa, è una situazione molto particolare... siamo obbligati a fare accertamenti" spiega un carabiniere.
"Eii Cate, se vuoi puoi uscire un attimo. Magari prendi una boccata d'aria fresca... poi rientri, ok?" si rivolge a me la nonna con tono gentile.
Faccio cenno di sì con la testa ed esco senza dire nulla.

Scendo ed esco da casa come se quella casa mi stesse consumando l'ossigeno. O meglio, come quella mancanza in quella casa mi stesse pesando troppo nel petto e mi stesse facendo faticare a respirare.
Quella casa, per la prima volta, mi sembra una prigione con le pareti grigie che prima non avevo mai notato.
L'aria che inalo, per quanta ne facessi entrare nei polmoni, non mi sazia mai.
Ne ingoio sempre di più fino ad affogarmi.
"Caterina"
Mi volto sentendomi chiamare.
"Ciao! Che ci fai qui? Oggi niente scuola?"
È la mia professoressa di matematica.
Mi forzo a calmarmi per sembrare normale e per non farla preoccupare.
"Buongiorno prof" accenno un sorriso.
"Oggi no" risposi stretta senza sapere cosa dire.
"Ah ok" rispose secca anche lei probabilmente per non farmi sentire obbligata a raccontarle quello che era successo.
"Ci vediamo domani allora" mi saluta con un sorriso dolce prima di continuare per la sua strada.
"Certo! A domani" ricambio il saluto anch'io con un sorriso forzato consapevole che domani non ci saremo viste.

"Recupereremo il tempo perso con mamma" diceva...जहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें