Capitolo III - Iorio

93 18 101
                                    

Una zuppa di cipolle fumante e una forma di pane accompagnate da un boccale di birra scura, il tutto consumato comodamente seduto vicino al focolare acceso: in un fredda notte un uomo poteva già considerarsi soddisfatto. Era ancora meglio se a servire la cena era una bella ragazza con una generosa scollatura. Se poi lei sorrideva e accettava l'invito a concludere la serata al piano di sopra, allora ecco che un uomo poteva dirsi davvero fortunato.

Era così che si sentiva Sebastiano. Steso nel letto, guardò l'ovale del viso di Alice sbucare a malapena da sotto le pesanti coperte nella stanza fredda. Qualcuno aveva preso il colore delle nocciole baciate dal sole e aveva riempito con esso i grandi occhi che ora lo guardavano beati.

«Ti sono mancato?» le domandò, più che altro per alimentare il fuoco del suo orgoglio. Alice era parsa estremamente felice di vederlo, soprattutto durante il concitato muoversi sotto le coltri. Avevano entrambi ancora il fiatone.

«Sei stato via quasi tre settimane, mi sembra ovvio che tu mi sia mancato» disse stringendosi a lui. «Devi essere stato molto lontano.»

«Sì, ho compiuto un lungo viaggio. Più lungo del solito.»

«Dove ti hanno mandato questa volta? Hai visto qualche città nuova?»

«Mi spiace, ma non posso dirti molto.»

«Che succede?» domandò lei incuriosita, levando la testa a guardarlo. «Lo sai quanto mi piacciono i racconti dei tuoi viaggi. Perché non me ne puoi parlare questa volta?»

Lui adorava come pendesse dalle sue labbra.

«Ti basti sapere che sono stato in missione per la città, ma non aggiungerò altro, sono vincolato al silenzio.»

«Una missione segreta» disse lei avvinta. «Sembra una cosa pericolosa.»

«Sì, molto pericolosa» esagerò lui.

«Sei un uomo coraggioso» gli disse lei facendosi più vicina. «E anche così pieno di mistero.»

Sebastiano avvertì il corpo morbido di lei che premeva contro il suo in tutta la sua magnifica pienezza. Alice ora lo guardava invitante e lui non chiedeva di meglio. La cinse tra le braccia, la baciò e lei lo accolse su di sé.


Non troppo tempo dopo Sebastiano sentì Alice muoversi contro il suo fianco. Aveva addosso ancora la stanchezza del viaggio e doveva essersi assopito. Nella fitta penombra della stanza la intravide uscire dalle coperte e raccogliere gli abiti sparsi sul pavimento. Il chiarore della notte filtrava dalle imposte chiuse; stagliato contro quella pallida luce, il profilo del suo corpo fu capace di ridestare in lui una fitta di desiderio.

«Torna a letto» le disse scostando le coperte per farle posto. «Fa troppo freddo per dormire soli questa notte.»

«Devo andare» disse lei infilandosi il vestito. «Non voglio che Berto mi veda uscire dalla tua stanza, domani mattina.»

La guardò prendere le monete che lui aveva preparato per lei sulla cassapanca facendole sparire nella tasca. Se l'oste l'avesse vista uscire dalla sua camera avrebbe preteso almeno la metà di quel denaro.

«Tornerai domani sera?»

«Non lo so, domani avrò molto da fare. Con tutta questa neve la strada non sarà percorribile e la locanda si riempirà. Sarà un giorno pesante.»

Sebastiano aveva così tanta voglia di riaverla tra le sue braccia che decise di giocare sporco. «Se domani sera torni a trovarmi potrei raccontarti del mare.»

«Hai visto il mare?»

«Sì, nel mio ultimo viaggio.»

Lei lo guardò dubbiosa. «Avevi detto che non potevi parlarne.»

Il Fabbricante di BamboleWhere stories live. Discover now