Capitolo XII - Iorio

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Alle prime luci del giorno aveva ripreso a nevicare. Mentre si scuoteva la neve dal mantello entrando sotto l'arcata della porta sud, il pensiero di Iorio andò alla squadra impegnata alla torre di Mesamena. Doveva esserne venuta un bel po' lassù in alto.

Lasciò i suoi soldati a scaldarsi le mani attorno al fuoco acceso in un vecchio braciere rimosso dalla torre durante i lavori, e salì col Capomastro per fare il giro di ispezione. Dopo l'ultima consegna di materiale i lavori procedevano spediti e molto del tempo perduto sembrava essere stato recuperato. Notò alcune facce nuove tra gli operai e ne chiese notizia.

«Abbiamo bisogno di tutte le mani possibili per completare i lavori prima che sia troppo freddo» spiegò il Capomastro. «Già così l'acqua nella calce rischia di congelare e se succede il muro non terrà. Per questo faccio tenere i fuochi accesi giorno e notte. Per fortuna, visto che nevica, molti braccianti che lavoravano con i taglialegna sono scesi in città per cercare lavoro, così ho potuto assumere altri operai.»

Non avendo nessuna obiezione Iorio completò l'ispezione e quindi fece cenno ai suoi di rimettersi in cammino per completare la ronda.

Non era strano che durante l'inverno in molti si spostassero in città per trovare un'occupazione dopo aver lavorato nei campi e nei boschi nella buona stagione. Eppure con l'avvicinarsi della guerra non poteva fare ameno di pensare che quel grande movimento di vite potesse facilmente nascondere ospiti indesiderati come spie e sicari.

Si era già consultato con il Castellano in proposito, ma decise di effettuare comunque una nuova ricognizione di tutti coloro che avevano accesso agli edifici strategici della città.

«Fai fare un controllo sui nuovi operai della torre» disse al suo secondo. «Con discrezione, mi raccomando, ma voglio sapere se qualcuno li conosce e se sono stati qui anche gli anni precedenti.»


All'esterno la neve che scendeva pigra aveva attecchito sui tetti, ma non riusciva a fare presa nelle strade trasformate in poltigliosi acquitrini dal continuo via vai dei cittadini.

Il giro di ronda li portò a uscire dalle mura della città vecchia scendendo verso la cerchia esterna. Il lastricato delle strade principali qui era discontinuo, restavano ampi tratti di pietrisco sciolto e terra che con l'acqua era diventata fango. Gli stretti vicoli laterali si addentravano tortuosi tra case non più in pietra, ma prevalentemente in legno, più facile ed economico da lavorare.

Fu in uno di questi vicoli che Iorio notò gli uomini. Erano in due e avevano chiuso un bambino vestito di stracci in un angolo.

«Che succede laggiù?» domandò a gran voce facendo voltare tutti e tre nella sua direzione. Notò qualcosa di luccicante sparire sotto la cappa di uno dei due uomini e al contempo si avvide che il bambino in realtà era una ragazzina. Doveva essere una dei tanti orfani che sopravvivevano tra quei luridi vicoli. Un attimo dopo lei aveva già approfittato della distrazione prodotta dalla sua voce per involarsi tra le case.

«Niente Signore» rispose uno dei due con un sorriso affatto onesto. «Quella piccola canaglia ha tentato di derubarci e volevamo solo darle una lezione.»

«Con un coltello?» domandò Iorio incamminandosi nel vicolo, seguito prontamente da quattro dei suoi.

«No, il coltello era per farla stare buona. Volevamo darle solo una scrollata, Signore.»

«Siete appena giunti in città?» domandò ancora, indicando l'ingombrante forma degli zaini sotto le cappe zuppe di neve. Notò la cicatrice slabbrata sulla mano dell'uomo che parlava e la stazza impressionante del secondo individuo.

Il Fabbricante di BamboleWhere stories live. Discover now