Capitolo IV - Ka Rhana

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ATTENZIONE! LA STORIA CONTIENE SCENE DI VIOLENZA E CRUDELTA' CHE POTREBBERO URTARE LA SENSIBILITA' DI ALCUNI LETTORI.


Dopo mesi di incertezza, l'inverno aveva portato con sé la conferma della guerra. Goffredo di Baronte, animato dalla peggiore forma di cupidigia, era sceso in campo con la cieca arroganza tipica dei nobili, trascinando con sé l'alleata città di Marteana e il suo smidollato signore. Sarebbe stata una tipica guerra di confine, insensata e dannosa per entrambe le parti, ma avrebbe alimentato la tensione nella regione mantenendo il clima di costante instabilità tra le varie Signorie.

Da anni stupide guerre come quella offrivano al Maestro sufficiente copertura per permettere che i suoi studi proseguissero inosservati, fornendo anche un sufficiente numero di campioni per nuovi esperimenti. Questa guerra però era differente dalle altre. Il Maestro l'aveva voluta, l'aveva fomentata offrendo discretamente il suo apporto, contribuendo a molte delle scelte che avevano fatto divampare il fuoco della guerra. Per quello lei era lì: per fare il necessario affinché la guerra seguisse la traccia solcata dal Maestro.

Ka Rhana si affacciò alla finestra mentre si pettinava i lunghi capelli. Dalla sua stanza poteva vedere la mole della torre sud che svettava tra i tetti della città vecchia, assediata dal precario insieme degli impalcati allestiti per i lavori, e sullo sfondo il profilo dei monti che si perdeva nella caligine serale.

Fin dall'inizio il suo lavoro non era stato facile. Sua Signoria Elderico di Roccacorva era un uomo prudente che da anni si circondava dei medesimi collaboratori. La servitù della Rocca era scelta da una rosa di famiglie fedeli alla Signoria da generazioni. Anche i soldati semplici, per avere accesso alla Rocca, dovevano aver fatto l'addestramento e almeno tre anni di servizio per la città. Non veniva fatta alcuna eccezione.

Il punto debole che avrebbe potuto consentirle l'accesso alla Rocca era il giovane Capitano, appena trentenne e potenzialmente suscettibile al suo fascino. Come sua amante avrebbe avuto una facile via di accesso, ma la costante presenza di un elemento come l'alchimista Learco nonché le frequenti visite della Badessa, Madre Lucrezia, i cui occhi vedevano tutto, rendevano troppo rischioso infiltrarsi nella Rocca. Questo l'aveva indotta a ripiegare su una posizione meno privilegiata da cui carpire le informazioni utili alla missione. Ora però che le cose iniziavano a muoversi, con le trattative per ottenere alleanze in corso e la comparsa di un interlocutore segreto, i contatti che era riuscita a procurarsi si stavano rivelando insufficienti.

Posò il pettine sul davanzale e accostò le imposte. Era stata una giornata faticosa. Aveva solo voglia di stendersi e dormire. Si liberò del vestito, si infilò sotto le coperte, chiuse gli occhi e scivolò nel sonno mentre la campana dell'abbazia suonava la mezzanotte.

Accompagnata dall'ultimo vibrante rintocco, si allontanò dal mondo della veglia ed entrò nel nero mare del sonno. Vi navigò placida e senza peso fino a quando il silenzio non fu turbato da un tintinnare metallico. Tintinnare di catene, spesse e lunghe catene che strisciavano nell'erba, tra i tronchi nodosi degli alberi, sulle pietre spezzate dal ghiaccio. Catene che la seguivano ovunque andasse.

Aprì gli occhi anche se il suo corpo continuava a dormire. Nel sogno era ancora nel suo letto, ma stesa sotto un cielo offuscato dalla cenere, tra macerie e legname annerito.

Si alzò in piedi guardandosi attorno nella fredda luce di un fosco crepuscolo. Roccacorva le appariva come lui la voleva: distrutta, in rovina, tra colonne turbinanti di fumo denso e lingue di fuoco che divoravano quanto ancora restava degli edifici sventrati. Le catene che l'avevano destata tintinnarono ancora sul selciato macchiato di sangue rappreso. Stese a terra fino a dove lo sguardo riusciva a seguirle, dipartivano dai due anelli al polso e alla caviglia destri.

Il Fabbricante di BamboleWhere stories live. Discover now