6. The Rhythm Of The Brain

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•Vorrei entrale nel tuo cervello
per provare l'emozione
di camminare nel vuoto.•

Eris🌹

Avevo così tanta voglia di vederti.
Avevo così tanta voglia di toglierti i vestiti lentamente, spogliarti della tua aggressività e baciare il tuo corpo assoparando ogni tuo difetto. Perché tu, di difetti, ne avevi e ne vedevi abbastanza, ma a me non importava.
Volevo solo prenderti tra le mani, baciarti e dirti che io ci sarei stato sempre, ma ogni volta che i tuoi occhi incontravano i miei non vedevo altro se non il buio.
Ma mi bastava toccarti il viso per accendere in te quella passione ormai abissale, come se fosse un accendino a pochi centimetri da una sigaretta.

Mi svegliai col respiro corto, in una stanza illuminata dai primi raggi del sole. Mi portai una mano sulla fronte togliendo le goccioline salate dalla pelle e scostai il piumone bianco dalle mie gambe. Il caldo non lo sopportavo, mi ero talmente abituata al freddo della prigione che avere quella sensazione di calore sulla pelle mi portava in iperventilazione.
Legai i capelli in una crocchia disordinata e mi precipitai nel bagno della stanza, mi girava la testa e il mio corpo stava cercando di non collassare da un momento all'altro. Aprii l'acqua della doccia e mi spogliai velocemente, per poi accogliere il getto gelido del sifone, riprendendo lentamente a respirare e riprendere conoscenza.
Chiusi gli occhi e sospirai di sollievo, ospitando quella strana sensazione di vivere. Ebbi un sogno strano, contorto. Non ricordavo quasi nulla, solo che questi sogni ebbero inizio una volta tornata qui, nella burrascosa New York. Erano continui, consumatori di anime impure come la mia, e disturbatori della notte.
Uscii dal bagno, ancora scossa dalle sfumature nere di quella notte. Era quasi passata una settimana da quando iniziai a lavorare per l'FBI. Non potevo di certo lamentarmi, ottimo stipendio e ottimo modo per ricominciare da capo. Ma non riuscivo a trattenere la rabbia che provavo verso quelle persone, verso il sistema in generale.
Montgomery stuzzicava la mia pazienza ogni due per tre, come se prendermi di mira fosse il suo vero lavoro e non quello di arrestare i criminali. Fallon e Cooper erano taciturni, non spiaccicavano parola verso di me, anche se delle volte cercavano di avvicinarsi, ma io riuscivo a rovinare tutto sbraitando contro di loro. Jess, il genio informatico, era simpatica per un motivo: per lei non esisteva nient'altro se non la sua comfort zone tecnologica. Christie McEvan era la classica bionda americana, donna di buona famiglia con i tacchi alti e due gambe slanciate che facevano girare la testa a qualsiasi uomo.
Non ero brava quanto loro a intuire le cose, ma c'era un pensiero che continuava a torturarmi la testa. McEvan ed Harris si scambiavano occhiate complici, sorrisi sghembi e i loro atteggiamenti erano sospetti ogni qual volta che si trovavano nella stessa stanza. Quei due avevano sicuramente avuto una storia o scopavano occasionalmente. Non che mi interessasse, ma la curiosità era uno dei miei più brutti difetti e il gossip sul lavoro era all'ordine del giorno.
Quando scesi in cucina, trovai Ares e Olga sull'isola della sala. Mio fratello era in tiro, giacca e cravatta e i capelli sistemati con il gel. Tirava su gli occhiali sul naso, leggeva il New York Times del giorno e sorseggiava il suo cappuccino da una tazza bianca. Mi avvicinai a lui, dandogli un bacio sulla guancia e accomodandomi al suo fianco su uno degli sgabelli.
<<Buenos días, hermanita.>> mi rivolse un sorriso e mi guardò da capo a piede. Le sue labbra si curvarono, forse aveva notato il mio viso da zombie e la poca vitalità che emanava il mio corpo.
<<Buongiorno anche a te, Olga.>> mi voltai verso di lei, stringendomi nell'accappatoio bianco e lei mi sorrise poggiando dei piatti pieni di leccornie di fronte a me. Morsi il labbro e portai una mano sullo stomaco per la fame che stavo provando. I suoi toast profumavano di pane appena sfornato, il cappuccino fumava in una tazza verde mentre la frutta tagliata con precisione sembrava un quadro di Monet. Mi dispiaceva dover rovinare la sua arte, ma la fame stava borbottando e mi fiondai sulla colazione preparata con amore da Olga.
<<Hai di nuovo urlato, questa notte.>> rimasi con la forchetta in aria, e un pezzetto di fragola cadde di nuovo nel piatto.
<<C'era un ragno in camera e mi sono spaventata.>>
<<Eris, non mentire ad un avvocato. So che hai degli incubi.>> delle volte scordavo che Ares aveva a che fare ogni giorno con dei bugiardi patologici, ma non volevo farlo preoccupare inutilmente. Ero pur sempre sua sorella con gravi problemi caratteriali e con una forte repulsione verso gli esseri umani, ma una cosa piccola come la riproduzione di incubi causato da un fattore stressante...
<<Vorrei raccontartene, ma non ricordo nulla. Mi sveglio solo in una pozza di sudore e cinque secondi dopo mi ritrovo nella doccia per calmarmi.>> confessai, ormai stanca. Ares posò il giornale sul tavolo e si alzò dal posto, per poi abbracciarmi. Chiusi gli occhi e poggiai la fronte sulla sua pancia, mentre le sue dita mi accarezzavano le ciocche di capelli scappate dalla crocchia.
<<Ora devo andare a lavoro, questa sera ne riparliamo.>> mi diede un bacio sulla fronte, salutò Olga e afferrò la sua valigetta per poi andarsene dalla porta.

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⏰ Last updated: Mar 12 ⏰

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