5. When I'm Fucked Up, That's The Real Me

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•A volte la cosa più difficile non è dimenticare,
ma imparare a ricominciare•
N.Sobon.

Alex🌹

In vita mia, non avevo mai visto tanta sofferenza.
Lei aveva quello sguardo di una bambina sperduta, una di quelle che aveva perso la mamma da piccola e che aveva vissuto in un barlume di bugie.
Nessuno le aveva dato mai una spiegazione vera, coerente. Le avevano sempre messo davanti una sola faccia della medaglia, quella che per la giustizia era più che plausibile e semplice. Ma lei non lo meritava. Non la conoscevo, ma conoscevo l'innocenza delle persone e lei era una di quelle.

Mi crogiolavo, la maggior parte delle volte, a perdermi in una realtà che non esisteva. Rimanevo in silenzio, ascoltavo gli altri, ma non mi impegnavo più di tanto ad essere ascoltato. Ero egoista verso me stesso, forse mi consideravano un pettegolo, ma quello che provavo o sentivo per qualsiasi cosa, non lo davo a vedere. Anzi, non lo andavo a dire al primo che capitava. Non ero il barista con cui si scambiava la solita battuta del "vuoi parlarne?" e non mi sentivo, come spesso succedeva, la ragazza dal cuore affranto o la moglie tradita. Dovevo, d'altronde, mantenere un certo ruolo e una certa figura agli occhi di chi incontravo. Ma ognuno ha il suo punto debole, ognuno di noi ha un tallone d'Achille. Ed era proprio lì, mentre la aspettavo che si cambiasse per raggiungere il Federal Bureau, che mi scrutava con quei suoi occhi profondi, pieni di cioccolato fondente e il nulla cosmico.

Un'altra persona, alla vista di un cadavere, avrebbe vomitato gli avanzi del natale scorzi. Lei, sembrava essere senz'anima.
Eravamo in quella campagna in mezzo al nulla, il terreno umido per via delle piogge costanti di quel periodo, cosparsa di paglia ingiallita e case abbandonate. Lei era in piedi, col suo corpo snello e fasciato da un completo sportivo. La coda alta, che accarezza la scritta in giallo sulla schiena, con quelle sue gambe slanciate e macchiate di piccoli tatuaggi. Il suo sguardo fisso sul corpo della ragazza priva di vita, le braccia conserte e un silenzio di una donna che aveva ricevuto una batosta dietro l'altra. Ricordo il mio primo cadavere, una bambina martoriata lasciata sulla riva di un fiume. Avevo sboccato, avevo quasi pianto a quella tragedia lugubre. Lei, invece, se ne stava ferma a fissare la ragazza stesa, come se stesse in una bara. Rimorso?
Mi avvicinai ad Eris, porgendole un paio di guanti blu. Lei li prese, li infilò mentre si piegava sulle ginocchia per osservare meglio quel povero corpo.
<<Non fissarmi, Harris. Mi dà sui nervi.>> sbottò, lasciandomi interdetto. Mi chinai anch'io, rimanendo a una distanza minima dal suo corpo esile. Era piccola, ma avevo la sensazione che dentro avesse una forza sovrannaturale. Ti farà impazzire.
<<Sei la prima che non ha una reazione eccessiva alla vista di un cadavere.>> lei mi guardò, senza nulla in volto se non un'espressione indecifrabile. Avevo quasi il timore che mi potesse urlare contro, come se avessi toccato un tasto dolente.
<<In cinque anni di prigione ho visto di tutto, mr. FBI>> aveva preso la briga di chiamarmi in quel modo, come se mi volesse prendere in giro. Lo trovavo carino, in realtà. <<Questo non è niente.>> lo disse con noncuranza, come se tutto questo fosse una cosa normale. Di ordinaria quotidianità.
Ritornò con lo sguardo sulla ragazza, affondando le ginocchia nella paglia umida e piegandosi leggermente con il busto. Rimasi in silenzio, a fissare le sue natiche curve racchiuse in un paio di ciclisti. Ammettilo, vorresti prenderla in quel modo.
<<Smettila di fissarmi il culo, o giuro che ti tiro un calcio dove non batte il sole.>> inacidita, di voltò verso di me. Rimasi senza parole, e scossi la testa perso nella sua bellezza.
<<Guardavo il cadavere>> mentii spudoratamente, issandomi sui piedi e prendendo un respiro. Seguii i miei movimenti e portò le braccia al petto, facendo pressione sul suo piccolo seno. <<Che ne pensi?>> le chiesi, cambiando del tutto argomento. Lei scosse la testa, per poi piantare i suoi occhi nei miei. Accolsi un brivido sulla schiena e presi l'ennesima boccata d'aria. Sembri un quindicenne alle prime armi.
<<Per la prima volta ha provato un senso di colpa.>> guardò la ragazza, poi tornò su di me. Rimasi in silenzio, per ascoltarla. <<Le altre non le aveva mai messe in questa posizione. Deduco che la conosceva.>>
<<Ottima deduzione, Mendez. Guardale il viso, cosa noti?>> le domandai, e lei si voltò di nuovo ritornando con le ginocchia per terra. Tastò il volto della donna, rigirandolo lentamente tra le dita. Scorsi la scientifica che tornava dalla lontananza della campagna, intenti a raggiungerci con alcuni della squadra.
<<Niente lividi, niente tagli come sugli altri corpi.>> questa donna sarebbe stata la mia sconfitta più grande. <<Potrebbe essere una parente, o un'amica, o persino la sua ragazza. Ex, mi verrebbe da dire.>>
<<E questo lo pensi perché...?>>
<<Non ha provato a difendersi, a differenza delle altre. Credo che questa sia la sua ultima vittima, perciò sarà meglio che muoviate il culo per prendere il pazzo che ha ucciso quindici donne innocenti.>> Sbottò, pulendosi le ginocchia e allontanandosi dal luogo di abbandono. La guardai interdetto, forse avevo detto qualcosa che non andava? La seguii, incrociando alcuni colleghi e la scientifica. Lei si fermò di punto in bianco, fissando lo sguardo sul capitano Montgomery e i due detective. Ora comprendo il suo cambio d'umore improvviso.
I due detective tenevano dalle braccia un uomo malconcio. Indossava abiti mal andati, con qualche toppa scucita che penzolava dal suo giaccone. Il viso e le mani erano sporchi, il cappello di lana perdeva qualche filo e i suoi occhi si fermarono su Eris. La fissava insistente, come se volesse saltarle addosso da un momento all'altro.
<<E lui sarebbe?>> domandò lei, stizzita dalla presenza della polizia e dallo sguardo lussurioso dell'uomo. Sorrise sghembo, e allungò la mano verso di lei. Le unghie erano ricoperte di terra, le mani riservavano spazio a dei taglietti e la ragazza al mio fianco rifiutò la sua stretta.
<<Il tuo desiderio proibito, fiore mio.>> Suadente, si inchinò al cospetto di Eris. Lei alzò gli occhi al cielo e gli voltò le spalle, quasi schiaffeggiandomi con la sua coda alta.
<<È solo un pervertito, portatelo via.>> sbottò ancora una volta, per poi allontanarsi da noi. La guardai senza parole, come se avesse preso una forma di controllo nella squadra. Notai gli sguardi di Fallon e Cooper sbigottiti, mentre Montgomery sorrideva perverso alla vista di quella scenetta da prima donna. Accumulai aria e mi avvicinai all'uomo senza nome.
<<Portiamolo in centrale, magari ha visto qualcosa.>>

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