6.

204 7 0
                                    


I fogli giacevano sparsi in ogni angolo del salotto, una montagna di libri occupava il tavolino di legno di fronte a me, mentre un laptop luminoso si trovava accanto. Fazzoletti di carta usati affollavano un piccolo cestino, e il mio raffreddore era evidente.

Ero seduta per terra con le gambe incrociate, le spalle appoggiate al divano, i miei lunghi capelli biondi raccolti in una crocchia disordinata, molto disordinata. Indossavo i miei occhiali neri a cerchio e stringevo tra le mani una tazza di caffellatte fumante che mi fece sobbalzare a contatto con la ceramica bollente.

La porta finestra era socchiusa, lasciando entrare una leggera brezza settembrina che accarezzava il mio viso. L'alba stava arrivando, e io ero già immersa nei libri, o almeno così era stata la sera prima e così mi ritrovai al risveglio, maledetti corsi aggiuntivi.

Avevo perso il conto delle ore o dei giorni passati in quella posizione, il mio collo implorava pietà e il mio cervello non era da meno. L'ultima volta che avevo messo piede fuori da questo appartamento, escludendo il Club, era stato per pranzare con l'altoatesino qualche giorno prima. Sorrisi al ricordo, gli sguardi, le battute, la camicia macchiata, i gabbiani e poi la sabbia fredda.

Dopo essermi macchiata la camicia con il delizioso riso di mare, io e Jannik decidemmo di fare una passeggiata sulla spiaggia dove ci lasciammo trasportare dall'atmosfera, addentrandoci nei discorsi e nei dettagli più intimi. Ormai sapevamo tutto l'uno dell'altro.

Velocemente scacciai via i bei ricordi, concentrandomi sui restanti due libri che dovevo studiare.

Ma la sveglia impostata ogni giorno per le sette mi distrasse, insieme al suono insopportabile del campanello. Chi poteva essere a quell'ora?

Mi alzai di scatto. Piccoli brividi mi corsero lungo la schiena quando i miei piedi nudi toccarono il fresco parquet. Prima di girare la maniglia, il riflesso nello specchio attirò la mia attenzione.

Indossavo una camicia aderente, con i primi bottoni slacciati che lasciavano intravedere la mia pelle, mentre il tessuto sfiorava appena le mie cosce. Guardai il mio riflesso nello specchio, i miei occhi stanchi raccontavano la storia di una notte insonne e le borse sotto gli occhi evidenziavano la fatica accumulata.

Un momento di incertezza mi assalì mentre mi chiedevo chi potesse essere dall'altra parte. Forse un amico inatteso o un venditore ambulante? Le possibilità erano infinite, ma la stanchezza mi impediva di anticipare gli eventi con chiarezza. Con un battito accelerato del cuore, aprii la porta.

-Jannik?- ero sorpresa, mi sarei aspettata chiunque, ma lui non era tra le mie opzioni, o meglio c'era, ma solo per illudermi, e invece era lì davanti a me.- Ci avrei scommesso.- disse con un sorriso dolce, i suoi ricci ancora modellati dal cuscino e i suoi occhi leggermente annebbiati dal sonno, ma sempre belli.

La vista di Jannik di prima mattina era ossigeno puro, se avessi potuto, avrei pagato per averlo ogni mattina.-Cosa?- chiesi confusa, eravamo ancora sull'uscio della porta. -Che saresti stata in queste condizioni.- mi osservò dall'alto in basso, l'imbarazzo mi pervase, ma lo ignorai.

-Sto bene.- lo rassicurai, anche se non era vero. Dopo l'incubo nella sua auto, il ricordo del passato e i corsi, non avevo pace, ero presa da un senso di tormento e angoscia costante.

-Il tuo viso dice il contrario, e io concordo." disse perfettamente, aveva letto i miei pensieri. -Sono così brutta?- chiesi sarcastica. -No, sei bellissima come sempre, ma hai bisogno di staccare un po'.- disse appoggiando una mano sulla mia guancia, accarezzandola dolcemente.

-Non ho bisogno...- non ebbi il tempo di replicare, poiché mi tappò la bocca con un dito. -Shh, ho portato la colazione.- disse, e così, provando emozioni mai provate nei suoi confronti, lo feci entrare in casa.

Minds in love// JANNIK SINNERWhere stories live. Discover now