(42) Non riesci ad arrivarci da solo?

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Dopo quella frase pronunciata da Tommy a cui io avevo sussurrato un timido "Davvero?" e a cui lui aveva risposto un timido "Sì" le cose tra noi due erano decisamente migliorate. Non litigavamo più, non ci lanciavamo occhiate omicide e parlavamo tranquillamente. Thomas sapeva essere davvero una persona fantastica, mi aveva ascoltato quando gli avevo raccontato della conversazione con mia madre e aveva capito.

Quando eravamo con lei cercava sempre di parlarle amichevolmente ma comunque tenendo le distanze da me e anche lei da parte sua si stava comportando davvero bene. Mi trattava come sempre, anzi era anche più affettuosa quasi volesse farsi perdonare ed era gentilissima con Thomas, a volte chiamandolo anche 'tesoro'.

Però ora riuscivo a vedere chiaramente quello che si celava dietro ai suoi occhi, non era rabbia, era proprio delusione. Nonostante questo apprezzavo gli sforzi che faceva sia per accettarmi sia per non mostrarmi quanto in realtà non riuscisse a farlo fino in fondo. I suoi sorrisi erano tirati e quando mi guardava cercava sempre di evitare i miei occhi. Ma di sicuro preferivo mille volte lei al mio patrigno.

Con Trevor avevo sempre avuto un rapporto abbastanza buono, per questo ci ero rimasto piuttosto male quando avevo scoperto che ora in pratica mi odiava.

Quando gli avevo confessato di essere gay l'avevo fatto più che altro per stuzzicarlo ma se avessi anche lontanamente immaginato quella reazione avrei evitato di dirglielo. Dovevo ammettere di avere sopravvalutato i miei genitori. Fra mia madre che sembrava volesse mettersi a piangere ogni volta che vedeva me e Thomas un po' troppo vicini e Trevor che era scomparso non sapevo più cosa pensare.

Sì, perché Trevor non lo vedevo praticamente più, stava fuori al lavoro tutto il giorno e ricompariva solo per cena ed erano delle cene terrificanti. Se avessimo fatto una gara con i monaci a chi parlava di meno probabilmente avremmo vinto noi. Ogni tanto mia madre o mia sorella provavano a rompere il ghiaccio ma ben presto capirono che era del tutto inutile.

Nei momenti di maggior sconforto Thomas afferrava la mia mano sotto il tavolo per darmi sostegno. Io gli rispondevo sorridendo e immediatamente mi sentivo un po' meglio. Dopo le cene, Trevor spariva in camera da letto e nessuno lo vedeva più fino alla cena del giorno seguente. Cercavo di consolarmi pensando che infondo sarebbe potuta andarmi peggio, avrebbe potuto picchiarmi o picchiare Thomas o cacciarmi di casa. Alla fine si stava solo limitando a fare finta che non esistessi.

Di solito mia madre dopo aver sistemato la cucina seguiva mio padre in camera da letto assicurandomi che ci avrebbe parlato e che l'avrebbe convinto lei a non comportarsi così. Inutile dire che non ci era ancora riuscita, infondo non doveva essere facile convincere una persona quando lei stessa non credeva a niente di quello che stava dicendo e quando forse infondo avrebbe semplicemente voluto
comportarsi come lui.

Quindi la sera io e Thomas, senza la presenza dei miei genitori, ci impossessavamo del divano in salotto e guardavamo qualche programma in televisione o un film. Qualche volta Sonya si univa a noi.

Mi ero scusato per quello che le avevo detto, specificando che non lo intendevo veramente e che ero solo nervoso per tutta la situazione e lei aveva capito. Le cose erano tornate alla normalità ma ora lei usciva molto più spesso con il suo ragazzo e passava molto meno tempo con il mio e non potevo dire che la cosa mi dispiacesse, soprattutto per come si erano messe le cose.

Io e Thomas non eravamo mai andati più d'accordo, seriamente: ridevamo, scherzavamo, parlavamo e lui era anche molto dolce e comprensivo con me Quando aveva fatto una videochiamata su Skype con Winston era stato lui stesso a chiedermi di partecipare convinto del fatto che Winston sarebbe stato felice di sentirmi. Dopo il racconto di quest'ultimo su una tartaruga trovata al lago lo vedemmo farsi un po' imbarazzato e timidamente ci chiese: "Ma allora come sono messe le cose fra voi due?" Io subito andai nel panico perché non sapevo bene cosa rispondere e avevo paura di una reazione negativa da parte di Thomas, il quale invece semplicemente alzò le spalle e rispose "Siamo amici." Poi mi mise un braccio intorno alle spalle e si girò verso di me sorridente chiedendomi "Vero Newtie?" Io per risposta misi a mia volta il mio braccio intorno alle sue spalle e pronunciai un gioioso "Certo" mentre il mio cuore faceva una capriola.

stanza 258 || newtmas edition Where stories live. Discover now