(44) Ho preso una decisione.

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Il giorno seguente eravamo accoccolati sul divano a guardare della televisione.

Era una cosa molto quotidiana, sembrava quasi familiare, come se lo facessimo da sempre, come se avessimo passato ogni giorno della nostra vita accoccolati l'uno sull'altro, a stringerci, a ridere, a scambiarci carezze e baci. Eppure era una cosa totalmente nuova e lo capivo anche dalle farfalle che svolazzavano allegre nel mio stomaco. Probabilmente si stavano divertendo parecchio laggiù, perché sembravano essersi moltiplicate e diventate più rumorose. Thomas però a volte mi sembrava pensieroso e avevo paura che si fosse pentito per quello che mi aveva raccontato e detto. Probabilmente erano solo paranoie, perché comunque era stranamente aperto ed espansivo con me. Mi regalava sorrisi mozzafiato e non smetteva di toccarmi ovunque, pareva quasi che stesse rilasciando tutto in un colpo quello che aveva trattenuto in quei mesi. Io di certo non volevo lamentarmi, ma proprio quando stavo mettendo da parte tutte le mie ansie, Thomas decise di interrompere un nostro bacio. Mi guardò negli occhi e disse tutto d'un fiato: "Newt ho preso una decisione."

Tutte le mie paure tornarono a colpirmi violentemente, sbarrai gli occhi e mi allontanai da lui, già pronto a sentirmi dire quanto stessimo sbagliando, quanto era meglio prendere le distanze, non parlarci neanche più, tornare in camere diverse e cose del genere. E davvero, io non credevo di poterlo sopportare dopo le grandi speranze che mi aveva dato
il giorno precedente. Lui notò il mio panico e mi prese una mano apparentemente per tranquillizzarmi, cosa che servì solo a confondermi ancora di più. Iniziai a passare lo sguardo dalle nostre mani unite ai suoi occhi ed ero piuttosto certo che il mio respiro fosse diventato irregolare.

"Newt calmati." Mi disse lui stringendomi la mano. "Non riguarda... noi. Okay? Stai calmo."

Io lo feci veramente e iniziai a darmi dello stupido per avere avuto una reazione davvero così esagerata davanti a lui. A volte sembravo un bambino che non riusciva neanche a mascherare le sue emozioni. Ridicolo, davvero. Il fatto che però Thomas non mi avesse ancora preso in giro continuava a preoccuparmi così come la serietà nei suoi occhi.

"Allora di cosa si tratta?" Gli chiesi insicuro e ancora un po' imbarazzato. Lui sospirò e prese a guardare il vaso sul tavolino di fronte a noi.

"Ho deciso di andare a trovare Zart in ospedale." Annunciò piatto, senza distogliere lo sguardo da quello. Stetti un attimo zitto ad assimilare le sue parole.

"Cosa? Sei impazzito? Perché dovresti farlo?" Sbottai poi improvvisamente. Lui voltò finalmente lo sguardo verso di me.

"Newtie, prova a capirmi. Ho bisogno di sapere, per la mia salute mentale, che sta bene, che non gli ho fatto del male." Nonostante non approvassi del tutto, capii che lui ne aveva veramente bisogno perché potesse capire che non era un mostro, come amava definirsi lui. Avrei tanto voluto dirgli che a me appariva come un angelo, ma tanto non mi avrebbe creduto.

"Okay, va bene Tommy, ho capito. Quando vuoi che andiamo?" Gli domandai, ma lui scosse la testa.

"Noi non andiamo da nessuna parte a nessuna ora. Io vado a trovarlo, tu resti qui." Mi disse sicuro.

"Che cosa? Stai scherzando vero? Perché non dovrei venire anch'io?" Gli dissi quasi arrabbiato.

"Perché ti voglio sapere il più lontano possibile da lui. Il fatto che non mi piace l'idea di averlo mandato in ospedale non implica che non lo manderei volentieri in galera a marcire." Disse schietto.

"Cosa? Tommy, apprezzo il fatto che tu voglia, ehm... proteggermi, ma non sono un bambino. Inoltre non penso che Zart possa farmi molto steso su un letto d'ospedale." Thomas aprì bocca per protestare, ma lo bloccai subito con un cenno della mano. "Tu vuoi aiutarmi e lo capisco, ma per questa volta lascia che sia io ad aiutare te."

stanza 258 || newtmas edition Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora