Capitolo Sessantotto

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È già la terza volta che mi alzo.

Gli incubi non mi lasciano un attimo. Appena chiudo gli occhi, loro sono lì, pronti a torturami.

Avrei bisogno solo di dormire e l'assenza di Chris non aiuta minimamente.

Richard ha concordato con l'analista, ci avrebbe fatto bene stare separati per qualche giorno.

Abbiamo ovviamente combattuto, noi non eravamo d'accordo con loro.

È servito a poco.

Chris è andato con la sua classe di conservatorio a Manhattan, per partecipare ad un incontro con gli alunni della Manhattan music school.
Ha detto che è un buon modo per farsi conoscere, che se hai talento è il posto dove qualcuno ti noterà sicuramente.

Sarei potuto andare anche io, me lo ha chiesto fino all'aereoporto, mi ha addirittura supplicato ad un certo punto ma anche senza il divieto del medico non avrei accettato.

Sono consapevole di non reggere un viaggio del genere e poi sarei stato solo un peso. Mi stanco in fretta, lo avrei rallentato o peggio, gli avrei impedito di vivere la stessa esperienza dei suoi amici.

Ho già causato troppi guai.

Sbatto le palpebre prima di farmi forza e tirarmi fuori dalle coperte per la quarta volta questa notte, ed è appena l'una.

Mi trascino lungo il corridoio, facendo aventi e indietro perché non credo di riuscire a salire le scale se vado di nuovo al piano di sotto.

Almeno questa volta non ho svegliato nessuno. È un progresso.

"Nathan"

Sobbalzo, finendo spiaccicato contro il muro, proprio accanto alla porta del bagno.

Meno male che avevo già pisciato, prima.

"Scusa, non volevo spaventarti" Sospira.

Richard ha la voce rauca, sbadiglia, interrompendo la frase "Incubi?" Chiede.

Mi stringo nelle spalle. Anche se la sua postura è rilassata, segno che non è arrabbiato, mi sento comunque in difetto. È colpa mia se lui è sveglio, se sta in piedi nel corridoio invece che nel suo letto a dormire.

Non sopporto più tutta l'ansia che mi accompagna ogni secondo che respiro, non era così forte prima. Non riesco a capire perché mi sto comportando così, non è neanche l'esperienza peggiore che mi sia successa. C'è di peggio ed io lo so bene.

Mi mordo il labbro inferiore, stringendo e piegando le dita nel tessuto del bordo della maglietta.

"Ragazzino?" Sospira stanco, si strofina un occhio con l'indice "Vieni, dai".

Alzo lo sguardo, con il buio è impossibile scorgere il reale colore delle sue iridi, anche se non cambierebbe molto con la luce. Sono nere, come quelle del figlio.

Mi salta un battito per l'affermazione, per quello che potrebbe risultare nascosto sotto alla sua estrema pacatezza e gentilezza. Dovrebbe essere infuriato per essere tenuto sveglio quando l'indomani ha un lavoro importante da svolgere.

O... Semplicemente sarà proprio quella la punizione.

Faccio un passo avanti, trattenendo il respiro. Sarebbe stupido e inutile scappare.
Sono troppo lento, goffo per riuscire a farla franca e una volta giunto tra le sue mani sarà solo tutto peggio.

Magari sarà gentile, farà abbastanza piano da non rimandarmi in ospedale.

Ora capisco perché Chris è dovuto andare via.
Meglio così, non deve saperlo... Manterrò il segreto.

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