55 - Vendetta

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Quando il furgone inchioda, David mi finisce addosso

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Quando il furgone inchioda, David mi finisce addosso. Trema. Vorrei dirgli qualcosa per confortarlo, ma ho solo paura. Scendiamo davanti all'ingresso della vecchia piscina e i ricordi del tempo passato con Dafne mi investono e mi staccano per un singolo attimo dalla realtà presente.

Passo accanto al buco nel muro dove lei incastrava i soldi e infilo una mano costringendo l'uomo alle mie spalle a bloccarsi per non calpestarmi. Le mie dita toccano la carta. Sono ancora lì. Lei non c'è più, ma i suoi gesti restano vivi.

L'uomo alle mie spalle mi spinge brusco in avanti. L'ampio spazio che contiene le vasche vuote è all'apparenza deserto, ma percepisco sguardi puntati addosso dall'alto e ci sono uomini a piantonare le uscite. In fondo, sulla destra, una piccola porta conduce alla sala macchine. Era un buon nascondiglio quando ero ragazzino e non volevo farmi trovare. Quando è chiusa diventa quasi invisibile. Abbasso il capo per entrare e l'odore di muffa e cloro mi dà il voltastomaco. L'ambiente è immerso nella semioscurità, l'unica luce quando la porta si chiude è una bocca di lupo in fondo alla stanza. Grossi tubi arrugginiti corrono lungo il soffitto e sulle pareti di cemento; a terra, accanto a me, sono rimasti serbatoi usurati di prodotti chimici che mi fanno bruciare gli occhi. Proprio sopra c'è un quadro elettrico che ronza piano e fili rosicchiati da qualche animale. Il rumore dell'acqua corre lungo le tubature; i sibili danno l'idea che la piscina sia ancora in funzione. Un fischio più forte proviene dall'angolo sinistro, immerso nell'oscurità. Forzo la vista per adattarla e riconosco una valvola che sfiata vapore; attorno al suo tubo scorre un nastro rovinato, ma resistente, che sostiene entrambi i polsi di un uomo, i cui tratti sono difficili da riconoscere.

Faccio fatica a trovare la voce. «Zanardi...» mi esce dalle labbra socchiuse.

Non alza la testa, resta appoggiato al muro con gli occhi chiusi. La divisa è bagnata dall'acqua di una tubatura che perde, e sporca di sangue all'altezza del collo e del torace.

Evan si appoggia al muro poco lontano.

Ho la bocca secca e un fastidioso panico a stringermi lo stomaco.

«Volevi vendetta, Tria. Io mi sono preso la mia».

«Questa non è... Perché l'hai ridotto così?»

«Volevo i nomi». I suoi occhi neri luccicano nella semioscurità come pietre dannate. Di scatto avanza e colpisce di nuovo l'uomo legato con un pugno forte all'addome. Poi ringhia: «Lui, e soprattutto quello stronzo di Reina, hanno corrotto i miei uomini. Non so più di chi fidarmi».

Penso al modo brutale in cui ha freddato Stan e all'espressione che gli contrae il viso. Zanardi ha colpito più forte di quanto si aspettasse, e paga il conto anche del lavoro di Reina. Alzo appena la mano a indicare l'uomo riverso al suolo e domando quello che già, in fondo al cuore, so. «Li hai avuti?» Cosa cazzo me ne importa? Per calibrare il peso di chi mi trovo di fronte.

Non distolgo gli occhi da Evan per cogliere il lampo di rabbia che gli balena nello sguardo.

Sul suo volto compare un'espressione infastidita. «No. Niente».

Unexpected love (FIWY 3)Where stories live. Discover now