62 - 🔞 Niente entra, niente esce

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Attenzione: Questo capitolo può impressionare o infastidire caratteri sensibili. In qualsiasi momento accadesse, interrompete subito la lettura. 

Lo shock dura pochi secondi. Abbastanza per registrare, immobile, Joe che si chiude a chiave la porta alle spalle e lascia la stanza. Poco dopo la porta principale sbatte e so di essere sola. È la mia unica occasione. Scendo dal letto. I cardini della porta sono vecchi, il legno sottile. Afferro la lampada da notte sul comodino e uso la base di metallo pesante come un martello, prima provo sulla serratura, ma sembra troppo resistente, allora mi accanisco sui cardini con tutta la forza che riesco a mettere nelle braccia.

Al quarto colpo sento qualcosa cedere e rinnovo gli sforzi. Le dita arpionate allo stelo, il fiato corto. Il cardine inferiore si spacca con un rumore metallico. Non basta. Colpisco ancora quello superiore finché non è in pezzi. Infilo le dita nello spessore ma è troppo sottile, allora mi ricordo di aver visto degli attrezzi quando ho spalancato uno degli armadi. Non ricordo quale fosse e li apro alla cieca, come se volessi strappare le ante. Il tempo mi batte in testa. Joe non starà via per molto.

Nell'angolo in fondo, nell'ultimo mobile che contiene vecchie scope, trovo quello che mi serve. Una spatola per lo stucco. Non è resistente, ma è abbastanza sottile da infilarsi nell'intelaiatura, infatti mi permette di scostare la porta abbastanza per infilarmi fuori. Guardo l'orologio nero che mi circonda il polso: sono passati venti minuti. Ho impiegato troppo tempo con la porta della camera da letto, potrebbe restarmi poco, prima che lui rientri.

Mi trovo in un corridoio in penombra, ogni oggetto in questa casa è antico e odora di polvere, ma almeno qui non c'è il puzzo di morte che si respira nella stanza da letto.

Corro alla porta principale. È chiusa con le mandate e non c'è alcuna maniglia. Impreco sottovoce e riprendo a cercare arnesi per forzarla. È impossibile. Apro le ante e da una cadono a terra bastoni di metallo appartenuti a qualche struttura da giardino. Tra questi, uno è ricurvo e simile a un piede di porco. Cerco di usarlo per fare leva, ma la porta non cede.

In cucina trovo un coltello da pane e lo porto con me, ma non mi è utile per uscire dall'appartamento. La sala somiglia a un museo. I mobili sono impolverati e pieni di anticaglia. Statuette di ceramica. Centrini all'uncinetto. Un carillon. Lo apro e la musica risuona nell'ambiente ampio. Un valzer lento, a tratti inceppato. Sospiro piano.

Alzo gli occhi sull'ampia vetrata che si affaccia sui tetti delle case, più in basso. Passo le mani sul vetro spesso, infrangibile. Di sotto, il marciapiede pare lontanissimo. Siamo almeno al sesto piano.

In quel momento sento un rumore di passi che si avvicina e gli scatti della serratura. Mi sposto accanto all'ingresso, proprio dietro la porta e trattengo il respiro. Il tubo di metallo stretto tra le mani, il coltello nella tasca posteriore dei jeans.

La prima cosa di cui Joe si accorge quando entra sono i tubi di metallo a terra. Infila la mano sotto la giacca e afferra un oggetto nero che sembra un portachiavi. Con l'altra chiude l'anta della porta e si gira verso di me quando sente lo spostamento d'aria del tubo che gli sbatto sulla testa con tutta la forza che ho. Crolla a terra.

Scavalco il suo corpo e corro verso le scale. Sono così lanciata in avanti che quando la sua mano mi afferra la caviglia cado in avanti. Mi giro e lui torreggia su di me con l'aria arrabbiata e un rivolo di sangue che gli scende dall'attaccatura dei capelli. «La rendi complicata, Aria».

Mi spingo all'indietro con le gambe e mi alzo in piedi. Lui mi spinge contro il muro del corridoio. Non ci sono altre porte su questo piano, ma sotto qualcuno potrebbe sentire la nostra collutazione. «Aiuto» grido nella tromba delle scale. Lui mi spinge indietro e ride.

Unexpected love (FIWY 3)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora