Capitolo 2

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Venerdì 19 Novembre 17:03
Robin.
"Mi stai ascoltando?" Alzo lo sguardo su i suoi occhi castano scuro. Odio questo appuntamento. Odio lui, le sue domande e questo fottuto studio da laureato.
"Non ti ascolto mai, non fare domande inutili"
"Senti, tu sei qua perché, al contrario delle tue convinzioni, i tuoi sogni non se ne sono andati via col tempo. Quindi sarebbe molto meglio se parlassi, se ti esprimessi con me. È il mio lavoro dannazione" ma come parla questo? È fumato?
"Arrabbiato doc?"
"No Robin, voglio aiutare la tua mente a liberarsi. Parlami di tuo padre"
"Cosa? E questo dovrebbe liberarmi la mente?!"
"Credo che ci sia un evidente connessione fra l'abbandono che hai subito e l'abbandono di una bambina nel tuo incubo" incubo. Ecco la parola giusta. Incubo. Quello che vedo è un incubo... Continuo a ripetere nella mia mente quel suono ancora e ancora, incubo, incubo. Sono in un incubo. Sogno un incubo. Vivo in un incubo. Sono un incubo...
"Robin? Ci sei?"
"Ho portato dei libri per studiare. Così lei farà finta di analizzarmi mentre io occupo quest'ora e mezza in modo produttivo. Lei prende comunque i suoi soldi e mia madre è più contenta"
"Non funziona così, lo sai"
"Non m'importa"
"Cosa ricordi di tuo padre?"
"La smetta non voglio rispondere"
"Questo tuo atteggiamento passivo aggressivo è solo dovuto a..." non lo faccio finire e gli urlo contro.
"Lei non sa proprio niente di me! E non provi ad immaginare, non provi a cercare di fare sto schifoso lavoro che si è scelto! Lei è un rifiuto della società. Una merda"
"Robin devi affrontare i tuoi limiti"
"Ma che minchia dice? Cosa, cosa sta dicendo me lo vuole spiegare?!"
"I tuoi sogni sono anormali, tu sei anormale"
"Oh grazie tante!"
"Io sono qui per aiutarti Robin"
"Giuro che se ripete un altra volta questa cavolo di frase le faccio causa"
"Oh smettila di minacciarmi"
"Cosa vuole da me?" Sono senza energie, non voglio lottare. Mi ha rotto, non voglio parlare. Basta.
"Voglio capire il tuo comportamento. Raccontami il tuo incubo Robin, posso aiutarti. Smettila di resistere. Vuoi risolvere il problema o no?"
"Okay doc. Mi arrendo"

Dream
Mi sento male. Come se il mondo pesasse sulla mia testa. Cerco di alzarmi, dove sono? Casa mia? È casa mia? Mi stropiccio gli occhi per poi aprirli. Avrò di sicuro il trucco sciolto. Com'ero ieri? L'immagine di una ragazza dalla pelle chiara e i capelli scuri appare nella mia mente. Avrò diciotto anni al massimo. Sono io? Sono molto bella. Femmina. Sono una femmina. Mi guardo intorno. C'è una parete alla mia destra, bianca, delle cornici vuote affisse sopra. È tutto bianco qua. C'era qualcosa dentro quelle cornici. Delle foto... le foto dei neonati. Del mio neonato. Della mia bambina... un uomo arriva dall'altra stanza, mi tira, vuole portarmi via. Vuole portare via la mia bambina... Urlo, ma non mi lascia. Continua a ripetere che devo stare zitta, ma io non voglio. Non voglio che se ne vada dalla mia mente il ricordo di quel batuffolo... di quel corpicino dalle mani così piccole. No, devo dimenticare. Ho fatto la cosa giusta. Io non avrei vissuto davvero con lei al mio fianco... sono troppo giovane.

"Tu potevi sentire le sue emozioni, i suoi pensieri?"
"Erano miei... Come se la possedessi"
"Non ha senso questa cosa. Tu descrivi dettagliatamente tutto il sogno, una cosa impossibile per chiunque. Ogni particolare va via nel corso della giornata, è la norma"
"Ma io vivo quell'incubo ogni notte. È impossibile ignorarlo"
"L'unica connessione possibile con il tuo inconscio è il ricordo di tuo padre. È possibile che tu abbia associato la tua situazione a quella di una madre... ma è stata lei ad abbandonare la bambina, di sua spontanea volontà, non c'è logica. E poi per quale motivo dovresti sognarlo sempre...?"
"È lei lo psicologo mica io"
"Va bene Robin. Ho bisogno di un attimo per pensare, tu scrivi su questo foglio aggettivi positivi e negativi che descrivono tuo padre, io torno fra poco" mi porge carta e penna ed esce in fretta e furia dal piccolo studio.
"In che situazione mi hai cacciato inconscio?" Sussurro fra me e me.

Qualche minuto dopo riappare il laureato, ha i capelli disordinati e la faccia di chi ha appena visto un fantasma. "Robin..."
"Che succede?"
"Guarda questo" butta sulla scrivania davanti a me un giornale, è datato Giugno.
"Che ci devo fare con le notizie di quest'estate? Il presidente si reca alla famosa..."
"Non leggere il titolo in prima pagina, non è questo che ci interessa" gira i fogli freneticamente, finché non si ferma alla quinta pagina.
"Cos'è?"
"Leggi Robin, leggi"
"Denuncia il business del marito: traffico di bambini. Inizia con una donna che si presenta alla polizia la storia di Britney, madre pentita che denuncia dopo ben dieci anni l'attività ben conosciuta del suo coniuge, attività a cui lei stessa aveva partecipato" mi blocco per qualche secondo. Ma cosa centra tutto questo?
"Perché mi dovrebbe interessare?"
"Te la faccio breve. Questa coppia rapiva e vendeva a caro prezzo bambini per un qualsiasi uso personale del compratore. Organi, erotismo, schiavitù. Di tutte le età, fin da quando erano neonati"
"Hanno rapito la mia bambina?!" Oddio perché parlo in prima persona, non ho partorito una figlia dannazione.
"No, la donna che denuncia sei tu nel sogno Robin. Ho cercato la sua foto su internet... Credo che quello che hai visto non sia solo un incubo" mi mette il suo telefono nelle mani. Occhi e capelli neri, carnagione chiara. La donna che vedo ogni notte è qui. È in questa foto. È reale.

19:11
Kay.
È una serata tranquilla. Ci sono solo due ragazze ai tavolini e Abdul, il pizzaiolo, scalda il locale infornando altri cerchi.
Mentre addento un trancio di margherita la porta si apre a fatica facendo entrare un ragazzo. Ha un lungo giubbotto verde e uno sciarpone scozzese intorno al collo. "Kay!" Mi conosce? Io lo conosco? Si avvicina quasi di corsa al bancone, solo allora riesco a vedere due occhi di ghiaccio.
"Robin...? Come hai fatto a trovarmi?"
"Ho chiesto in giro se c'era un modo per rintracciati, una tipa di scuola mi ha detto che di averti visto lavorare in questo pizza kebab e così sono venuto"
"Ah e che vuoi?"
"Devo parlarti"
"Sto lavorando"
"Parlarti dei nostri sogni"
"Adesso sono nostri? Non dovevamo andare avanti e dimenticare?"
"Si ma ora ho scoperto una cosa, vieni un attimo fuori"
"No"
"Cazzo Kay, è importante"
"Sto lavorando secchione, ci sono delle persone" lui si gira e va dalle due ragazze, dice quattro parole e loro si alzano in silenzio ed escono.
"Che hai fatto?!"
"Non hai clienti ora, ti chiedo solo cinque minuti"
"Ma sei scemo? C'è il mio capo di là!" Dico indicando la cucina nel retro.
"Certo, l'arabo al akbar. Dai che ti costa?"
"Va bene. Ma che sia una cosa veloce okay?" lo seguo fuori. Un aria frizzantina mi colpisce in pieno.
"Vuoi la mia giacca?"
"No tranquillo"
"Ma se stai tremando come una foglia"
"Mi spieghi perché non potevamo stare dentro?!"
"Ho capito tieni" si toglie il giubbotto e me lo mette sulle spalle. Un intenso profumo da uomo mi entra nelle narici. Buono.
"Allora cosa mi devi dire di così urgente?"
"La donna che sogniamo, esiste"
"Robin... io lo sapevo"

DI NESSUNOWhere stories live. Discover now