Capitolo 8

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Giovedì 12 Dicembre 07:56
Robin.
Mia madre ferma la macchina a due centimetri dalle scalinate di scuola, quasi investendo un gruppetto di ragazzi. Si gira verso di me e mi osserva preoccupata.
“Se vuoi tornare a casa…”
“No mamma, ho saltato già abbastanza giorni”
“Va bene, chiedi a qualche tuo compagno di tenerti lo zaino” Poso una stampella alla volta sull’asfalto e scendo incerto. Traballo per qualche secondo, per poi riuscire a muovermi lontano dall’auto. Posso sentire gli occhi dell’intera scuola su di me, maledetti i telegiornali e la loro fame di notizie. Avranno trasmesso la mia storia almeno tutti i giorni, per non parlare dei quotidiani. Inizio a fare gli scalini, uno alla volta, finché la campanella suona ed io entro in aula. Con un quarto d’ora di ritardo. Si, l’ascensore della mia scuola è rotto. Apro la porta appoggiando tutto il mio peso su essa.
“Robin! Me l’hanno detto i tuoi compagni che ti sei ostinato a salire da solo. Perché non hai accettato il loro aiuto?”
“Sono arrivato da solo si o no?” mi guardo intorno, Kay non c’è. Invece vicino al mio solito posto attaccato al muro, c’è un ragazzo. Jason? Jack? Jo? Jonah? Jonathan? Johnny? Ma perché non mi ricordo mai i nomi, dannazione. Mi siedo a fatica sopprimendo un gemito, mentre lui mi guarda con un sopracciglio alzato. Prendo i miei antidolorifici e cerco di ascoltare la lezione.
“Sei messo maluccio eh?!” sussurra lui dopo minuti di silenzio fra noi. Lo ignoro.
“Zitto per quindici giorni? Vuoi continuare con me?”
“Ma che vuoi”
“Calmati, amico. Volevo solo sapere perché ti hanno quasi ucciso”
“E secondo te se lo sapessi, a te lo andrei a dire”
“Lo sai cosa mi incuriosisce di tutta questa storia?”
“Non mi pare di avertelo chiesto”
“Perché un nerd perfettino dovrebbe mentire alla polizia quando hanno trovato dei capelli, non tuoi, nel posto del passeggero, eh? Non l’avrei mai detto uno come te, c’è non ci posso credere. Mentire alla polizia”
“Io non ci ho proprio parlato con la polizia, sono stato zitto. E poi di quali capelli stai parlando?!” se hanno trovato un ciuffo blu sono fregato. La riconoscerebbero subito, non sono così stupidi. Cercare una ragazza coi capelli tinti di quel colore fra i miei conoscenti è più facile che trovare un papavero fra i girasoli.
“Non hai sentito?”
“Non mi piaceva ascoltare i telegiornali in ospedale. Comunque saranno quelli di mia madre, la macchina era sua”
“Me la ricordo tua madre, ha i capelli biondi. Quelli erano neri” Meno male. Neri.
“Aspetta ma quando hai visto mia madre?”
“Una volta è venuta a prenderti a scuola. Carina” Roteo gli occhi, questo ornitorinco.
09:00
All’intervallo mi circondarono prima che riuscissi solamente a respirare.
“Come stai?” mi chiede una ragazza che fino ad allora non mi aveva mai rivolto prima parola.
“Ma che domande fai, non lo vedi?” dice un'altra squadrandomi.
“Ho sentito che hai la spalla piena di schegge di vetro”
“Io avevo capito la testa” maledetta gamba che non mi lascia scappare via di qui.
“Robin mi ha detto che i capelli erano di sua madre” dice il tizio vicino a me. Una risata generale si alza.
“Lo sanno tutti che non eri solo”
“Ma dove stavi andando?” Con lo sguardo basso mi osservo il piede ingessato. Perché mi fanno questo… Queste domande, ogni giorno, qualsiasi persona incontri. Mi fanno tutti le stesse domande. Io non so rispondere. Non so neanche il perché mi ostini a non rivelare il nome di Kay, ma non riesco a parlarne. A volte ho paura che sia solo un corpo senza vita in qualche prato vicino l’autostrada, forse se raccontassi di lei, potrebbero trovarla. Ma a che scopo? Non c’è niente da fare. Io non so niente. Non so perché dovevo andare in una prigione, non so perché hanno cercato di ucciderci,  non so perché faccio questi sogni. Alla fine si torna sempre lì. È iniziato tutto da quella casa bianca, da quella donna. Ogni notte, lei mi ucciderà. E io saprò di essere ucciso, saprò che Kay è lì, vicino a me. Ma non posso parlarci, non posso toccarla, non posso neanche girarmi per guardarla in faccia, per vedere se è veramente con me. Sono condannato al purgatorio.
“Amico? Ci sei?” alzo gli occhi sui miei compagni che mi fissano con le palpebre spalancate. Come se si aspettassero qualche rivelazione eccitante.
“Mi prude l’alluce in una maniera impressionante, voi non avete idea del fastidio” 
“Ma dai, fai il serio!” dice la ragazza di prima, mentre qualcuno sorride in disparte.
“Non capisco cosa credete di ottenere. A proposito, perché siete tutti qui a rompere tranne la tipa coi capelli blu?” la buttò lì sul momento, sperando che qualcuno abbocchi. 
“Chi? Kay? Manca da settimane! Questa è la volta buona che la bocciano” vediamo se indovino? Manca da due settimane e tre giorni?
14:39
Quando esco dall’ascensore di casa mia, la prima cosa che vedo non è la porta di casa, ma due uomini distinti che sono appoggiati ad essa.
“Buongiorno?” dice con tono interrogativo mia madre.
“Siamo i due detective mandati dal procuratore. Io sono McDowell e lui è il mio collega Janovich. Ci chiedevamo se potevate dedicarci due minuti del vostro tempo” dicono mostrandoci due distintivi.
“Certamente, accomodatevi” lei apre velocemente la porta e i due la seguono all’interno.
“Bisogno di aiuto ragazzo?” chiede uno dei due. Avrà quarant’anni, spalle larghe, occhi scuri e un cespuglio di capelli ramati in testa.
“No, ma io dovrei ancora mangiare. Non ho fatto pranzo” dannazione andatene via da casa mia, non voglio altri interrogatori per oggi. Non vi è bastato il mio silenzio snervante dell’ospedale? Lo sapevo io, non dovevo ricominciare a parlare.
“Oh ma certo, puoi farlo tranquillamente, noi aspetteremo qui” andate al diavolo.
“Allora metto su l’acqua Robin? Vuoi pasta?”
“Coi wurstel” preciso io.
15:19
Sto mangiando più piano possibile, ma loro sono sempre seduti sul mio divano. Finché il piatto non si svuota. Non credo di essere psicologicamente pronto per questo. Questa è la polizia, non posso cavarmela così facilmente. L’uomo più alto dagli occhi verdi e i capelli neri prende la sedia di fronte a me e la gira al contrario, appoggiando le braccia allo schienale. Un tatuaggio a forma di clessidra appare per qualche secondo sul suo collo per poi sparire nel colletto della camicia. L’altro si siede accanto a me. Sento il mio spazio vitale restringersi.
“Robin, come ti senti? La costola ti dà ancora problemi?” oh ma per favore. Cos’è questo approccio da finto interessato?
“Non credo siate venuti qui per accertarvi delle mie condizioni fisiche” L’uomo alto mi sorride.
“Certo che no, credevo di essere gentile. Comunque, volevamo chiederti di parlare di tutto ciò che rammenti di quella giornata. Sai ricostruire le ore prima dell’incidente?”
“Ero a casa, mia madre mi ha chiamato per accertarsi che stessi bene e poi ho preso la macchina per fare un giro”
“Quindi non avevi una meta precisa?”
“No”
“Potevi andare su qualsiasi altra via, perché proprio la superstrada?”
“Si va più veloci” dico facendo spallucce.
“Ed eri solo?” il rosso vicino a me tira fuori il cellulare iniziando ad annotare tutto quello che esce dalle mie labbra.
“Si. Solo io”
“Avrai guardato i notiziari negli ultimi giorni, saprai dei ritrovamenti della scientifica”
“Si sono sbagliati” lui annuisce, tamburellando le dita sulla sedia in un ritmo jazz.
“E ti ricordi per caso gli attimi prima dell’incidente?”
“C’era molta nebbia, guidavano tutti come pazzi. Una macchina mi ha quasi sfiorato. Allora mi sono spostato nella terza corsia, quando alla curva mi hanno spazzato via”
“Hai visto qualche particolare della vettura che ti è venuta addosso?” 
“Non ho neanche fatto in tempo a girarmi per guardarla. Ha praticamente sfondato il mio sportello”
“Si abbiamo visto le condizioni dell’auto” dice il rosso. Per un attimo rimaniamo in silenzio, poi, quello alto continua a parlare lanciandomi sguardi indecifrabili.
“Hai dei nemici Robin?”
“Gioco online, ho molti nemici”
“Nella realtà. Non hai mai ricevuto minacce o insulti gravi… Hai fatto dei torti a qualcuno, non so?”
“No, non mi pare proprio”
“Quindi non hai idea del perché tu sia in queste condizioni?”
“No” i due annuiscono.
“Senti Robin, tua madre ci ha detto che hai preso un treno quel giorno, saltando scuola. Cosa del tutto insolita poiché abbiamo controllato, in quattro anni di scuola avrai si è no fatto seicento ore di assenza”
“E allora?” il rosso ridacchia per poi posare il telefono sul tavolo.
“Sei andato a Long Point. Hai saltato scuola, per andare a Long Point. Quel posto è dimenticato da ogni Dio” dice ridendo ancora. 
“Ci ha fatto vedere il biglietto, tua madre” parla quello alto. Dannazione, la odio quella donna.
“Non capisco il problema”
“È un po’ insolito non credi?”
“No. C’è un bellissimo lago lì e il tempo era spettacolare”
“Ma perché andarci proprio quel giorno?!” dice l’uomo di fronte a me, quasi sull’orlo di piangere dalle risate.
“Che ci trovate di tanto divertente, scusate?”
“Credi di parlare con dei cretini Robin? Credi di poterci prendere per il culo?”  parla il riccio.
“Certo che no” cretini.
“C’è solo un edificio interessante in quel buco. E dalle riprese del circuito interno tu eri lì, con una ragazza. Scommetto la stessa ragazza che era con te in quell’auto” Li guardo entrambi negli occhi, hanno smesso di ridere.
“Senti ragazzo. Ascoltami un attimo” inizia quello tatuato. “Noi vogliamo aiutarti. Non c’è ne frega niente dei tuoi possibili reati. Non finirai in prigione per nessun motivo, né tu, né la tua morosa. Se collabori Robin, chiuderemo un occhio sulle tue marachelle, ma devi dirci la verità, da subito. Hanno cercato di ucciderti, lo capisci questo? Una persona, ti ha ridotto uno straccio. E poteva andare molto peggio, credimi” fa una pausa, cercandomi con lo sguardo. Alla ricerca di una qualche mia reazione.
“In cosa sei coinvolto Robin?” rimango in silenzio per una quindicina di secondi, loro non dicono niente, mi lasciano riflettere.
“Mi appello al quinto emendamento”
“Cosa?! Tu non sai neanche che cazzo dice il quinto emendamento!” sbotta l’altro.
“Mi appello al quinto emendamento” ripeto ghignando. 
“Va bene, va bene, se è così che vuoi andare avanti, rispetto la tua scelta. Ma sappi che torneremo qui e con un mandato. Sai che vuol dire? Rovisteremo dentro casa tua, dentro il tuo armadio, nei tuoi cassetti, nel tuo computer, sul tuo cellulare. Non ci sarà più niente che potrai nasconderci Robin. Nessun fottuto emendamento a cui appellarsi” i due si alzano infuriati, escono sbattendo la porta.

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⏰ Laatst bijgewerkt: Aug 21, 2016 ⏰

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