Capitolo 7

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È finita. Basta.

Lunedì 09 Dicembre 17:40
Psicologo G.K. Utterson.
Odio quest'ospedale. Odio il mio lavoro. Possibile che quel ragazzo mi dia così tanti problemi? Un incidente. Ha avuto una maledizione di incidente. Quindici giorni che è ricoverato in questo posto schifoso. Quindici giorni che non apre bocca. Dannazione. Entro nella sua stanza, è seduto sul letto a leggere un fumetto.
"Buongiorno Robin. Sei contento? Domani è il grande giorno" Lui non mi guarda neanche.
"Verrai dimesso! Entusiasmo su, dai" alza le spalle indifferente. L'occhio destro bendato, il piede ingessato e le braccia ricoperte da fasce bianche. Non è di certo un gran spettacolo. Ho saputo anche che ha una costola inclinata. Un neo patentato sull'autostrada con la nebbia, ma come gli sarà mai venuta in mente un idea del genere?!
"Hai preso gli antidolorifici?" Annuisce.
"Va leggermente meglio? Sei sicuro di non volere un infermiera a casa?" Gira svogliato un altra pagina, ignorandomi. Non so cosa fare con lui. Ho provato di tutto davvero. Come mai è così complicatamente ostinato?! Stupido, strano, testardo piccolo uomo!
"Sai... gli inquirenti dicono che c'era un'altra persona con te sulla vettura. È quella che ha chiamato il 911?" Cerco di intravedere una reazione sul suo viso. Devo incalzarlo, è l'unico modo.
"Eh Robin?" Silenzio. 
"Oh madonna, ma perché ti rifiuti di parlare? Non hai subito nessuna lesione alle corde vocali e non mi pare ti abbiano tagliato la lingua. La polizia ha bisogno di chiarimenti. Non è stato evidentemente un incidente. Insomma ti hanno sfondato la macchina! Puoi dirmi cos'ė successo?" Lui scuote la testa. Una lacrima solitaria scappa sulle sue guance. Una sola.
"Ti prego. Io sono venuto qui per te, pensi che non abbia altro da fare? Tua madre è dovuta correre qui! Sai che spavento si è presa? Enorme"
"Non posso fare niente se non parli Robin" Il ragazzo si alza dolorante dal letto, quella costola non al suo posto gli crea un sacco di problemi, la respirazione limitata prima di tutto. Prende le stampelle e si muove piano.
"Cosa fai? È meglio che resti seduto" ovviamente non mi ascolta, cammina lentamente verso la finestra. Ha gli occhi lucidi.
"Non è mai venuta" sussurra. Così piano che non riesco a distinguere bene le parole.
"Cosa?"
"Non voglio parlare con la polizia. Non so cosa sia successo. Non lo so"
"Chi c'era con te?"
"Ero da solo"
"C'è sangue non tuo nella macchina, non mi mentire. Non dirò niente. Segreto professionale"
"A mia madre spifferava tutto invece"
"Sarò muto in questo caso"
"No. Non c'era nessuno. Avranno sbagliato le analisi" Una donna entra di scatto nella stanza. Ha un mazzo di fiori e una grande scatola nelle mani. Dietro di lei appare l'ombra di un altra persona.
"Robin! Ti ho portato una torta! Bisogna festeggiare il tuo ritorno a casa! Hai fatto le valige?" Lui annuisce. Cavolo, ma doveva arrivare proprio adesso?! Quando finalmente aveva pronunciato parola?!
"Ciao figlio" Rimango sbalordito alle parole dell'uomo sulla soglia. È il padre di Robin?

17:40
Kay.
"Devi rilassarti"
"Oh si"
"Brava così"
"Dormi ragazza, dormi. Passerà tutto" Gli uomini davanti a me smettono di parlare e io smetto di vedere i loro visi. Niente pelle chiara e barba rossa, niente sopracciglia folte e occhi neri, niente carnagione cacao e capelli ricci. Solo il buio dei ricordi. Perché no, io non dormirò. Non posso dormire. Posso solo sprofondare nella mia mente, in quegli angoli bui che ho sotterrato in fondo a tutto.
"Okay, va bene. Continua, continua" vado più a fondo. Ormai sono dentro, non si esce da qua.
Flashback
Sono una bambina. Un'adorabile piccola bimba ingenua. Ho sei anni. Sei anni compiuti una settimana fa. Non c'è stata festa, anche se una torta è arrivata. Comprata dalla tata da parte dei miei genitori, per farsi perdonare di non esserci stati. Ormai ci sono abituata. Lo fanno tutti gli anni, da che mi ricordo. Posso contare sulle dita quante volte li ho visti nella mia vita e bisogna tenere in considerazione che ho imparato il numero otto e il sei, da molto poco. Erano sempre quelli che mancavano all'appello, non so per quale motivo non volevo ricordarli. Ma ore che li so, devo dire che la mia vita è migliorata. Posso fare un sacco di cose con loro, per esempio dire che ho sei anni. Ho avuto un regalo in più quest'anno. Oltre ai soliti tre di una lontana zia mai vista che li invia per posta a casa, c'era anche quello di una ragazza. Era molto più grande di me, altissima e con dei lunghi capelli. È la babysitter di una mia compagna di scuola, faceva il pagliacciaccio quando la mia amica mi ha invitato nella sua casa. Ho tante amiche, ma loro non mi fanno regali. Sono troppo piccole e i loro genitori non si fidano della mia famiglia, in fondo non li hanno neanche mai intravisti. Però sono contenta, il regalo della ragazza era molto bello. Un libro, pieno di figure, di disegni in ogni angolo. Mi piace tanto.

17:55
Psicologo G.K. Utterson.
Appena ho visto i due genitori insieme li ho trascinati fuori senza che nessuno dei due riuscisse a dire ba.
"Ma che sta facendo?! È impazzita per caso?" Dico rivolgendomi alla madre.
"Si calmi Utterson"
"Suo figlio era riuscito ad avere una conversazione e lei gli sgancia addosso la bomba papà!"
"Davvero? Ma è una bellissima notizia"
"No, no lei non ha capito! Non è esattamente un buon momento per far rispuntare nella vita di quel ragazzo questo emerito, mi permetta, stronzo di suo marito!" Lui mi fissa inespressivo.
"Lo so. Ma in un momento di debolezza l'ho chiamato. Ormai era partito in macchina dalla Florida! Non potevo mica dirgli di tornare indietro. È pur sempre suo padre"
"Mi spiegate perché parlate di me come se non ci fossi?!" Entrambi gli lanciamo un occhiataccia. 
"Sentite, io sono qui per Robin. So di aver sbagliato, ma ora sono qui"
"Cosa crede di fare quando il mio paziente sarà in piena salute? Anzi, cosa crede di fare fra tre giorni, fra due, domani! Cosa farà questo pomeriggio?!"
"Che domanda è mai questa?"
"Le sto chiedendo per quanto ha intenzione di fare il padre per poi sparire di nuovo"
"Io non..."   Viene interrotto da un forte rumore.
"ROBIN!" La donna si precipita nella stanza e io la seguo.
Il ragazzo è a terra. Le stampelle abbandonate di fianco a lui.
"Stai bene?!" Lui scuote la testa.
"Chiamate un infermiera per Dio!" Urlo al marito che corre via.
"Non lo sposti!" Lei si blocca immediatamente lasciando i fianchi del figlio.
"Non voglio che lui stia qui" dice in un sussulto.
"Oh tesoro... parli"
"Io sto bene, sono caduto apposta. Solo per favore... fallo andare via"
"Okay, okay, tutto quello che vuoi. Non lo vedrai più"
"Sei sicuro di stare bene?" Chiedo io.
"Si, si. Sono sicuro, aiutatemi ad alzarmi"
"Signora vada a chiamare suo marito, mi occupo io del ragazzo"
"Si. Vado. Mi piace la tua voce amore non farmi mai più uno scherzo del genere, capito?" esce con un grande sorriso sul viso. Prendo le stampelle e alzo con difficoltà Robin. Lui si siede sulla branda tastandosi la schiena, deve aver comunque preso una botta.
"Mi dispiace per questo, per tuo padre, non è stata una mia idea"
"Certo, certo" dice con noncuranza.
"Tornando al discorso di prima... sei stato in silenzio per non rispondere alle domande della polizia? Stai comprendo qualcuno vero?"
"Giuro che ritorno muto se fa così"
"Allora vuoi parlare dei sogni?"
"Ero così impasticcato che non ho dormito, andavo in coma ogni volta che chiudevo gli occhi. Niente sogni laureato"
"Oh non esagerare Robin"
"Senta, ma perché non stiamo qui buoni senza dire niente? Chiede sempre un sacco di cose"
"È il mio lavoro"
"No è un rompipalle"

17:55
Flashback
Oggi è una bellissima giornata. Non ho mai visto un sole così grande. La tata del weekend mi ha portato al parco. È con me solo da otto mesi, quella vecchia si è trasferita dal marito. Mi dispiace. Ho pianto tanto. Ma rimane sempre Sara, la babysitter della settimana, lei bada a me da anni. Anche se ho paura che se ne vada anche lei un giorno. Sto iniziando a pensare di scappare prima che mi abbandonino tutti. Magari in un posto dove c'è sempre il sole come oggi. In Messico non ci sono mai le nuvole? Forse in California? Arizona? Mi farò regalare una carta di credito. Con quelle cose luccicanti fanno tutto. Me l'ha detto la mia compagna di banco.

È appena passato il mio decimo compleanno. Sono pronta. Ho i soldi, un cellulare, la cartina del mondo, e ancora tanti soldi. Partirò fra un anno. Ho programmato tutto. A giugno dirò tutto ai miei genitori. Gli dirò che voglio scappare e che resterò a casa solo se ci saranno anche loro. Se non torneranno da me prenderò l'autobus per Philisburg dove ho già una famiglia che mi vuole aiutare. E dopo varie tappe finalmente raggiungerò Sparks, Nevada. Nessuno si accorgerà di una piccola adolescente in una grande città. Non so per quanto tempo ci starò, ma voglio attraversare tutta l'america. Ho deciso. Sarà una vita fantastica.

DI NESSUNOOù les histoires vivent. Découvrez maintenant