9. Il branco

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La verità è che gli esseri umani non hanno né bontà, né fede, né carità, se non quella che serve ad aumentare il piacere del momento. Cacciano a branchi. A branchi scorrazzano per il deserto e si disperdono urlando nelle lande. Abbandonano chi cade. Hanno la faccia ingessata in una smorfia.

Virginia Woolf, La signora Dalloway


L'edificio si stagliava davanti ad Alice in tutta la sua magnificenza, alto nel cielo. Allie non capiva nulla di arte o di architettura, ma quello le sembrava un capolavoro. Non aveva mai visto un edificio più bello. Forse le piaceva l'aria cupa e inquietante che incuteva. Possibile che fosse gotico? Sì, aveva l'aria di una piccola cattedrale gotica, probabilmente sconsacrata, se era vero ciò che Xor le aveva detto.

Loro, gli Ultimi, per secoli avevano vissuto mischiandosi con gli altri esseri umani, senza alcun bisogno di nascondersi, o di nascondere le loro facoltà. Ma lentamente, negli anni, la loro specie aveva iniziato a diminuire e la gente li vedeva come minacce, non più come esseri umani. Così avevano iniziato a nascondersi. Avevano trovato un posto tutto loro dove vivere, insieme, aiutandosi a migliorare le loro capacità, ma senza poterle mai mostrare a nessuno per paura di essere giudicati.

«Svaniamo sempre più facilmente. É come se l'umanità avesse dimenticato che esistiamo. Questa è la nostra maledizione: restare nell'ombra come fossimo la feccia del genere umano», aveva detto Xor.

Ma Alice, arrivati a destinazione, riusciva a pensare solo a una cosa, mentre ammirava l'edificio imponente e bellissimo.

«Senti, se devo davvero entrare qui dentro mi aspetto almeno che ci sia Jace».

Xor, che armeggiava con il lucchetto del cancello, si voltò a fissarla. «Chi?».

«Ah, be', il mio ideale di uomo. Tremendamente bello, tenebroso, arrogante... Jace Lightwood/Wayland/Her... No, questa non te la spoilero».

Xor le voltò di nuovo le spalle, dopo averle lanciato uno sguardo confuso. «Zaf aveva ragione. Sei diversa da tutti gli altri».

«Non sai quanto...».

Il ragazzo aprì il cancello e la invitò a entrare.

«Cos'è, vuoi testare se sono un vampiro? No, perché, hai esitato a invitarmi a entrare...».

Roteò gli occhi al cielo. «Cavolo, sei irritante a volte, lo sai?».

Alice rise, divertita, seguendolo al di là di una grande e maestosa porta di legno. «Ah, puoi dirlo forte».

Ma un istante dopo restò semplicemente a bocca aperta. Si aspettava di trovare l'interno del luogo totalmente rimodernato, invece trovò esattamente l'ambiente antico che si addiceva all'edificio. Allie non aveva parole per descriverlo, ne era rimasta estasiata. Solo quando Xor la chiamò si rese conto di essere rimasta indietro.

«Andiamo, Alice. Zafira ti aspetta».

Lungo il corridoio incontrarono solo tantissimi alloggi, la maggior parte vuoti.

«Al piano di sopra ci sono le sale per gli allenamenti», spiegò Xor.

Allie lo seguì sulla prima scalinata di legno. «Allenamenti?».

«Per affinare le nostre facoltà. Stanze a prova di... noi». Sorrise.

Xor si fermò all'entrata di un'enorme stanza piena di attrezzi e pesi che Alice non poteva neanche immaginare esistessero. Un normale uomo non sarebbe di certo riuscito a sollevarli, neanche il più forte uomo sulla Terra, ne era certa. E il ragazzo che si trovava all'interno della stanza era muscoloso, certo, ma non tanto da riuscire ad alzare tale peso. Era... umanamente impossibile.

ObliviumWhere stories live. Discover now