II. The usual routine.

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Harry's POV

Non avevo proprio la minima idea di come fare a dire a Melody che mi stavo trasferendo in America.

Ormai ero sicuro che Louis non sarebbe più tornato, ed inoltre ero cresciuto e la vita doveva continuare, più o meno...

Stavo finendo di preparare la valigia, il giorno seguente alle 8.45 avevo il volo per New York, e non vedevo l'ora.

Letteralmente...

Dato che il mio gatto, Maddy, era appollaiato sul mio comodino impedendomi di riuscire a vedere l'orologio.

Appoggiai la T-shirt stropicciata che avevo in mano e che dovevo ancora mettere in valigia e mi diressi verso Maddy.

La accarezzai per un pò e poi per non disturbarla presi l'orologio e lo spostai da un'altra parte, permettendogli di continuare a dormire indisturbata sul mio comodino.

11.46

Mi affrettai a finire di preparare la valigia, dato che da lì a poco avrei dovuto ricevere una chiamata da Melody.

È da quando ero adolescente che sognavo di poter cambiare vita e di poter andare a New York, magari a frequentare l'università.

I professori mi dicevano sempre che avrei dovuto fare l'università, dato che ero un piccolo genio a scuola, ma putroppo la mia famiglia non poteva permettersi nulla di tutto ciò, quindi decisi di trasferirmi in America almeno per trovare un lavoro in grado di riuscire a mantenermi.

Con tutti i risparmi del mio lavoro in panetteria ero riuscito a trovare
un piccolo appartamentino a bassissimo costo verso il centro della Grande Mela.

E inoltre avevo trovato un possibile lavoro ad un negozio della catena Starbucks che si trovava a qualche isolato da quell'appartamento, forse non sarei diventato multimiliardario ma andando avanti col tempo molto probabilmente avrei racimolato un bel po' di soldi e magari avrei cercato un'altro lavoro.

La suoneria del mio telefono mi risvegliò dai miei pensieri ed io mi affrettai a rispondere.

«Si, pronto?», domandai.

«Haz, come stai amore mio?», disse Melody dall'altro capo del telefono.

«Mel, bene ma devo parlarti urgentemente, é importante!», esclamai facendo accidentalmente trapassare un velo di preoccupazione dalla mia voce.

«Be' allora, ci vediamo dopo pranzo?», chiese Mel a sua volta preoccupata.

«Emh... sì, va benissimo», risposi terminando lì la conversazione e buttandomi sul letto, ignorando il disordine della mia camera.

Non sapevo bene come gestire la situazione, avevo molta paura di farla soffrire come avevo sofferto io in passato ma non potevo farci nulla, andare a New York sarebbe stato il passo che avrebbe fatto svoltare la mia vita.

Ad un tratto la porta della mia camera si aprì, rivelando mia sorella Gemma sulla soglia.

«Ehi»

«Ehi Gem!», dissi.

«Cos'hai? Sputa il rospo», continuò venendosi a sedere vicino a me.

Mia sorella mi conosceva troppo bene, sapeva riconoscere quando c'era qualcosa che non andava ed era altrettanto brava a supportarmi e a farmi tornare di buon umore, potevo sempre contare su di lei e mi sarebbe mancata, eccome.

Like Two Kids » L.S.Where stories live. Discover now